23 dicembre 2015

Irrational Man

Andiamo al Cinema

“eh sì, ho propri superato me stesso. Me lo dicevo, mi tormentavo: cosa vuoi uscire dai binari sicuri della commedia, della commedia sentimentale? Cosa vuoi cimentarti in un thriller, in un dramma? E invece no, guarda un po’ come mi è uscito questo Match Point, davvero bene, davvero una bella riflessione sul ruolo della fortuna, sul delitto e sul castigo, non sembra neanche un mio film…. però… però…. Però c’è dell’altro che puoi dire, questo Dostoevskij continua ad intrigarmi, il suo castigo, il suo delitto… metti infatti che la vittima non sia qualcuno che conosci, metti che ad essere ucciso sia uno sconosciuto, solo per sfida. No, ci manca qualcosa, serve comunque un movente, e non può essere solo quello della sfida con se stessi. Metti che quella vittima, vittima non è, che in realtà è colpevole, uno senza il quale il mondo sarebbe migliore, sì, e proprio questo potrebbe spingere l’assassino ad ucciderlo. Architettare tutto nei minimi dettagli, come Chris Wilton, prepararsi, eccitarsi, tornare a vivere. Però… però… però c’è una questione filosofica che andrebbe analizzata. Quel castigo, oltre al delitto, come fare con la morale? Con l’etica? Ecco, ecco, l’assassino potrebbe essere proprio un professore di filosofia, di quelli allo sbando, di quelli a cui non piace troppo insegnare, piace più ragionare e ragionare, così ci butto dentro anche quello che di Kant, di Sartre, di Schopenhauer e Kierkegaard mi piace. Si, si, si. Però… però… però dopo questo Match Point che pure è andato bene torno un po’ alla commedia, metto l’idea in un cassetto, tanto so che ci vuole tempo, ci vorrà di sicuro una storia d’amore, magari con una giovincella, una studentessa, così gli studios me lo fanno fare. Aspetto un po’, e poi torno sul tema”.


Me la immagino così la nascita di Irrational Man nella mente di Woody. Ancora stuzzicato da quanto raccontato in Match Point, ancora tentato dal delitto perfetto, dall’uomo la cui natura si rivela.
Di tempo ne ha lasciato passare di sicuro, peccato che, tanto sulla carta funziona come idea, tanto è poi sviluppata male nella riuscita.
Il motivo è presto detto: troppe parole, troppi ragionamenti.
Non troppa filosofia, quella va anche bene, si capisce, si segue, si finisce per essere quasi d’accordo con il professor Abe Lucas, che pianifica di uccidere un perfetto sconosciuto, un giudice corrotto, che vuole togliere l'affidamento dei figli a una madre che si è sfogata nello stesso bar in cui Lucas stava bevendo un caffè, illuminandolo, facendolo tornare a vivere dopo anni allo sbando.
Come sempre, però, il pensiero che diventa azione diventa altro da quel pensiero. Diventa un atto definitivo, che definisce, e dopo i tanti ragionamenti, dopo la tanta preparazione, la discussione di questo atto, stanca.
Quando si va a vedere un film di Woody si sa che si sarà presi da una piena di parole, ma in questo caso si esagera, perché manca il ritmo, manca anche l’alchimia tra una bellissima e un po’ irritante Emma Stone, e un burbero e come sempre geniale Joaquin Phoenix. La loro storia d’amore, che parte come un’amicizia e uno scambio tra professore e studentessa, intrattiene fin là nella prima parte, e dopo la svolta decisionale in cui tutto cambia, pure quell’amicizia, qualcosa scema. Scema in un rapporto che ha senso lato rispetto alla trama, rispetto a un soggetto che sarebbe stato in grado di sostenersi con meno parole, e una costruzione della sceneggiatura e dei troppi personaggi (pur essendo pochi), migliore.


Certo, i dialoghi sono sempre alleniani doc, pur buttandoci dentro tanto intellettualismo, la musica pure, quel jazz senza peso che come i titoli di testa e di coda è ormai un marchio di fabbrica, ma questo Woody annata 2015 appare spento e scialbo. Come avesse ripescato una vecchia idea da un cassetto, l’avesse aggiustata per compiacere e compiacersi, cercando nella voice over una linea guida che distrugge poi un finale ironico solo in parte.
Manca il guizzo, manca la solidità, ma visto che ormai è cosa consolidata che non tutti i Woody Allen escono con il buco, basta dargli appuntamento per il prossimo anno, per quel progetto ancora senza titolo ma già in lavorazione, e sperare in un appuntamento dicembrino migliore.
Questo, meglio dimenticarlo, meglio chiuderlo in un cassetto.


8 commenti:

  1. Spero non deluda troppo, e di vederlo a breve.
    Phoenix, comunque, vale da solo la visione.

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    1. Phoenix come sempre immenso, è tutto il resto che non va troppo bene...

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  2. Allen, da qualche anno a questa parte, mi piace parecchio. Questo chissà; lo guarderò, ma quando capita. Dopo uno spumeggiante inizio con Easy A, comunque, a me la Stone sta troppo sulle palle.

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    1. La Stone mi sta tanto simpatica di solito, ma se non la sopporti qui grazie al suo personaggio parecchio irritante avrai ancora più difficoltà!

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  3. Da grade fan di Allen il film infatti l'ho trovato un po' ritrito, sull'argomento meglio crimini e misfatti e Match Point :-)

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    1. Esatto! Probabilmente ha voluto riusare l'idea per riempire un anno buco, lo aspetto al suo meglio per il prossimo anno!

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  4. l'ultimo Allen mi era piaciuto, ma aveva deluso i puristi...
    questo proprio non mi è piaciuto, nonostante i protagonisti siano davvero brillanti, ma la storia manca di una solidità, che seppure alle volte rasenta il paradosso, non manca [quasi] mai

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    1. Magic in the moonlight non era l'Allen migliore, ma si faceva guardare in tutta la sua leggerezza... Qui manca una sceneggiatura ben scritta, manca ritmo, insomma, manca Woody!

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