Fine anni '50: la corsa allo spazio è in pieno sviluppo, americani vs russi.
In un ambiente simile, in un ambiente come la NASA, non c'è niente di peggio di essere una donna.
Figurarsi una donna nera.
Siamo negli anni in cui una donna era vista prevalentemente come una casalinga o come al massimo una segretaria, siamo negli anni, soprattutto, della segregazione razziale, dove le persone di colore avevano i loro posti a sedere sugli autobus, le loro fontanelle in cui bere, i loro bagni da usare.
C'erano però donne diverse, donne di colore diverse, perchè dotate di una mente brillante, di un genio innegabile per quanto riguarda la matematica, i calcoli, l'apprendere con passione di ingegneria spaziale.
Tre di queste donne si chiamano Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson.
Il diritto di contare racconta la loro storia, racconta la storia di queste figure nascoste, ombre della storia (non a caso il titolo originale è un incisivo Hidden Figures), che la Storia, quella con la S maiuscola, la fecero.
La fecero lavorando duramente, battendosi per i propri diritti, cercando di emergere in un ambiente lavorativo decisamente maschilistica ma in grado, nonostante tutto, di rilevare il genio.
E così, se Dorothy anticipa i tempi e insegna alle sue colleghe il linguaggio con cui comunicare al primo computer IBM, se Mary si batte davanti ad un giudice per poter frequentare un'Università di soli bianchi e competere così per diventare ingegnere a tutti gli effetti, Katherine entra nel ristretto gruppo di chi vuole mandare il primo uomo in orbita attorno alla Terra, e ce lo manda, con i suoi calcoli, con quella matematica così affascinante che regola il mondo.
Ora, c'è da dire che sì, Il diritto di contare è uno di quei classici film hollywoodiani che puntano su storie formative e ad effetto, c'è da dire che qua e là la mano viene calcata, che la storia viene piegata per esigenze di copione. Non a caso, Theodore Melfi punta i riflettori anche fuori Langley, raccontandoci queste donne all'interno delle loro comunità, nella loro vita privata di madri single e fuori casa, di madri assenti e con compagni che come possono sostengono.
Ma nonostante questo, nonostante queste strizzatine d'occhio al pubblico più vasto e commerciale, il film non vende la sua anima, morde a più riprese mostrandoci tutti i modi più sottili in cui si manifesta il razzismo, anche nei modi apparentemente gentili di una Kirsten Dunst, o in quelli più spietati di Jim Parsons, e mostra poi la bellezza e l'importanza della matematica con tutto il suo fascino, e qui, gioca un ruolo importante e salvifico, un redivivo Kevin Kostner.
Aiuta così una colonna sonora decisamente black e decisamente anni '60 che pare uscita e curata da un episodio di Scandal, aiuta una ricostruzione degli abiti e delle scenografie di quegli anni davvero impeccabili.
Aiuta soprattutto una regia frizzante, che sa quando permettersi siparietti più leggeri tra tensioni innegabili, che sa evidenziare e sottolineare bene il periodo storico, l'importanza delle missioni speciali.
A fare la differenza, ovviamente, il trio di protagoniste d'eccezione dove alla candidata agli Oscar Octavia Spencer, più marginale, si preferisce la camaleontica Taraji P. Henson, vera sorpresa rispetto al ruolo tamarro interpretato nella serie Empire e la volitiva e combattiva Janelle Monáe, che dopo la piccola presenza in Moonlight è ormai lanciata nell'olimpo di Hollywood.
Così facendo, Il diritto di contare è un film che si mantiene in perfetto equilibrio tra film educativo e di intrattenimento, tra film informativo e di denuncia. E raccontando la storia di chi è rimasto per troppo tempo nell'ombra, senza diritti, appare tristemente e purtroppo, attuale.
Regia Theodore Melfi
Sceneggiatura Theodore Melfi, Allison Schroeder
Musiche Pharrell Williams, Hans Zimmer, Benjamin Wallfisch
Cast Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe,
Kevin Costner, Kirsten Dunst
Kevin Costner, Kirsten Dunst
Se ti è piaciuto guarda anche
The Help, Pomodori verdi fritti alla fermata del treno
Piaciuto tantissimo.
RispondiEliminaMi è piaciuto il fatto che il film si "limiti" a raccontare una storia, senza troppe spettacolarizzazioni (ogni tanto, come dici tu, calca un po' la mano, ma ci sta).
Davvero meritevole.
È un film semplice nella struttura, decisamente classico, ma l'avere una storia così bella da raccontare lo rende godibile a tutti.
Eliminavado mercoledì a vederlo...
RispondiEliminasono nel periodo di recupero dei film da Oscar, per il momento sono tutti stati abbastanza deludenti, e non avrei mai detto che a salvarsi sarebbe stato solo "La La Land"
Questo secondo me ti convincerà, una bella storia, tre brave protagoniste, e tutto il tempo per appassionarsi e commuoversi anche un po'.
EliminaUna bella storia, ma un film un pochino troppo classico e tradizionale per poter essere davvero spaziale. :)
RispondiEliminaTroppo classico, vero, ma per una volta, ci passo sopra ché ha saputo divertirmi, informarmi e pure farmi indignarmi, mica niente ;)
EliminaMolto carino davvero.
RispondiEliminaUna specie di versione attuale di The Help.
Non si può che pensare a The Help, anche se qui sono la matematica e il maschilismo della NASA a fare la differenza, e per me, a dare una marcia in più.
EliminaBellino, ma la storia è più grande del film, che resta assai modesto e dimenticabile, nonostante sia piacevole (e immeritevole delle varie nomination). :)
RispondiEliminaConcordo, la storia è più grande del film, ed è stato trattato come una commedia carina sulla scia di The Help. Rimane comunque un film gradevole che ha il merito di farci scoprire 3 grani donne.
EliminaLe nomination erano di troppo, decisamente, ma dimenticabile per me non sarà.. o almeno, io che oggi vorrei saperne più di matematica, mi sono appassionata a quel mondo, e averlo trattato con leggerezza ha aiutato.
Elimina