20 aprile 2019

Noi

Andiamo al Cinema

Da una parte la paura di ricascarci, di vedere un horror in sala, e uscirne irritata per i troppi commenti degli adolescenti insolenti (come successo per Hereditary) o spaventatissima (come successo per IT). In ogni caso, la paura di provare quella stretta allo stomaco con paturnie e allucinazioni capaci di tenermi sveglia la notte, in ansia quando da sola.

Dall'altra la voglia di scoprire quello che per molti è già horror -o film- dell'anno. Il ritorno di Jordan Peele dopo il successo di Get Out, altro horror -più psicologico- premiato agli Oscar per la sceneggiatura, passato con meno entusiasmo del previsto pure da queste parti.



Da una parte, la paura che avanza, che si fa sentire in quel prologo nel passato, in un 1986 in cui il luna park torna ad essere luogo di incubi, per genitori e per bambini.

Dall'altra un presente in cui quella paura non è mai finita, un'ansia latente che qualcosa -qualcuno- possa tornare. Così vive Adelaide, ora moglie e madre di due figli, che cerca di proteggere e di controllare.
Ma il destino è in agguato, le coincidenze non mentono e quell'incubo è fatto da una famiglia speculare, doppi uguali ad Adelaide e i suoi, lì per spargere sangue, per uscire dalle tenebre e rinascere finalmente nel mondo.
Ed è solo l'inizio di questo incubo, perché sangue chiama sangue, scappare, colpire, depistare e sopravvivere iniziano ad essere i veri comandi.


Da una parte, una paura fottuta, un'ansia che si insinua, chiude lo stomaco, fa stringere braccia e braccioli del giovine e della poltroncina.
Perché quei doppi, quel loro istinto animale, quel loro muoversi fra ghigni, maschere, con scatti di velocità, sono l'esternazione dei miei, di incubi.

Dall'altra, lo sguardo che si perde in quello che Jordan Peele ha creato. 
Andando oltre la storia, tra riferimenti pop (Michael Jackson, Lo squalo, Alice nel paese delle meraviglie) e cinefili (Kubrick e Haneke a cui è inevitabile pensare per come la violenza entra in casa). E poi una fotografia nitida, che i brividi li fa venire, sì, ma di piacere. Quelle inquadrature diverse, quel dosare del nero, del buio. Così come risulta un mostro di bravura Lupita Nyong'o protagonista doppia, incarnazione del male, del bene, dell'ossessione, con la voce a fare da vera discriminante.


Da una parte, una storia che perde di efficacia nel finale, con uno spiegone che si poteva evitare a favore del mistero, con un colpo di scena che mi aspettavo e una sospensione che non si capisce a cosa potrà portare.

Dall'altra, una storia che sa come giocare con le metafore, con i nostri istinti animali, con i veri cattivi della situazione, riuscendo a bilanciare i toni più cupi e spaventosi con quelli più leggeri, affidati al marito Gabe.

Da una parte, infine, un film che sarà difficile dimenticare, nero in ogni suo termine (nonostante la parentesi bianca con la sempre brava -e per questo ora antipatica- Elisabeth Moss), horror nel vero senso della parola, che incute timori, incubi andando a stuzzicare quella nostra parte nascosta, quella parte che lo specchio comunque riflette.
Dall'altra, lo stesso entusiasmo, gli stessi applausi, per un Jordan Peele che sa come muoversi, come omaggiare, come catturare lo sguardo, lo stomaco.
Con buona pace delle mie notti insonni.

Voto: ☕☕½/5




8 commenti:

  1. Purtroppo, con la laurea di mezzo, l'ho mancato al cinema. Spero di recuperarlo presto, magari in lingua!

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    1. Io ringrazio il multisala che l'ha dato a una settimana dall'uscita in v.o., la voce della Lupita fa la differenza in quanto a brividi. Aspetto di leggerne da te ;)

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  2. Va dato merito a Peele di aver ridato vita a un genere, l'horror politico (perchè di questo si tratta: il titolo originale, "US", è eloquente) che era ormai sepolto. E' uno dei film più anti-trumpiani mai usciti dopo la sua elezione (e già "Scappa!" ci andava giù pesante) ed è anche ben fatto a livello tecnico. Poi però i meriti si fermano qui: a una prima parte folgorante non fa seguito uno sviluppo altrettanto degno... anch'io, come te, ho molte riserve sul finale. Nel complesso, però, un buon prodotto che si vede volentieri.

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    1. Pur sapendo che fosse tutta una grande metafora, ho faticato a trovare il messaggio politico, soprattutto quello anti-Trump. Sarò ignorante io -ovvio- ma mi sono lasciata prendere dalla trama base in sé, e dai brividi che ha saputo darmi. Oltre, ovviamente, a un'attenzione tecnica che merita ogni applauso.

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  3. Da una parte o dall'altra, sembra decisamente da vedere!

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    1. Lo è! E mi aspetto un post geniale a riguardo ;)

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  4. Jordan Peele sarà sempre mr. Metaforone, qui il tutto è meno lineare e dritto rispetto a "Get out", e dici bene, quello spiegone finale se non ci fosse stato, sarebbe risultato tutto migliore. Però come horror Peele omaggia e rielabora molto meglio rispetto a "Get out", non tutto funziona in maniera cartesiana, ma arriva di pancia, mi spiace quindi per le tue nottate. La Moss in un paio di momenti ruba la scena, ma la protagonista è mostruosa, anche se magari non è l'aggettivo giusto. Cheers!

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    1. La Moss resta un mostro di bravura tanto quanto Lupita, ma sarà che in The Handmaid's Tale le hanno calcato la mano, adesso mi sembra sempre troppo finta e forzata per ricevere applausi in scena. Quanto alle notti in bianco, continuano. E i temporali non aiutano...

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