Che succede a Noah Baumbach?
O meglio, che succede al mio rapporto con lui?
Lui che continua a raccontare famiglie disfunzionali, altamente snob e dell'élite di New York, quelle famiglie fatte d'artisti, che chissà come riescono a vivere una vita di rendita, con case da invidia ma rapporti tra i loro componenti disgregati.
Parla ancora e ancora di hippie ingrigiti, di bohemien d'altri tempi, e di moderni hipster, ma nel farlo, si chiude con questi tipi di personaggi lasciando fuori ogni emozione.
Ogni mio coinvolgimento.
Sembrava promettere sempre questi stessi ingredienti The Meyerowitz Stories, passato per Cannes e poi finito dritto su Netflix, nonostante un cast di quelli importanti: Adam Sandler, Ben Stiller, Emma Thompson e Dustin Hoffman.
Forse, già la presenza del da me fortemente odiato Sandler doveva farmi sospettare nei confronti di un film tanto fumo poco arrosto, mettiamoci il suo sosia Ben Stiller, e i dubbi si fanno certezza.
Basta poco infatti per capire che tipo di film è e vuole essere questo The Meyerowitz Stories.
Diviso in capitoli, in punti di vista, con dialoghi veloci e irrefrenabili, con voci che si sormontano, con il caos organizzato di uno script che non tace mai, e quella regia che segue e segue i suoi personaggi, li va a riprendere, si sposta come a una partita di tennis, e innervosisce.
Innervosiscono questi personaggi sopra le righe, egocentrici, questa famiglia Tenenbaum che le sue fragilità non le vuole mostrare.
C'è Harold, il capofamiglia. Artista, scultore, che vive di una gloria passata che in realtà mai è esplosa. Vive in un mondo dove si crede chissà chi, e i suoi figli li lascia fuori dai giochi. Distanti, inutili orpelli, solo ascoltatori delle sue vanaglorie, artisti falliti e mancanti, mica come lui.
C'è Danny, il figlio più grande, pianista mancato, padre amorevole, succube del fascino paterno, a cui si soggioga con piacere, accettando ogni critica, ogni lamento.
C'è Matthew, figlio di un altro matrimonio, all'apparenza venerato, nei fatti bistratto perchè al mondo dell'arte ha preferito quello degli affari.
E poi ci sono le donne di questa famiglia.
Maureen, matrigna alcolizzata e poco materna.
Eliza (interpretata da quella Grace van Patten che già da Tramps si tiene d'occhio) figlia benevola ma artista in erba fin troppo provocatoria.
E infine, Jean, figlia e sorella da sempre messa da parte, pure nel suo punto di vista.
Era ovvio aspettarsi qualcosa di strano, di diverso e folle.
Era ovvio aspettarsi una storia che di queste stranezze tenesse conto per raccontare il disgregarsi e l'unirsi di questa famiglia in vista di cambiamenti come divorzi, college che iniziano, malattie che avanzano.
E invece, tutti questi personaggi egoisti ed egocentrici si fatica ad amarli, ad apprezzarli, augurandogli di volta in volta il peggio.
Soffocati dalle loro parole, finiscono per opprimere anche quel poco di buono che qui c'è -il rapporto tra padre e figlia, le stoccate a certi tipi di artisti, certe canzoncine naive. Mentre si intrufolano brevi cammei di Adam Driver nella parte del solito Adam Driver e di Sigourney Weaver nella parte davvero di se stessa.
Adam Sandler qualche punto lo guadagna, sì, mettendoci più cuore anche se confuso.
Noah Baumbach, invece, ne perde ancora e ancora, e finchè rimarrà appresso a certe storie e a certi mondi chiusi in se stessi, continuerà la sua caduta libera nelle mie preferenze.
Regia Noah Baumbach
Sceneggiatura Noah Baumbach
Musiche Randy Newman
Cast Adam Sandler, Ben Stiller, Dustin Hoffman, Emma Thompson
Il Trailer
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Tra me e Baumbach non è mai stato amore, mai. Lo trovo antipaticissimo.
RispondiEliminaQuesto lo perderò senz'altro, anche se sento parlare benissimo di Adam Sandler. Che, dopo tanti filmacci, dopo Ubriaco d'amore e Reign over me (lì struggente, che sorpresa), si dà al cinema d'autore.
Sandler è più bravo del solito -e ci vuole poco- ma mi fa sempre antipatia e pure qui ogni tanto si lascia andare a quella sua fisicità fastidiosa. Anche Ubriaco d'amore non lo avevo sopportato come film per colpa sua.
EliminaIn ogni caso, un Baumbach per me minore, che si può tralasciare senza troppi pensieri.
Ma perché odi Adam Sandler?
RispondiEliminaPoverino...
Qui non mi è sembrato da Oscar come qualcuno dice, però se la cava. Quella davvero da Oscar è Grace Van Patten!
Riguardo al film nel complesso, non ha entusmiato del tutto nemmeno me, però non sarei così drastico nel giudizio. Ha anche i suoi buoni momenti. Tipo quando c'è Grace Van Patten, giusto per fare un esempio a caso. :)
Tu hai sempre l'ormone ad oscurare il giudizio, e Sandler è capace di spegnere pure quello. Troppo sopra le righe, troppo volutamente simpatico e buffo, mi fa tristezza e antipatia.
EliminaQualche buon momento qui c'è, ma non basta a far zittire protagonisti antipatici e fastidiosi.