Sì, parlo di quei quadri che appendiamo alle pareti per non lasciarle vuote, per dare un tocco di colore ad una stanza, per esprimere la nostra personalità.
È più di un anno che con il giovine cerco casa (questa sarà un'altra storia), e visto che siamo due non ancora trentenni e il budget è quello che è, le case che abbiamo visto e continuiamo a vedere sono vecchie case, anni '60-'70 suppergiù, con la loro storia.
Case rimaste vuote per anni, dove polvere e ragnatele hanno preso il sopravvento, case rimaste vuote all'improvviso dove il tempo si è fermato, dove tutto è rimasto così com'era in quell'ultimo giorno di vita, di abitazione: mobili, calendari, fotografie, quadri.
E così ho iniziato ad osservarli questi quadri, a notarli, loro che testimoni silenziosi passano il più delle volte sullo sfondo, non importanti.
E a stupirmi, di vedere accanto alle fotografie di famiglia che riempiono le stanze, un dipinto chiaramente africano. Cosa l'avrà portato lì, un viaggio? un regalo? una scelta azzardata?
Come mai quel paesaggio, di mare, di montagna, di campagna?
Come mai quel ritratto, quelle stampe di cani, di gatti, di fiori?
Quali scelte e discussioni saranno avvenute per decidere prima di riempire la parete della sala da pranzo con stampe di frutti e piante con annessa descrizione, scegliendole accuratamente una per una?
Domande che si sono accavallate nella mia testa un po'inutilmente, lo so, ma ora, appena entro in una casa vuota che vuota in realtà non è, guardo subito alle pareti, e la mia curiosità, la mia personale ricerca, si è ampliata anche agli hotel, terra di nessuno, zona di passaggio, dove le scelte dei proprietari possono essere come quella musica jazz che trovi in ascensore, di semplice sfondo e dove, leggenda vuole (raccontata nel bellissimo Before We Go) è nato il gioco di abbellire quei quadri, di dargli una storia, nel loro retro, disegnando e sfogando la fantasia, in modo da lasciare un segno, apparentemente invisibile.
Tornata a casa, nella mia casa, non nell'appartamento che pullula di stampe di piccoli artisti e di quadri famosi acquisto fisso negli shop dei musei, l'ho notato di nuovo, quel quadro.
Quel quadro che sembra rappresentare un giardino segreto, un paesaggio anonimo che niente ha da dire.
Quel quadro, nei tre traslochi che la mia famiglia ha affrontato, c'è sempre stato, relegato per lo più in corridoio, appeso alla parete o appoggiato sopra un mobile, lì, testimone silenzioso del tempo che passa.
Mi è sempre piaciuto quel quadro, quel romanticismo che si sente dai piccoli fiori bianchi, da quell'arco che la natura ha contaminato.
E l'ho girato, finalmente, quel quadro, trovando una dedica che fa fare un tuffo al cuore, e ho scoperto la storia di quel quadro:
Un regalo, segno di amicizia e aiuto reciproco, un dono in cambio di aiuto per un altro trasloco da parte di quel cliente fisso del bar dei miei (sì, sono cresciuta con il bar sotto casa, e anche questa sarà un'altra storia).
Un cliente, Marcello Guardini, che non posso ricordare, ma che c'era e c'è stato ogni giorno dall'altra parte del bancone, ad aiutare, a chiacchierare. Finché un aiuto non è servito a lui, che doveva svuotare una casa, quella materna, ad Ostia, e ha chiesto una mano al suo barista di fiducia, che con lui si è fatto quei 500 chilometri, in furgone, che con lui quella casa l'ha lasciata vuota.
E così, come ringraziamento, c'ha dato un quadro, dipinto nel lontano 1960, che da anni, da sempre, è lì, nei corridoi delle nostre vite, abituato ad essere ignorato, a fare da sfondo, a dare un tono, ma che oggi è protagonista, avvolto da uno sguardo nuovo, da oggi, ha una sua storia.
Ma che belli, questi post domenicali!
RispondiEliminaIn casa, in realtà, di quadri ne abbiamo pochi - tra un trasloco e l'altro, dopo un po' restano negli scatoloni e nessuno si fa avanti per appenderli - e, da maggio che ci siamo trasferiti, a parte qualche foto sparsa, una parete dell'ingresso è tutta per i calendari dell'Arma di papà, che sono veramente molto belli: il mio preferito, quello del 2002, con la Lollobrigida e De Sica in copertina. A proposito di quadri che mi hanno incuriosito, invece, c'era una tela bianca di piccole dimensioni nella mansarda che, per l'università, avevo affittato l'anno scorso: anch'io l'ho girata, come Before We Go insegna, e ho scoperto che la tela non era bianca, ma sbiadita, perché il disegno - ormai scomparso: chissà quanti anni aveva - era stato realizzato con del vino, pare.
Ecco un'altra bella storia! La metto insieme alle mie curiosità sui quadri, ormai anche nei ristoranti e nei bar li guardo con occhi diversi, nella speranza racchiudano un passato degno di nota e che non siano semplici riempiti made in Ikea.
EliminaUna gran bella storia, davvero.
RispondiEliminaOra, poi, che so che sei cresciuta con un bar di famiglia, prendi un sacco di punti in più! :)
Sull'infanzia e l'adolescenza in un bar ne avrei da scrivere, ci sono sicuramente storie da raccontare ;)
EliminaFosse stato un film dell'orrore, da quel quadro sarebbe uscita una bambina demoniaca stile Samara di The Ring.
RispondiEliminaPer fortuna è la realtà... :)
E per fortuna la realtà sa emozionare anche più di un film, non horror :)
EliminaI quadri mi hanno sempre affascinato anche se non vedo tantissimo di romantico o pseudo-intellettuale, certo sono belli da vedere e soprattutto alcuni sono 'speciali'e quindi va bene averli, mia madre per esempio per scegliere un quadro da mettere sul divano ha impiegato tanto di quel tempo che era diventato un incubo, per fortuna l'ha trovato e devo dire che mi piace come questo post ;)
RispondiEliminaSembra banale la scelta di un quadro, ma a quanto pare non lo é. Nascondono un mondo e un giorno chiederò ad un albergatore come ha deciso quelli del suo hotel, solitamente i più anonimi in assoluto.
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