30 gennaio 2016

Steve Jobs

Andiamo al Cinema

1984: presentazione del Macintosh
1988: presentazione del NeXT computer
1998: presentazione dell'Imac

Il film biografico di Danny Boyle si consuma all'interno dei teatri che ospiteranno queste presentazioni, presentandoci prima di tutto Steve Jobs come uomo.
Un uomo despota, un uomo maniaco del controllo, un uomo però fragile e al tempo stesso stronzo.
Sì.
Stronzo.
Perchè un uomo abbandonato dalla sua famiglia, adottato e restituito, che sa cosa significa crescere con questo fardello, è anche l'uomo che non vuole riconoscere la figlia, che si appella a numeri e algoritmi, che si nasconde dietro impegni e falsi appuntamenti.
L'uomo che non vuole essere padre, è anche però il genio che sta dietro alla costruzione di un'immagine, del marketing, delle presentazioni ad effetto.
Direttore dell'orchestra, non semplice elemento dell'orchestra.
A partire da quello che doveva essere il grande lancio ma che risultò un flop, passando per un mezzo flop che gli spalancò però nuovamente le porte di Apple, per finire con il trionfo, Boyle si concentra e ci chiude all'interno di queste presentazioni, saltando quello ci si aspetta da un biopic su una figura così carismatica e così amata: niente malattia, niente vero successo, niente Stay Hungry, Stay Foolish.
Pur essendo gli oggetti Apple, il LISA, il Macitosh, l'Imac parte del racconto, quello che il racconto vuole raccontarci davvero è chi li pensò, li inventò negli anni cruciali della sua vita.


Per fare questo, seguiamo le tre presentazioni che si presentano come speculari, con il rapporto con la figlia, con gli amici, con il mentore, con se stesso e con le invenzioni stesse che tornano e ritornano.
Giornalisti, amici, nemici, padri putativi e donne che chiedono ciò che è giusto ma anche qualcosa di più, bambine che timidamente stupiscono, che incantano con la loro intelligenza, che sanno come mettere in scacco un padre, riuscendo ad essere l'unica poi a parlargli apertamente, rinfacciandogli tutta la sua stronzaggine.
Accanto, un'assistente, segretaria tuttofare che lo accompagna e lo fa riflettere, lo fa scendere dal suo piedistallo gestendo le sue emozioni e le sue presentazioni.
Kate Winslet riesce quasi ad oscurare il magnetismo di un Michael Fassbender che qui non assomiglia né a Michael Fassbender né a Steve Jobs, incarnando però il lato più oscuro di quello che per molti è diventato un idolo, un mito, un guru.
Tanto capace a livello di marketing, di design, di strategia aziendale, quanto incapace nelle relazioni umane, stronzo con gli amici di sempre, con chi lo ha sostenuto, con chi è stato innamorato, e pure con la figlia, la sola che riuscirà però a redimerlo.


Steve Jobs più che azione è così parole, parole, tante parole.
Le parole che Aaron Sorkin scrive con quella bravura, con quello stile e con quelle frecciatine già amate in The Newsroom.
Parole che schiacciano la regia di Danny Boyle che a parte qualche piano sequenza e carrello tra i corridoi di quei teatri troppo pieni, in cui si sente tutta l'energia, tutta la pressione del caso, non lascia il segno.
A lasciarlo davvero sono attori che in quella sceneggiatura infinita danno il meglio di sé, che si annullano dietro magrezze o chili di troppo o dietro improbabili vestiti.
Parole che finiscono per non esaltare, per non idolatrare, ma semplicemente a mostrare -appassionando e soddisfacendo- le infinite sfumature di un genio.
Parole che sfumano poi nella musica, quella che si riuscirà a mettere in tasca, e che tra le note dei The Maccabees e la loro intensa Grew Up at Midnight, chiudono un film che pur parlando di uno stronzo e delle sue fredde invenzioni, sa scaldare, sa emozionare.


Regia Danny Boyle
Sceneggiatura Aaron Sorkin
Musiche Daniel Pemberton
Cast Michael Fassbender, Kate Winslet, 
Jeff Daniels, Seth Rogen
Il Trailer
Se ti è piaciuto guarda anche:
The Social Network, The Imitation Game, la serie Halt and Catch Fire

7 commenti:

  1. Meravigliosa Grew Up at Midnight. E, come sai, in questi mari di parole ci ho sguazzato. ;)

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    1. Canzone fantastica che ha reso ancora più emozionante il finale, un cui finalmente un po' si respira, all'aria e nel silenzio :)

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  2. In linea di massima il film mi è piaciuto però non ho apprezzato particolarmente la scelta di ridurre la storia a quei soli tre momenti - epocali, sia chiaro, soprattutto per me che sono ingegnere informatico -. Purtroppo però sulle scelte di sceneggiatura non posso sindacare e quel mare di parole di Sorkin è sicuramente da apprezzare. Però comunque boh non sono stato convinto fino in fondo.

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    1. Io l'ho preferita, una biografia settoriale, senza così troppi buonismi o digressioni: le tante parole bastano a inquadrare l'uomo e il genio, nella vita e nel lavoro.

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  3. Uno Steve Jobs molto The Newsroom...
    Tante parole ma, quando sono scritte con questa bravura, non sono mai abbastanza. :)

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    1. Una statua a Aaron Sorkin, maledetta Academy che lo ha snobbato...

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  4. Sorkin pazzesco, come il cast.
    Un grandissimo film che, proprio grazie alle parole, è azione pura.

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