24 ottobre 2020

Time

 Andiamo al Cinema su Prime Video

Quanto possono durare le conseguenze di una decisione?
Vent'anni.
O quattro.
Quanto dura un errore?
Sessant'anni.
Quanto si può mantenere in piedi una famiglia senza la presenza di un padre e di un marito?
Tutto il tempo necessario.
Quanto ci si può battere e protestare?
Sempre.


Time parla di tempo.
Parla di quello trascorso in carcere e quello trascorso fuori.
Parla di quello in cui si è costruito una famiglia e quello in cui la libertà di vederla crescere assieme è stata tolta.
Parla della lotta per avere più tempo, della speranza vana, anno dopo anno, di poterlo passare uniti.
Time parla di Sibil Fox Richardson e della sua lunga battaglia per vedere rilasciato il marito Robert, condannato a 60 anni di carcere.
Per omicidio?
Per stupro?
No.
Per rapina.
SESSANT'ANNI per una rapina.
Perché sì, il sistema carcerario americano prevede(va) una pena massima a 90 anni per chi entrava in banca con una pistola e la rapinava.
Ora, Sibil e Rob la loro colpa l'hanno ammessa e si sono giocati due carte diverse: lei ha patteggiato e dei 12 anni previsti ne ha fatti 4, lui ha deciso di affidarsi alla giuria, prendendo una pena esemplare.
In un sistema carcerario privato e aziendale com'è quello degli Stati Uniti quello a cui è stato condannato Rob è la schiavitù.
Maglie strette da cui è impossibile uscire, appelli sopra appelli che vengono rimandati o archiviati e intanto per il semplice fatto di essere dietro le sbarre, qualcuno ci guadagna, qualcun altro ne approfitta facendo lavorare per pochi centesimi questi prigionieri tagliando però educazione e sanità se necessario.
Pur di non fallire, di non farsene scappare nemmeno uno di questi condannati.


Non è un caso se alla regia di questo documentario ci sia una collega e amica di Ava DuVernay, che in 13th (è su Netflix) tutto questo spiega.
Garrett Bradley ha incontrato per caso Sibil, si è interessata alla sua storia, ha deciso di raccontarla ed è stata sepolta da tutte le videocassette che la donna aveva registrato negli anni. 
Vita quotidiana, viaggi in auto, bimbi che crescono, diari personali, per fare in modo che Rob, così lontano, non potesse perdersi niente.
A intervallarsi a questi salti nel passato sapientemente montati, Sibil ora, nell'anno che potrebbe essere decisivo (ma è il ventesimo, ormai, che sente così) nel vedere il marito finalmente uscire.
Nel mentre, da sempre, tiene conferenze, protesta, lavora.
Ha cresciuto sei figli, che ispirati dalla sua forza stanno per diventare pastori o per entrare con due anni di anticipo a giurisprudenza, ha spiegato senza sosta a donne, a uomini, a bambini, quello che il carcere è, quello che significa non riuscire ad uscirne.


Il bianco e nero scelto a raccontare questo presente si sposa con i filmati di famiglia, diventando così simbolico e così nitido da far male. 
Basta una telefonata in cui si parla di nuvole soffici e alberi di noci che si son visti crescere più dei figli, per commuovere. Basta una scena, una sola, in cui si passa dall'educazione dopo l'ennesima attesa, all'accettazione per un sistema inumano, alla rabbia più comprensibile.
Time racconta il tempo, passato a combattere, soffrire, a sentire un'assenza.
Colmata con un cartonato, con le tante telefonate, le tante ricerche di avvocati.
Time racconta una vita intera, durata vent'anni, che trova un suo lieto fine e un finale drammaticamente perfetto in cui non emozionarsi, non sentirsi indignati, è impossibile.
Con semplicità, con un filo di retorica e con una voce come quella di Sibil che non poteva non diventare una predicatrice, Bradley realizza un documentario che ai numeri, alle statistiche, alla ricostruzione, preferisce l'intimità.
Colpendo al cuore e alla coscienza.

Voto: ☕☕/5

4 commenti:

  1. Solo per l'accorata rece, meriterebbe una attenta visione..

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    1. Documentari così lasciano il segno, e vanno consigliati calorosamente :)

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  2. Un altro docu che sembra meritare decisamente.
    Vuoi mica convincermi a diventare un patito del genere come il desaparecido Ford? :)

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    1. A differenza del desaparecido Ford ti scovo documentari che potrebbero avere facile presa, questo meno di Dick Johnson credo, ma ha il suo perché.

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