Due detective, due detective diversi tra loro, uno più propenso alle grandi bevute e alle grandi baldorie, uno più riflessivo, anche se non filosofico.
La mente va subito a loro, a Rust Cohle e a Marty Hart, ai due True Detective e alla loro aria seria, densa, soprattutto.
Ma non siamo nelle paludi della Lousiana, siamo invece in quelle della Spagna andalusa, dove sono stati spediti, come una retrocessione, come una punizione, Juan e Pedro, colpevole di non aver difeso un collega il primo, di essersi schierato contro il governo, il secondo.
Anche qui, in una comunità dimenticata da Dio, si aggira un serial killer, da anni, che miete le sue vittime tra le giovani del villaggio. Ultime in ordine di tempo, le sorelle Carmen e Estrella, scomparse, ritrovate morte, con un mistero da svelare.
Chi le ha rapite? Chi le ha torturate? Chi le ha uccise?
In giorni caldi e afosi, muovendosi in luoghi dove l'uomo sembra non esserci, vorrebbe solo sfuggire, da lì o dal suo destino, muovendosi in una natura controllata ma infida, partono le indagini, parte la convivenza forzata ma riuscita tra due detective spediti lontano dal centro del potere, alla ricerca di un riscatto, della verità.
Alberto Rodriguez deve molto a Cary Fukunaga e alla sua serie, i rimandi, i richiami, sono parecchi, ma questo non significa che La Isla mínima non abbia la sua identità.
Ce l’ha, intrisa in quella politica spagnola di inizi anni ’80, in quegli anni di transizione dopo la dittatura franchista.
Ce l’ha nella creazione di un’atmosfera tesa, e densa, sì, nella costruzione di due personaggi di cui sappiamo poco, ma perché più che su di loro, sul loro essere detective, ci si concentra sull’indagine, su segreti e misteri che avvolgono un paese lasciato fuori dal tempo.
Il ritmo è lento, scorre piano, come le auto che percorrono le lunghe strade che costeggiano i pericolosi canali.
Il resto, lo fa una fotografia che questa densità, questa desolazione e questa tensione, ce la mostra in lunghi piani, in riprese dall’alto, in una regia attenta e forte che fin dai titoli di testa, toglie il fiato.
Come in tutti i thriller, i gialli, conta scoprire chi è il colpevole, vero, ma conta soprattutto il viaggio intrapreso per scoprirlo.
E così, con un finale che spiazza e lascia disseminati i suoi dubbi, La Isla mínima mantiene alte tutte le sue promesse di sbanca Goya in patria (vinti, tra l'altro, Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore), facendosi forte portabandiera spagnolo per la notte degli Oscar.
Vista la sua natura capace di essere nazionale ed internazionale, radicata nella radici più profonde di un Paese e della sua identità, ma capace di parlare un linguaggio fortemente americano nel suo impianto, una scommessa sulla sua presenza nella cinquina finale ci sta tutta.
Un thriller come tanti, a me non ha detto niente.
RispondiEliminaMi è sembrata più che altro la versione poraccia di True Detective.. :)
In sua difesa, ci sono delle riprese splendide, che non saranno il piano sequenza di Fukunaga, ma quelle fotografie dall'alto bastano per salvare il film, intrigante e ben fatto :)
Eliminagrandissimo thriller,pretesto per descrivere le paure post franchiste spagnole. Ho letto che true detective e questo film sono stati realizzati nello stesso periodo, uno si stava girando ad aprile ..l'altro ad ottobre quindi escludo un evenutale plagio di idee..
RispondiEliminaLa somiglianza é comunque parecchio evidente, cosa ancora più misteriosa ora... Di certo entrambi hanno una loro personalità e si difendono benissimo.
EliminaCe l'ho da tempo in versione spagnola, adesso che è arrivato anche da noi lo vedrò direttamente in italiano :) La tua recensione fa ben sperare ;)
RispondiEliminaÉ un signor thriller, vedrai, solido al punto giusto, lento ma profondo... Aspetto la tua opinione ;)
EliminaNon lo conoscevo, ma lo vedrò!
RispondiEliminaBravo, potrebbe essere pane per i tuoi denti :)
EliminaSe non è piaciuto a Cannibal, allora sono sicuro che mi farà impazzire! :)
RispondiEliminaÉ decisamente più fordiano che cannibale questo film :)
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