Andiamo al Cinema
Avete davanti a voi un foglio, il gesto da fare è semplice, cerchiare la vostra scelta: 1000 euro o dare la possibilità a una vostra collega di tornare a lavorare, riprendendo il suo posto?
Quei 1000 euro vi farebbero proprio comodo, avete la casa da ristrutturare, siete l'unico a portare a casa uno stipendio, vostra figlia all'università ha ancora bisogno del vostro aiuto.
1000 euro non sono mica briciole, anzi, potete pagarci un anno di bollette, volendo!
E poi, quella lì, quella Sandra, se ne è stata a casa per mesi, depressione, dice, e a guardarla non sembra stare poi tanto bene. Perchè rinunciare a 1000 euro per una che potrebbe stare a casa già domani? mentre noi qui siamo riusciti a tirare avanti senza di lei senza troppa fatica, anzi, se c'era qualche ora di straordinari da fare, ben venga, di questi tempi.
1000 euro.
Basta un cerchio.
Ma aspetta.
E se fossi io al suo posto? Se il capo avesse scelto me come capro espiatorio, come vittima sacrificale in questo momento di crisi?
Ce l'ho fatta fino adesso a tirare la cinghia e ad andare avanti lo stesso e con dignità, l'altro mio piccolo lavoro in nero mi aiuta, e poi chissenefrega di mio marito che urla e strepita come se quei 1000 euro fossero già suoi!
Stiamo parlando di un'amica, di una collega, di una persona umana.
E ti credo se ricasca nella depressione con tutte queste pressioni addosso.
Basta un cerchio.
E gli altri che faranno, però? Se vinciamo, come mi tratteranno, come il capo stesso tratterà il mio contratto a tempo determinato che scade giusto giusto fra poco?
Basta un cerchio.
E io ho 1000 euro e lei viene licenziata.
O lei torna a lavorare e io ho una coscienza pulita.
Mi metto nei suoi panni, allora, in quelli di una Sandra dimessa e fragile, pronta a scoppiare in lacrime, e questa volta non certo per un nonnulla, ma per un lavoro e per entrate sicure che servono a mantenere una famiglia, una casa e un matrimonio che sembrano sbriciolarsi dopo la dura scelta che il capo ha imposto.
Sandra, con il marito a sostenerla nella buona e nella cattiva sorte, in due giorni e una notte busserà a porte, suonerà campanelli e rincorrerà colleghi che si nascondono, che non cambiano il loro voto ma che a volte, come lampi a ciel sereno, riportano un po' di speranza in lei, la fanno sentire meno sola, meno pietosa.
In questi panni, naturali e reali come forse non l'avevamo mai vista, c'è una splendida Marion Cotillard, che dà l'ennesima prova di grande attrice, alle prese con un dramma del quotidiano a firma di quei fratelli Dardenne portabandiera del neorealismo contemporaneo.
La storia che ci raccontano non è solo quella di una scelta e di una crisi economica che va a toccare anche quella dei sentimenti e dei valori umani, ma è soprattutto il viaggio di una donna all'interno della sua fragilità, che si fa forze per tornare a sorridere, per imporsi, anche perdendo.
Nel fare questo, nonostante un tema simile che può facilmente scivolare nel patetico e nel buonismo, rimangono in perfetto equilibrio, coinvolgendo, mettendo lo spettatore davanti a quella stessa scelta, davanti a quella possibilità.
La soluzione finale, lieta pur se amara, è la ciliegina sulla torta di un film, e di una donna, che in due giorni e una notte riescono a farci cambiare prospettiva, a farci tornare la speranza, e anche un sorriso.
Film bellissimo. Ottima recensione, concordo su tutto.
RispondiEliminaLa Cotillard è straordinaria, al solito: scompare proprio e a lei, attrice famosissima e donna stupenda come poche, non ci pensi più. Mi ha logorato il fegato, ma mi ha lasciato anche in pace. Penso che quella, la pace finale, sia la cosa più degna di nota del film. :)
gran post!
RispondiEliminaio comunque, pur di avere una collega di lavoro come marion cotillard, a 1000 euro rinuncerei più che volentieri :D
Alla fine davvero un bel film, nonostante dei difetti narrativi che lo bloccano un attimo. Però a livello 'umano' mi ha lasciato davvero molto!
RispondiEliminaNon l'ho ancora visto ma il tuo post mi è piaciuto così tanto che quasi quasi lo guardo stasera!
RispondiEliminaMi sa che dovrò rivalutare i Dardenne, questo film mi ispira, bella rece!
RispondiEliminaDa un punto di vista strettamente critico non l'ho trovato il miglior film dei Dardenne: troppo schematico e standardizzato nella costruzione, un po' ripetitivo e anche un po' retorico. Ma conoscendo l'impegno dei due fratelli belgi, mi piace pensare che questa struttura sia stata voluta: ovvero che abbiano rinunciato a un po' della loro 'autorialità' per realizzare un film il più semplice e diretto possibile, per arrivare al grande pubblico e farlo riflettere su uno dei temi più caldi e dibattuti di questo inizio millennio: il lavoro e i diritti dei lavoratori. Da questo punto di vista il film è impegnato e ammirevole, e per parte mia lo apprezzo incondizionatamente.
RispondiElimina