24 aprile 2021

Minari

Te l'eri pure tenuto per ultimo, per finire il recupero degli Oscar in bellezza.
Come potevano sbagliarsi, critici, blogger, appassionati?
Come potevano non gridare al capolavoro, al film da battere?
Già, come.
Che succede allora se tu la magia, quella completa, non la senti?
Vedi un bel film, ti commuovi pure, ti arrabbi, ti appassioni, ti schieri. 
Ma aspetti per tutto il tempo che arrivi, il momento in cui la storia di questa famiglia coreana che dalla California si trasferisce nell'aperta campagna dell'Arkansas, ti faccia sentire quella magia.
Quel solletichio, quel vuoto al cuore, che sempre capita quando sei davanti a un gran bel film.
Ti piacciono le storie piccole, ti piacciono quelle che si insinuano poco a poco, ma qui, chissà perché non succede.
Possibile?
Inizi a chiederti perché, cosa è mancato, cosa c'era di troppo.
Colpa delle attese? 
Delle aspettative?


Sarà che sei stata più dalla parte di quel padre che vuole farcela, che vuole mantenere la famiglia con il sudore della sua fronte, in una coltivazione che richiede però più cure di quelle che può permettersi?
Perché sì, mi sono sentita vicina alla sua determinazione, alla sua insoddisfazione di aver già passato anni e anni ad osservare solo il sesso dei pulcini, mettendo da parte sogni e, in fondo, vita.
Così quella moglie, impaurita, arrabbiata, non sono riuscita a capirla.
Non è vero.
Un po' sì, lei che pensa alla famiglia in modo diverso, pratico: un ospedale vicino, una casa solida che non voli via in un tornado, lo spazio per una nonna da ospitare.
Poi ci sono loro, David e Anne, i piccoli, con un cuore malandato, con responsabilità fin troppo grandi, che osservano da fuori, che vivono da dentro.
E ti chiedi tutto il tempo quanto tutto questo li condizioni, litigi e silenzi, solitudine e pregiudizi.
Parlano fra loro in inglese, mangiano coreano, vorrebbero una nonna come l'hanno sempre immaginata: americana, che prepara torte e biscotti, che racconta favole. Invece tocca loro quella nonna coreana invadente, che prende la loro bibita, che si incanta a guardare il wrestling.


Minari rappresenta un piccolo universo colorato e fragile che dovrebbe accogliermi da subito, in cui i colpi di fortuna, i sogni che sembrano avverarsi si scontrano presto con la sfortuna che chiede conto, tra acqua e fuoco.
E ti rendi conto solo scrivendo, che parte di quella magia ti è arrivata. 
Ora, adesso, in ritardo.
Ma è arrivata.
Lo senti il magone, mentre quei genitori non capiscono più se nel loro cercare di farcela insieme, hanno dimenticato cosa significa stare insieme. Lo senti che in quella frase finale, quei minari cresciuti senza sforzi, senza pressioni, nel loro ambiente, c'è tutto un senso, tutta una metafora, che colpisce e affonda.


Il paragone, allora, nasce spontaneo con quel Tigertail che mi aveva rubato il cuore un anno fa.
Un altro film che parla di immigrazione e adattamento, di un matrimonio che arranca, di figli e di genitori che devono trovare il loro posto, la giusta distanza.
Lì, il colpo al cuore era stato immediato.
Con la penna di Alan Yang a fare la differenza.
Qui, anche se Steven Yeun, il piccolo Alan Kim e la nonna Youn Yuh-jung sanno come imporsi e si è sullo stesso campo, c'è meno immediatezza. 
Una poesia bucolica che arriva piano.
E allora, anche se non diretto come Nomadland, altra storia piccola ma dal cuore grande, anche se non instant-cult come Promising young woman, anche se Tigertail resta a fare da contrappeso, Minari riesce a trovare il suo spazio, sedimentandosi.
Come un seme che ha viaggiato tanto, a cui bastava dare tempo, pazienza, perché attecchisse.

Voto: ☕☕½/5

4 commenti:

  1. A me, in un anno di tematiche strombazzate e inclusività a tutti i costi agli Oscar, con la sua semplicità quieta quieta è piaciuto moltissimo. Anch'io ho pensato a Tigertail, anche se non mi aveva colpito com'era successo a te. Il mio preferito resta Promising Young Woman, ma questo viene subito in coda; Nomadland invece mi ha detto pochissimo.

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    1. Sono convinta che visto nell'immersione della sala, mi avrebbe fatto più effetto. O forse l'influenza di Tigertail l'ho sentita subito, purtroppo per me e per lui.
      In ogni caso, un altro piccolo grande film.

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  2. In me ha suscitato l'effetto opposto: guardandolo mi è anche piaciucchiato abbastanza, ma poi a ripensarci non mi ha lasciato quasi niente.
    A parte la colonna sonora, quella davvero bella e meritevole di Oscar.

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    1. La storia è davvero piccola, e in Tigertail pur mancando il verde, la tematica è molto, molto simile.
      Ma alla fine, a chi non ha un cuore di pietra, riesce ad arrivare comunque ;)

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