23 aprile 2017

La Domenica Scrivo - Finestre

Tema: Descrivi quello che vedi dalla tua finestra.

Alzo la mano:
"Maestra, ho un problema. Io non ho una finestra. O meglio, ce l'ho, ma solo nel bagno e non è che la vista sia un granché. Ho una portafinestra però, può andare bene lo stesso?"

"Si certo, va bene. Adesso però silenzio e scrivi."
Scrivo, allora.

Svolgimento:




Io non ho una finestra. E già la cosa di per sé dovrebbe far riflettere.
Ho una portafinestra che di per sé fa riflettere, e metaforicamente parlando, mi piace di più.
Da una finestra puoi guardar fuori, puoi ammirare quello che c'è, là fuori, ma non puoi raggiungerlo, senza saltare, e lì è questione di altezza, di abilità, di fortuna, l'entrare nel resto del mondo senza farsi male.
Una portafinestra invece ti permette senza grossi problemi di entrare e uscire, di rifugiarti in casa, di andare a dare un'occhiata fuori, che poi il fuori sia ancora casa, sia un giardino di cui ti prendi cura, è un altro paio di maniche.
Sta di fatto che ho una portafinestra, che rende più luminosa la piccola stanza che comprende cucina e salotto di questo miniappartamento in cui sto -dovrei dire vivo, ma anche qui la scelta del verbo non è casuale- da quattro anni. Ed è stata proprio questa portafinestra a far vincere la competizione rispetto agli miniappartamenti visti, a questo. Perché quella portafinestra dà su quel giardino di cui sopra, con un piccolo portico in cui, fin da subito, io e il giovine ci siamo immaginati a sorseggiare birra/vino/mojito, parlare in piena estate cercando refrigerio, leggere alla luce del sole in pieno relax. Lo abbiamo fatto, forse meno del previsto, ché se una portafinestra è bella perchè ti permette di varcare soglie, una siepe, in quel giardino, sarebbe stata altrettanto utile per tenere fuori sguardi indiscreti, dare un po' di privacy.
Guardo fuori, allora, ripenso alla prima volta che l'ho fatto, a quell'ex affittuaria che chissà che fine ha fatto, che c'ha lasciato quei divanetti, e che c'ha convinto a fare una scelta.
Guardo fuori e ripenso a com'era quel giardino nel maggio di quattro anni fa, con l'erba che arrivava al ginocchio, giochi per cani nascosti e persi per sempre, una natura incolta e a suo modo selvaggia. Guardo fuori e vedo un giardino verde, rigoglioso, in fiore, con il giovine che si è riscoperto perfetto botanico, fiorista, fioraio, con nomi di fiori e piante prima sconosciuti, ora familiari.
Guardo fuori, e immagino già la parte più difficile dell'imminente trasloco, traslocare quelle piante, quei fiori, sradicarli e ripiantarli in un giardino più ampio, più rigoglioso, più nostro. E vedo LaMiaQuercia costretta da 15 anni in un vaso troppo stretto, bloccata nella sua crescita, trovare a breve il suo posto nel mondo, un po' come me.
Guardo fuori e rivedo Vinicio, che su quei divanetti si appollaiava d'estate e d'inverno, alla ricerca di calore o pace, lo vedo bussare, miagolare alla portafinestra per poter entrare e farsi coccolare, e ora vedo il suo compagno di avventure, quel Baghera che quella portafinestra la varca con qualche timore ma anche con spavalderia, e miagola, miagola che è un piacere, per aver cibo. Coccole no, non ancora.
Lo guardo, e so che il suo sarà un trasloco ancora più difficile, narcotizzato, chissà, o rinchiuso a forza, ma in realtà con amore. Ma questa, sarà un'altra storia.
Ora da questa portafinestra non vedo l'ora di uscire per sempre, perchè la fase di stallo, l'attesa, non è essa stessa il piacere, sa essere una gran rottura. Con calma, certo, si farà tutto.
Si saluterà questo giardino, questo portico, la vista tranquilla ma non certo esaltante su un parcheggio poco utilizzato che ho volutamente omesso da questa descrizione.
Fra poco di finestre ne avrò anche troppe, con l'imbarazzo della scelta, maestra, per il prossimo tema dalla poca fantasia, ché però sì, capisco, serve e serviva a lei per inquadrare la personalità di noi alunni, per farci esercitare alla scrittura, all'osservazione.
Ché in realtà, poco importa a lei, a me, di quello che effettivamente da una finestra -o da una portafinestra- si vede, importano i ricordi, i sentimenti coinvolti. Giusto?

4 commenti:

  1. Bellissimo post fiume. Ho presente la sensazione, l'addio alle vecchie case.
    Più o meno un anno fa, quando siamo venuti nella nuova, abbiamo portato mobili e tutti, ma non abbiamo avuto l'acqua calda per un po'. Andavamo a lavarci nella vecchia, di sera, portandoci solo i vestiti di ricambio e il phon nel bustone dell'Ikea. E anch'io, quando era il turno di mio fratello sotto la doccia, mi sono preso il tempo di vagare nell'appartamento vuoto e di fare qualche bilancio malinconico. La finestra, purtroppo, era solo nel bagno (occupato).

    Ps. Per le prossime volte, sempre che non hai già scritto qualcosa di simile, ti segnalo una cosa molto curiosa del romanzo che sto leggendo - "Eppure cadiamo felici", prevedo che se ne parlerò parecchio. Parole intraducibili. Indice alla mano: begadang (indonesiano), parlare tutta la notte; cwtch (gallese), abbracci affettuosi che diventano un luogo sicuro. Eccetera, eccetera. :)

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    1. Sulle parole/nomi ho scritto, ma soprattutto ho regalato Lost in Translation a mia sorella -anche se il regalo lo vedevo più per me-: piccolo dizionario illustrato su quelle parole intraducibili in giro per il mondo, che ovviamente sono piene di poesia. Insomma, sembra che anche Eppure cadiamo felici faccia per me ;)

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  2. Dalla tua porta finestra pare che tu sia nella campagna profonda più del più fordiano dei fordiani!
    Bel post! :)

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    1. In realtà dalla foto ho volutamente tagliato lo sconfortante parcheggio vuoto e di per sé non così utile che serve il quartiere residenziale in cui sto. Prossimamente, però, andrò a vivere in aperta campagna circondata solo da campi, lì sì sarò più fordiana dei fordiani :)

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