27 ottobre 2017

Manifesto

Andiamo al Cinema

12 Manifesti declamati da 13 personaggi.
Tutti interpretati da Cate Blanchett, che trasforma se stessa, la sua immagine, il suo accento, a piacere.
Un piacere per gli occhi e per le orecchie, certamente.
Ma in quanto al contenuto, o meglio, alla visibilità del tutto, i dubbi non si possono che sollevare.
Manifesto nasce come un'installazione artistica, come tale ha girato per svariati musei, per poi essere rimaneggiata e arrivare sul grande schermo.
I mezzi a disposizione di Julian Rosefeld sono decisamente impressionanti, si gira il mondo, o gira soltanto la Blanchett, e ogni immagine dalla più nebbiosa alla più degradata, dalla più pulita alla più cristallina, non può che colpire.
La scena, l'ambientazione, così come i personaggi, fanno da volontario contraltare a quanto si declama, alle parole piene di enfasi e di intenzioni di artisti e politici.
Parole pensate per essere provocatorie, che perdono però il loro significato in contesti altri.



I principi di bellezza dell'architettura, ad esempio, che sogna case ariose, case macchine, mentre l'operaia addetta allo smaltimento dei rifiuti, passa tra un condominio-lager all'altro.
Il suprematismo, che chiede apertura, trasparenza, vengono diffuse attraverso altoparlanti in un laboratorio pieno di fascino ma anche di mistero, dove la trasparenza c'è, ma è solo nei vetri di una stanza.
Il gioco continua, e se restano più impressi nella memoria i manifesti raccontati a viva voce da Cate -e sono ovviamente più facili da seguire, che Cate sarà pure superba, ma i sottotitoli e le parole desuete (proprio come lo è la parola desueta), non aiutano- rispetto a quelli in voice over, è anche perchè questi sono quelli in cui è l'interprete a fare la differenza.
Un'interprete davvero incredibile, bella, brutta, perfetta, sporca, affascinante e repellente, capace di cambiarsi e modificare la voce in modo spettacolare, che da sola vale il biglietto.
Che sia una madre perfettamente snob che prega in tavola la pop art, che sia una giornalista che dialoga con un'altra giornalista sul senso dell'arte concettuale, che sia una vedova che sbraita Da-da ad un funerale o infine -di certo la più divertente- una maestra d'asilo che impone ai suoi alunni il Dogma 95 di Lars von Trier e soci, il fascino dell'interprete annienta almeno per un po' la distanza da discorsi tanto alti quanto francamente distanti dal reale.


Troppo retorici.
Troppo artistoidi, snob e fastidiosi.
Come se ci fosse davvero qualcuno ancora interessato a una dichiarazione di intenti senza trovarla spocchiosa e fuori tempo.
Così alla fine è anche questo documentario, pardon, questa installazione.
Che nel cercare di abbattere e di riportare con i piedi per terra certe parole, colpendole a suon di ironia, si dimentica però dello spettatore.
Nel dibattito sull'arte concettuale, proprio questo si dice: che l'arte fatta di concetti, una volta esposta, si allontana dall'artista che l'ha creata, e la reazione del pubblico non può che variare. E sì, la noia è contemplata.
Per fortuna, allora.
Perché la noia in questo caso ha prevalso, soprattutto per chi come me tanto intelligente non è, e di questi 12 manifesti ne conosceva e ne ha riconosciuti giusto 4.
Perché per quanto efficace potesse essere questo Manifesto di Manifesti, fatto in modo diverso, scorporato nelle sue parti, avrebbe maggiormente colpito e affondato lo spettatore.
In modo diverso, però, rispetto all'indifferenza e alla stanchezza che così com'è provoca.


Regia Julian Rosefeldt
Sceneggiatura Julian Rosefeldt
Musiche Atli Örvarsson
Cast Cate Blanchett

4 commenti:

  1. quando ho letto di questo film mi sono subito incuriosita parecchio...
    la Blanchet ha un suo stile inimitabile, che da anni l'ha fatta entrare nell'Olimpo delle dee del cinema che sempre e per sempre sarà
    detto questo, non so se andrei al cinema a vedere un film così complesso, sicuramente a casa me lo procurerò

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    1. Solo per la sua prova, o meglio, le sue prove, il film vale la visione. Che resta però parecchio ostica, e forse sì, nella tranquillità casalinga e con la possibilità di leggere con più calma i sottotitoli, il risultato può migliorare.

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  2. Mannaggia, confermi i miei timori.
    Un'installazione artistica che potrebbe provocarmi parecchi sbadigli. Nonostante un minimo di curiosità c'è comunque, per il momento passo...

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    1. Momenti di fatica si alternano a momenti di puro genio. Fossero 13 cortometraggi la visione sarebbe più facile e il risultato migliore.

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