28 aprile 2021

Saint Maud

Andiamo al Cinema (a noleggio)

Horror e religione, questa sì che è un'accoppiata eterna.
Lo sa pure una fifona come me, che fifona cerca di esserlo meno da quando ho scoperto che di horror, belli, impegnati, politici e ben fatti, è pieno il mondo.
Se poi dovessi credere alle tagline dei poster, di horror dell'anno è pieno l'anno, e uno di questi, l'ultimo in ordine temporale di cui tutti parlano, è Saint Maud.
Che parla di religione, va da sé.
Un'accoppiata eterna, si diceva.
Ma che qui vira rispetto al già visto: non ci sono esorcismi, non ci sono possessioni, anzi, c'è un fanatismo quasi esasperante.


Maud è un'infermiera.
Lo era nella sanità pubblica, ora lo è a domicilio.
Il nuovo incarico la vede prendersi cura di Amanda, malata terminale, ex ballerina di fama, ritiratasi con rabbia e rassegnazione nella sua villa vista mare.
Annoiata, Amanda studia Maud, affascinata dalla sua recente conversione, dai suoi tentativi di restare nella retta via.
Noi, invece, Maud la vediamo parlare con il suo Signore, la vediamo avere allucinazioni, orgasmi, pure, quando comunica con lui.
Una situazione tesa in cui la peccaminosa Amanda gioca pericolosamente.
Fino all'inevitabile scacco.
E qui, la discesa, o l'ascesa, di Maud si farà inarrestabile.


Di paura, Saint Maud, ne fa parecchia, non solo a una fifiona come me.
E lo fa in quel modo sottile e psicologico giocando con i silenzi e il corpo, ha bisogno di un solo jumpscare, che fa davvero saltare sul divano, perché il resto lo fa una colonna sonora incisiva come quella composta da Adam Janota Bzowski, e lo fa soprattutto la trasformista Morfydd Clark, capace di dimostrare la bellezza dei vent'anni come dimostrarne 40 da morigerata. Di terrorizzare con un solo sguardo, o una sola camminata.
Lei, con quegli occhi, le movenze, tra santini e altarini, strane visioni, buca lo schermo.
I colori cupi, la claustrofobia di quella villa piena e di quell'appartamento vuoto, le inquadrature che si trasformano in quadri, rendono questo piccolo film visivamente potentissimo.


Breve come da tempo non se ne trovava (84 minuti appena), Saint Maud fa paura davvero, chiuso in quella villa buia o in quella cittadina inglese decadente in riva al mare.
Il finale, uno schiaffo che non ti aspetti, è la ciliegina sulla torta che conferma pure a una non patita del genere come me che horror e religione sono un'accoppiata eterna, capace ancora di regalare piccole perle di originalità.
Voto: ☕☕/5

9 commenti:

  1. Molto contenta che ti sia piaciuto, io l'ho adorato!

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    1. Non sapevo come, quanto, dove aver paura, poi c'ha pensato la Clark a lanciare gli sguardi giusti e niente, brividi.
      C'avevi ragione!

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  2. Su di me, quel finale, ha fatto certamente effetto. Ma anche tutto il prima.
    Piccolo e claustrofobico e capace di angosciarmi, vabbè, quello era facile ;)

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  3. Mi ha tanto entusiasmato la prima parte quanto deluso l'ultima, frettolosa e un poco trash con quelle ali da Winx. Un nì.

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    1. Quell'effetto speciale, confrontato con il volo e il fuoco, effettivamente distrae.
      Ma per come esplode dopo tutta quella preparazione, improvviso e agghiacciante, per me un sì.
      Tieni conto che sul genere resto poco ferrata, ma ho capito che preferisco i piccoli racconti che poco mostrano.

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  4. Non convincente dall'inzio alla fine, ma con alcuni momenti davvero potenti. Certo che la religione fa paura già di suo, quindi è un po' giocare facile. XD

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    1. C'han visto da subito bene gli amanti degli horror. Qui basta davvero poco, una buona attrice, un'ottima colonna sonora, e i brividi sono serviti.

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