Da una parte:
- Steven Knight alla regia e alla sceneggiatura
- Tom Hardy protagonista e produttore
- un'Inghilterra ottocentesca di intrighi e tradimenti
e pensi che sì, finalmente i due tornano insieme dopo il gioiellino che è stato Locke, dopo quella piccola parte in Peaky Blinders, che è ancora una gioia per gli occhi.
Dall'altra:
- la paura di trovarsi davanti lo Steven Knight di Southpaw e di Allied
- il tiepido entusiasmo letto qua e là
- una trama un tantino ostica, fatta sì di intrighi e tradimenti, ma anche di una Compagnie delle Indie Orientali di cui, francamente, poco importa.
La verità, su Taboo, allora dove sta?
Come sempre nel mezzo.
E nel mezzo significa che lo Steven Knight sceneggiatore è un po' soporifero tra visioni lisergiche e un po' incisivo con dialoghi lapidari e taglienti, che Tom Hardy è un po' troppo silenzioso ma anche tanto fisico, che la storia è fatta di intrighi politici di non facile interesse ma anche di tradimenti amorosi e d'amicizia su cui più ci si concentra.
Ci vuole pazienza, allora, con Taboo, miniserie di soli 8 episodi ma che nella loro durata di un'ora a volte sembrano infiniti.
Ci vuole pazienza per entrare nella storia, per conoscerne i personaggi e per imparare a conoscere e amare James Keziah Delaney, tornato nella natia Inghilterra dopo anni in cui era dato per disperso e per morto nell'Africa più nera, con un passato pieno di misteri e di crimini, con una famiglia in cui altri misteri, altri crimini, si nascondono.
Unico erede, ora che il padre è morto, si ritrova con un pezzo di terra americano tra le mani conteso proprio tra l'America e l'Inghilterra, rotta commerciale ambita e per questo entra nel mirino del pericolo.
Delaney è però più di quello che sembra, più del criminale, del silenzioso attaccabrighe che è.
I misteri, quindi, sono il punto portante di Taboo, che si snodano negli 8 episodi tra lentezze, visioni e sogni ad occhi aperti che confondono e appesantiscono.
Se si fatica a capire e seguire Delaney, a rendercelo più umano sono allora i personaggi di contorno, dalla matrigna Lorna, sua protetta e forse innamorata, al domestico Brace, fino al chimico libertino Cholmondeley, punta di leggerezza che equilibra -fin là- il tutto.
Ancora una volta, allora, è bene ripeterlo: ci vuole pazienza, con questa miniserie, ci vuole coraggio per finirla ed arrivare in fondo ad episodi che anche nelle loro svolte più eclatanti, si impastano in una solidità tecnica difficile da scalfire.
Ora non resta che mettersi a riposo, e prepararsi a una seconda e a una terza stagione nel Nuovo Mondo in cui si spera in un po' più di pepe.
Io non ho avuto pazienza.
RispondiEliminaO meglio, l'ho avuta giusto per i primi due episodi, ma poi ho dobuto mollare...
Complimenti a te per essere riuscita ad arrivare fino a fine stagione. ;)
I complimenti li devi fare al giovine, lui si è appassionato ed entusiasmato veramente, io ho faticato non poco ad arrivare alla fine. Diciamo che Tom Hardy ha sempre il suo perchè, e spero in due stagioni nel Nuovo Mondo almeno un po' più avvincenti.
EliminaCome Marco, anch'io sono fermo al secodno episodio.
RispondiEliminaIl primo mi era pure piaciuto, ma poi il sonno aveva avuto la meglio.
Magari riprendo, magari no. Si vedrà (e quanta acqua ne passa, sotto i ponti, coi miei si vedrà!). :)
Effettivamente non la vedo troppo come una serie per te, e non posso prometterti chissà quali svolte per i restanti episodi, anzi. Ci vuole pazienza, insomma, parecchia.
EliminaAncora non mi ci sono messo, ma le opinioni decisamente negative mi fanno propendere per il no.
RispondiEliminaIn fondo, c'è sempre qualcosa di più interessante da recuperare. ;)
Di base, è una serie molto fordiana, ma forse addirittura troppo per entusiasmarsi. Ho fiducia nel futuro, nel mentre, di meglio da vedere ce n'è!
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