Un'ambientazione che ricordava i drammi di Holt, personaggi duri e tagliati con l'accetta che ricordava Steinbeck e Faulkner, insomma, un romanzo che mi chiamava.
Nel mentre, però, mi sono sbagliata due volte.
La prima, quando al mercatino dell'usato trovo Il Potere del Cane, lo guardo perplessa, leggo la trama, mi dico che forse mi confondo, ma il titolo è questo. Lo compro.
Il potere del cane è però anche un romanzo poliziesco di Don Winslow, genere diversissimo, consigliato da ZeroCalcare, ma al momento non in cima alla lista di priorità.
Ma sono fortunata, e su Libraccio trovo la copia giusta in un'edizione datata mentre il tempo giocava a mio sfavore.
Perché questo Potere del Cane, quello di Savage, è diventato un film di Jane Campion con Benedict Cumberbatch, Jesse Plemons e Kirsten Dunst, che secondo la stampa verrà presentato a Venezia, ma se sarà così lo si saprà solo fra qualche ora, nella tarda mattinata di questo lunedì nella Conferenza di presentazione della Mostra.
La seconda è che Savage non è un nuovo autore che guarda al passato.
Mi informo poco, mi fido e non approfondisco.
No, Il Potere del Cane è datato 1967, il suo autore è morto nel 2003 non ricevendo la stessa fama di colleghi come Steinbeck e Hemingway. Per dirne due.
Ma veniamo al ranch dei fratelli Burbank, così diversi fra loro, fisicamente ed emotivamente.
Tanto uno è secco e vigoroso, tanto l'altro è un mangione e appesantito, tanto uno è intellettualmente curioso e pieno di sé, tanto l'altro si accontenta di leggere riviste e di passare in secondo piano.
Phil è il capofamiglia, quello che mette in soggezione, quello che fa affari, prende la parola, regola con uno sguardo i suoi sottoposti. Sadico, si diverte ad umiliare, giudicare gli altri, convinto di avere sempre ragione, di essere una mente brillante mentre vive attaccato ad un passato di cui solo poco a poco capiamo l'importanza nel suo continuare a glorificarlo, raccontarlo, incensarlo.
George vive nella sua ingombrante ombra da sempre, non sa come imporsi, la timidezza e il giudizio del fratello sono un freno.
Soli, da 40 anni, vivono in simbiosi e portano avanti gli affari rigogliosi di famiglia, senza far sfoggio della loro ricchezza, senza cambiare nulla di una routine collaudata.
Finché una donna non cambia tutto.
Una vedova, una locandiera, sposata con un medico che rappresenta per Phil tutto quello che non va in un uomo: è un debole. Ma Phil scambia la gentilezza per debolezza, lui che non sa essere gentile.
L'equilibrio, con l'entrata in scena di Rose e di suo figlio Peter, cambia per sempre dentro quel ranch. In una partita giocata a filo di nervi, di silenzi, di cene imbarazzanti e di giochi psicologici che possono portare solo ad un finale.
Dal sapore del sangue.
Che romanzo, Il Potere del Cane.
Uno di quelli che non si leggeva da tempo.
Un grande romanzo americano, in cui la polvere dei campi si insinua nella carne e nelle ferite di cowboy.
Che registra i tempi che cambiano, fatti ora di spacconeria copiata dal cinematografo, indiani relegati nelle riserve, automobili al posto di cavalli.
In tutto questo, in quest'America da vecchio west, conta la narrazione.
Le voci, i pensieri, che si alternano.
Sentiamo i dubbi di George, la cattiveria di Phil, i nervi di Rose, i propositi segreti di Peter, e pure le fragilità del Dottor Gordon e di un figlio di un capo indiano come Edward Nappo.
Si alternano, in modo splendido, tra un capitolo e l'altro e poi pure tra una riga e l'altra, dando vita ad un grande romanzo di quelli difficili da dimenticare.
Ora, la trasposizione al cinema la temo, e non solo perché non sono riuscita ad immaginarmi né Cumberbatch né Plemons come i due protagonisti, ma anche perché così avvinta dalla scrittura di Savage mi chiedo come riuscirà la Campion a rendergli onore.
Grazie per la menzione, felicissimo che ti sia piaciuto!
RispondiEliminaGrazie a te per avermelo fatto scoprire, magari il film sarà all'altezza ma meritava di essere prima letto!
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