10 settembre 2021

Venezia 78 - Giorno 9

Convince anche l'ultima cartuccia italiana della Mostra, ma in questa giornata c'è spazio anche per mia personale sorpresa tutta da cercare e scoprire. 

America Latina 
Un dentista affermato, una famiglia perfetta, una villa da invidia. 
Una serata a settimana dedicata agli svaghi con il migliore amico. 
Finché una lampadina rotta non cambia tutto. 
Meglio non dire di più, anche se forse altrove si è già scritto. 
Meglio lasciare la sorpresa a rendere ancora più sconvolgente, ancora più sinistra, la visione del nuovo film dei Fratelli D'Innocenzo. 


Alla terza prova, ritrovano Elio Germano protagonista a cui si sta stretti, strettissimi, in primi piani intensi esaltati dai colori acidi di quella casa che un paradiso non lo sembra più, andando pure a citarsi in quella inquadratura diventata un'icona ripresa da Favolacce.

Viviamo il suo incubo, anche se forse il generatore di queste paure è proprio lui, che sembra un mostro mentre si muove, nell'oscurita della notte. 
Che ha fatto? 
Che è successo? 
Cosa si è dimenticato? 
Parte da un'idea semplice, da un soggetto che è caro al Presidente della giuria Bong Joon-ho per poi svilupparsi in modo del tutto personale, a tratti claustrofobico, altri eccessivo. 

Un incubo ad occhi aperti che questa volta è personale e non collettivo, in una storia volutamente centrata sul singolo che è però ugualmente grande. 
Tra inquadrature artistiche e derive degne di un horror, non può che convincere.


The blind man who did not want to see Titanic

Ogni anno lo aspetto. 
Quel piccolo film che vedo a scatola chiusa che finisce per sconvolgermi, per incantarmi e che io finisco per consigliare a tutti, senza star lì a pensare a pregiudizi e snobismi per il suo essere di nicchia. 
Credevo di averlo perso, mancato in una programmazione difficile da gestire, e invece eccolo qua. 
Viene dalla Finlandia ed ha un titolo bellissimo. 


Jakko è un amante del cinema. 
Quello di Carpenter in particolare. 
Ma non ha mai visto Titanic. 
Troppo per lui, fan del James Cameron di Alien e Robocop. 
Ora, Jakko è cieco, in carrozzina. Vive solo nonostante genitori e infermiere preoccupati e ha una relazione al momento solo telefonica con una donna a sua volta malata. Parlano per ore, si punzecchiano, si sorridono a distanza. 
Finché Jakko decide di sfidare il mondo esterno ed andarla a trovare. 
La sua sete di libertà si deve scontrare con il mondo là fuori e non è solo questione di barriere architettoniche. 
Il film, quindi, si trasforma, caricandosi di tensione che l'ironia alla Chandler di Jakko stempera in modo sublime. 

Girato a misura e a sguardo del suo protagonista, con il suo volto, il suo sguardo in primo piano e sfocature e volti terzi che non si vedono a immergerci nel suo mondo. 
Un mondo che è anche quello di Petri Poikolainen, il protagonista a sua volta malato di sclerosi e cieco che offre una prova incredibile. 
In soli 82 minuti fa ridere, sorridere, commuovere e spaventare.
È un urlo ed è anche un sussurro, di aiuto e di attestazione: io ci sono. 
In cui ogni nerd di cinema può riconoscersi e amare questo personaggio unico. 


Les Choses Humaines

Lui è figlio di una famiglia di intellettuali e ricchi. Studia a Stanford, torna perché il padre, celebre giornalista, verrà insignito della Legione d'Onore. 
Lei è la figlia del nuovo compagno della madre di lui, ancora liceale, scappa da una madre ebrea ortodossa. 
Vanno insieme ad una festa e il giorno dopo lei denuncia lui per stupro. 
Le prove di un rapporto ci sono, ma il tutto è la parola di lei contro quelle di lui, a spezzare una famiglia, una coppia, gli ideali, soprattutto di quella madre femminista schierata contro la violenza sulle donne. 


Viviamo le indagini, viviamo il processo, senza sapere a chi credere, schierati pure noi in base alla nostra sensibilità con una zona grigia a cui è difficile togliere ogni ragionevole dubbio. 
Quel che è certo è che le vite di entrambi questi giovani sono spezzate.

Adattamento dell'omonimo best sellers francese, il film continua il dibattito su come certi casi vengono o non dovrebbero essere trattati, senza trovare una risposta che possa soddisfare entrambe le parti. 
Non è un "no" non detto che viene messo in questione, è una paura non percepita che "salva" il lui della questione. 
Girato in famiglia da Yvan Attal che prende la moglie Charlotte Gainsbourg e il figlio Ben tra i protagonisti, Les Choses Humaines non può che essere attuale anche se ad essere sincero con la sua fotografia fredda, con il suo didascalismo si può dire più interessante che ben fatto. 


Leave No Traces

Varsavia, 1983.
Un ragazzo sta festeggiando, felice, in piazza. 
Ha 19 anni, ha appena finito la maturità. 
Verrà arrestato, perché creduto ubriaco, perché di disturbo a quella polizia rigida. 
E morirà. 
Picchiato a morte da quelle guardie, sotto gli occhi di un amico impotente. 
Quel ragazzo si chiama Grzegorz Przemyk: un simbolo, un martire, per la resistenza polacca. 
Figlio della poetessa Barbara Sadowska, vicina a Solidarnosc, il processo che seguirà la sua morte per rintracciare i colpevoli, per avere una condanna che dimostri la brutalità della polizia, diventerà un susseguirsi di minacce, estorsioni, mala giustizia mostrando tutte le crepe di uno Stato più interessato a salvare la faccia che non a ricercare la verità. 


Un caso forte ma tristemente ancora attuale (il pensiero non può che correre al nostro Sulla Mia Pelle e al caso Cucchi, ma anche alle proteste contro la brutalità della polizia in America). 
Jan P. Matuszynski ne fa un resoconto asciutto nonostante i 160 minuti di durata in cui ci si appassiona, ci si arrabbia, si segue il dolore di una madre senza speranze e di un amico messo sempre più alle strette, che combatte con i denti per dire la sua verità.

Non me ne voglia il regista, ma io me lo vedrei bene diviso in una miniserie, con i colpi di scena e i cambi di rotta già ben delineati a concludere gli episodio così da approfondire la parte del processo, quella inspiegabilmente più frettolosa. 
Diventato un simbolo in patria, la storia di Przemyk così tristemente ripetibile, meritava di essere conosciuta anche oltre i confini. 

4 commenti:

  1. Il film finlandese è un piccolo capolavoro. L’ho visto in proiezione ufficiale, insieme al cast e all’attore protagonista che è realmente invalido e ipovedente. Un groppo alla gola, ma di quelli che ti fanno star bene.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'ho inserito per pur caso nel programma e perché finlandese, che la filmografia nordica ha sempre un buon sapore. Che sorpresa! Mi spiace non essere stata in sala con l'attore, ma resta il gioiellino di questa mia edizione: davvero perfetto.

      Elimina
  2. Ok, con il film sul fan di James Cameron mi hai incuriosito.
    Anche se non capisco come si possa essere fan di James Cameron. XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti non lo è più nemmeno lui, o meglio, non dopo Titanic ;)
      Il prima, fatto di cinema anni '80, ne fa un protagonista perfetto e nerd a cui vorrai un sacco di bene!

      Elimina