29 novembre 2017

The Square

Andiamo al Cinema

Siamo a Stoccolma, il direttore creativo del museo d'arte contemporanea è chiamato a gestire l'apertura di una nuova mostra, che ha il suo punto forte in The Square, un semplice quadrato, all'interno del quale ognuno ha gli stessi diritti e doveri dell'altro.
C'è da presentarla ai finanziatori abituali, c'è da presenziare a cene e feste, ci sono da tenere interviste, c'è soprattutto da promuoverla con una campagna di marketing efficace.
Ma la vita ci si mette di mezzo, e in quella che potrebbe sembrare una performance/provocazione, Christian viene derubato di portafoglio e telefono, e decide come fosse uno scherzo, di rispondere, minacciando tutta una palazzina ai margini di Stoccolma -dove il suo telefono viene localizzato. per vedersi restituire il mal tolto.


La trama di The Square, a grandi linee, è questa.
C'è di mezzo una "storia d'amore", che in realtà è la storia di una notte e via, di un invaghimento che sconfina nel potere, c'è una paternità messa in dubbio da un comportamento non certo esemplare di fronte e nei confronti di due figlie, c'è soprattutto il rimarcare la presenza di mendicanti, ai margini del mondo snob ed elitario dell'arte, che chiedono soldi, cibo, attenzione.
Ma ci sono soprattutto innumerevoli performance, prese di sana pianta dalla realtà, da opere già esistenti, ci sono riferimenti ad artisti famosi (o almeno, famosi per gli esperti del settore) ci sono situazioni paradossali in cui davvero non si capisce cosa si sta vedendo, in cui la sottile linea ironica della realtà (seppur di finzione) e della provocazione, sfumano.


E ci si ritrova come quel pubblico, chiamato a fissare immobile la performance in atto di un artista che si finge scimmia: si ride, sonoramente e sotto i baffi, si sorride al vicino, complice di visione, ma poi, quando la soglia viene superata, quando quell'artista dimostra di non avere limiti, di potersi spingere sempre più in là, qualcosa inizia a stridere, gli occhi, tra l'imbarazzo e la paura, si abbassano, non si sa che reazione avere, come comportarsi, imprigionati da una performance che sembra non avere fine, chiedendo pietà, basta, di non essere le prossime vittime.
Meno drammaticamente, si sa che The Square una vera e propria fine, così come una vera e propria trama, non la poteva avere e non ce l'ha.
Si sa che come quell'arte di cui si prende gioco, ha in sé tante sfumature, tanti significati, tanti concetti e metafore per parlare dell'oggi, dell'imparità tra ricchi e poveri, di una società cieca e avvolta nella bambagia, ma come sempre, come l'arte più distante, si dimentica del pubblico e di comunicare meglio il suo messaggio.
Questa Palma D'Oro meno politica -o almeno meno direttamente politica- del solito, convince una giuria ma non convince me, con lo stesso regista che gioca con il suo pubblico, tra una canzone che sembra un jingle, e soprattutto mettendo in cartellone i nomi altisonanti di Elisabeth Moss e Dominic West che si vedono per appena 10 minuti sul totale dei 142. In realtà è il solo Claes Bang a reggere baracca e burattini, in modo splendido, per carità, ma complice dell'ennesima provocazione di un film provocatoriamente ironico, e decisamente distante per chi -divertito, turbato, clemente- lo guarda.


Regia Ruben Östlund
Sceneggiatura Ruben Östlund
Cast Claes Bang, Dominic West, Elisabeth Moss
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7 commenti:

  1. Il rischio bottigliate è altissimo, eppure c'è qualcuno che ha addirittura detto che potrebbe piacermi molto.
    Tu come la vedi?

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    1. Io vedo già le bottiglie pronte a frantumarsi. Potrebbe essere salvato, ma si dilunga troppo, e poco si fa capire. Peccato perchè si ironizza che è un piacere sull'arte e sull'oggi, ma i conti alla fine non tornano.

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  2. Tu Lisa avevi visto il film precendente del regista, "Forza Maggiore"?
    Te lo chiedo perchè a me "The Square" è parso proprio una specie di "estensione" di quella pellicola... il canovaccio è pressochè identico: un uomo comune, normale, viene destabilizzato da un piccolo incidente e perde la testa. Solo che qui i 146 minuti mi sono parsi pesantissimi, colpa di una satira (per me) eccessivamente pesante che, di conseguenza, appesantisce anche il film, infarcendolo di sequenze prive (sempre per me) di significato logico (la scena dell' uomo-scimmia, ad esempio). Io ho sofferto parecchio questo film, ma non nego che, forse, la mia mente impostata da impiegato di banca non è ideale per aprirmi a questo modo di fare cinema... boh :)

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    1. Forza Maggiore l'ho visto ma non trovo il nesso con quest'altro film. Nel senso, vero che l'essere derubato manda in crisi Christian, ma è solo una parte della trama, perchè tra feste, notti di sesso, interviste e riunioni, la sua vita prosegue normalmente, così come il film, che invece di concentrarsi sull'uomo, preferisce fare una critica ironica all'arte e all'oggi dilungandosi fin troppo.
      Di che approfondire e apprezzare ce n'è, ma non è nemmeno un titolo per me, nella sua fredda metafora che lascia fuori il cuore e -spesso- anche il pubblico.

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    2. Il nesso sta, appunto, nella figura di Christian: a mio avviso (come la coppia protagonista di Forza Maggiore) lui "finge" che la sua vita prosegua normalmente, in realtà però il furto del telefonino ha fatto cadere il suo velo di ipocrisia e buonismo (comune a molte persone) e ha scatenato in lui gli istinti più beceri e incontrollabili.
      Peccato che poi, come dici te, c'è almeno un'altra ora di film piena di stranezze e divagazioni...

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  3. Speravo in una presenza maggiore di Dominic West ed Elisabeth Moss...

    Riguardo al film, mi incuriosisce e spaventa in maniera uguale.
    Potrei amarlo od odiarlo, ma mi sa tanto che finirò più che altro per annoiarmi...

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    1. La terza opzione è probabilmente la più fattibile. Condensandolo ne sarebbe uscito un film più solido e lineare, qui invece si vagheggia parecchio, con scene fini a se stesse che aggiungono senza portare ad un finale. Mah.

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