14 luglio 2021

Meek's Cutoff

I western, si sa, non sono il mio pane quotidiano.
Ci provano spesso a tirar fuori il genere dalla polvere, c'hanno provato i Coen, Tarantino, più recentemente pure Tom Hanks.
C'ha provato anche Kelly Reichardt, non solo con il First Cow che sta motivando il recupero della sua filmografia, ma prima con Meek's Cutoff che romanza una storia tragica e vera, una di quelle leggende del vecchio west.
La storia, è semplice.
Un gruppo di immigrati si affida alla guida piuttosto beona di Stephen Meek per raggiungere le Blue Mountain. Lasciano la via maestra a favore di una scorciatoia, ritrovandosi così in pieno deserto, ad allungare il viaggio di settimane e a rischiare la vita tra la presenza degli indiani e la mancanza d'acqua.


Va detto che Meek's Cutoff non è un film facile.
Western esistenziale dove contano più i silenzi, i paesaggi desertici pieni di bellezza ma anche di morte.
Un western che ricorda Malick, con immagini suggestive che valgono da sole l'impegno che richiede la visione.
Il cast è di quelli notevoli, quelli che nonostante tutto -il genere, il ritmo- invitano alla visione: dalla coppia nella vita Zoe Kazan e Paul Dano, alla solita, bravissima, Michelle Williams che dopo la tormentata Wendy torna a collaborare con Reichardt in un ruolo pieno di cuore. Una moglie devota e volitiva, che difende l'indiano catturato da morte certa e violenze varie.
Un tocco di umanità che sembra mancare al resto del gruppo, divisi in speranzosi e pessimisti, vendicativi e religiosi, pragmatici e spaventati.
Con verdetti presi all'ombra di un falò, la pazienza e le scorte di acqua ormai ridotte a un filo.


Siamo davanti a un survivor movie, in fin dei conti, fatto di tappe e di breve speranza quando un fiume o un corso d'acqua viene avvistato, quando un albero si staglia ad indicare che forse si può proseguire.
La storia vera parla di un gruppo di disperati più ampio e di un numero di morti notevole, con segni lasciati in mezzo a quel nulla ora esposti nei musei.
Qui, invece, il destino delle tre famiglie resta sospeso a metterci per un altro po' nei loro panni, a guardare con attesa il dietro di una collina, di una curva, di una discesa.


Lontano dai due piccoli e intensi film degli esordi, qui il respiro è più ampio.
Reichardt si concede più minutaggio, un cast più nutrito.
Più americano, certo, ma anche apparentemente meno sentito rispetto a quello che Old Joy e Wendy Lucy sapevano trasmettere.
O forse è come sempre la mia poca propensione al western a parlare e a preferirgli altri generi.



Voto: ☕☕½/5

Nessun commento:

Posta un commento