1 luglio 2018

La Domenica Scrivo - Pride

Sono stata al mio primo Gay Pride.
Ci sono andata ieri (e questo spiega il ritardo con cui pubblico), ci sono andata perché mai come in questi tempi era giusto andarci. Essere un numero, uno solo, in mezzo a una folla colorata e sorridente, rendendola un po' più numerosa, un po' più colorata, un po' più sorridente.
Esserci per dire e ribadire, soprattutto.
Non si parla mai di politica su questo blog, anche se in fondo vedere e amare e parlare di certi film e certe serie TV, è un po' come fare politica, visti i messaggi importanti e profondi che contengono e che cercano di illuminare e cambiare le cose, a modo loro.



Il fatto è che è difficile sentirsi vicini a una politica così urlata, così confusa, con i toni alti, urlati che ci sono in giro. È difficile pure sentirsi rappresentati da un genere di politica così, e di certo la voglia di discutere con chi usa gli stessi toni e con chi di tutto deve avere un'opinione, non c'è.
O forse è il fatto che la politica per come la intendo io dovrebbe girare tutta attorno ad una parola: umanità.
Mi chiedo -ora più che mai- è così difficile essere degli esseri umani?
Capire che aumentare diritti non ne toglie a chi già ne ha, ma rende più giusta la società in cui viviamo?
Capire che riconoscere realtà -famiglie, figli, identità- che già ci sono, può solo che cambiare in meglio queste realtà, questa società?
Non sembra così difficile ai miei occhi, invece sembra esserlo, tanto da portare al Pride, a marce necessarie per rivendicare esistenze e diritti, e se ci si chiede ancora -stupidamente- perché non esiste una marcia a favore dei diritti etero, bé, ringraziamo di non averne bisogno.
Il mio mondo ideale sarebbe anche un mondo in cui le nazioni fanno a gara per aiutare e accogliere chi ne ha bisogno, per creare politiche di inclusione e di aiuto, ma anche questa umanità non sembra più essere di casa, e questo è un altro discorso, molto più articolato.


In ogni caso, convincendo un migliore amico piuttosto restio, sono andata a Padova, sono stata sotto il sole cocente con lui, ho avuto un sorriso stampato in volto dall'inizio alla fine di quei 2 chilometri percorsi in quasi 3 ore.
Ok, un iniziale smarrimento c'era, che ci vuole un po' per adattarsi a camminare e ballare insieme, a lasciarsi un po' andare, ma trovata la giusta musica sul giusto carro, trovato il giusto mood, il sorriso è arrivato, illuminato da quello di altri 10.000, dalla musica pop, dai colori, i luccichii, i balli, i baci.
Sentirsi parte di un'umanità così colorata è stato bello.
È stato soprattutto giusto.
E proprio perché mi si è chiesto se non ritenevo pericoloso andarci, lo è stato ancora di più.
Pericoli, ovviamente, non ce ne sono stati, se non quelli di essere contagiati da una leggerezza altrettanto necessaria, da arcobaleni sinceri, da una felicità a stento trattenuta da molti.
Il tutto, poi, è proseguito in discoteca, e qui si potrebbe aprire il capitolo: sono stata in discoteca, dopo anni che non ci andavo (e questo spiega il ritardo con cui pubblico).
Ma è stato un altrettanto giusto proseguimento a quel colore e a quell'energia positiva, dove ai balli scatenati, al sudore ormai incontenibile, e un'energia mai così positiva, han fatto seguito le lacrime per una dichiarazione di matrimonio inaspettata sul palco e gli occhi lucidi per un'amicizia che ieri ha toccato profondità sincere che mi fa ringraziare pure qui quell'amico per esserci sempre e per essere così speciale.
Sogno un mondo in cui certe marce nascano solo per la voglia di divertirsi, travestirsi, colorarsi, ma finché queste marce saranno necessarie per chiedere, dimostrare, dichiarare, io ci sarò.

5 commenti:

  1. Ti dico la verità: nonostante non abbia nessun pregiudizio di sorta, cosa spero nota, queste manifestazioni mi hanno sempre lasciato scettico in passato. Sarà colpa della TV, degli eccessi, di qualche stereotipo. Quest'anno, invece, ho capito che è importante. Sarà che quest'anno qualcosa è cambiato, in peggio con i brutti ceffi del nuovo governo, ma anche in meglio, perché ho visto sui social, in foto, tanta mobilitazione, tanti genitori, tanti figli. E questo tuo bel resoconto me l'ha confermato.
    Nel mio caso, una cosa ben poco eclatante mi ha dato eppure da pensare, mi ha ispirato fiducia: a Pescara ogni anno c'è una rassegna cinematografica intitolata a Ennio Flaiano e quest'anno il film di apertura, in fascia pomeridiana, è stato Favola con Timi vestito da donna. Pur avendolo visto e apprezzato a Torino, l'ho visto con piacere, ma temevo la gente tutt'attorno; chi si alza, prende e se ne va; i commenti bigotti e beceri. E invece no, perché alla fine del film a sorpresa hanno applaudito. E boh, mi è sembrato significativo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questi pregiudizi un po' li avevo anch'io qualche anno fa, ma proprio grazie alle serie TV e al bisogno di "fare" e di "esserci" sono partita e ho capito che sì, c'è un gran bisogno anche degli eccessi e dei lustrini.

      L'episodio è un altro tuffo al cuore, come in fondo lo è stato quest'anno anche Chiamami col tuo nome. Peccato che Favola qui non si sia proprio visto, me l'ero segnato fin dai tempi del tuo TFF.

      Elimina
  2. io politicamente non mi esprimo, non amo farlo a prescindere,
    ma sono orgogliosa di te che hai partecipato

    RispondiElimina
  3. Grazie Sauro e grazie Patalice, basta esserci e serve soprattutto scriverne a volte :)

    RispondiElimina