9 ottobre 2021

Together

Durante c'è stato Staged.
Subito dopo, purtroppo, Lockdown all'italiana.
Sono seguiti Locked Down e Fuori era Primavera.
Ora arriva Together.
Già durante il lockdown effettivo si temeva l'ondata lunga dei creativi chiusi in casa pronti a scrivere sceneggiature di persone chiuse in casa.
Un'ondata che spaventa quasi più della quinta? Sesta? A quale siamo arrivati ormai?
Con la possibilità di variare a piacere su un tema spesso caro al genere distopico.
E diciamolo: non se ne sentiva né se ne sente il bisogno.
Che il periodo non è stato certo leggero, che il trauma è ancora fresco, che la pandemia è ancora in corso.
Ma, per fortuna, ci sono dei ma.


Se Staged funzionava nel suo alleggerire il momento pur dimostrando di essere limitato al momento, se Lockdown all'italiana non meriterebbe nemmeno una menzione e se Locked Down pasticciato com'è, ha cercato di variare troppo sul genere, Together è forse quello che più si avvicina alla mia idea di sceneggiatura scritta in periodo di lockdown e che del lockdown parla.
Una coppia, un figlio sullo sfondo, chiusi in casa.
A confessare quanto la cosa li stia mandando in crisi, loro che non si sopportano da anni, che preferiscono il tempo speso fuori e distanti, ora costretti a non lasciarsi mai.
Una coppia alle prese con le paure, i timori, di germi e per una madre che ha bisogno di assistenza, di un'assistenza che potrebbe contagiarla, di un'assistenza che finisce per farla ricoverare.


È la convivenza forzata fra due stronzi che non se le mandano a dire, che diventa occasione per parlarsi davvero, per riscoprire una fiamma che credevano spenta ma che deve fare i conti con gli spigoli che hanno, con la diversità che non li ha mai uniti, con le paure e i segreti da spiattellare solo per i nervi ormai a fior di pelle.
Non è un altro Malcom & Marie, altro frutto del lockdown ma che del lockdown non parlava.
È più inglese, e quindi meno pretenzioso (in senso buono), meno carnale, più ironico e cervellotico.
Il tutto, infrangendo la quarta parete.
Parlando per tutto il tempo direttamente a noi, spettatori.
Scambiando frecciatine e stoccate. 


Sembra di stare a teatro, e la sceneggiatura di Dennis Kelly per il teatro era stata pensata, poi vuoi le limitazioni, vuoi la bellezza di quanto scritto, ha portato a realizzare in 10 giorni un film in cui James McAvoy e Sharon Horgan con i loro accenti marcati, si fanno odiare e amare. 
Coppia onesta e senza filtri.
La macchina da presa si muove in pochi ambienti gestiti benissimo dagli attori, stacca poco, aumentando la sensazione teatrale del tutto.
E sono quindi le parole, i monologhi e i duetti che restano al centro, in cui c'è spazio per lacrime e risate, per la rabbia e la forza che discorsi politici spiegati in appena 90 secondi, hanno.


Insieme, McAvoy, Horgan, Kelly e il regista Stephen Daldry realizzano una vera bomba, il film perfetto sul lockdown con cui esorcizzare il timore di ricaduta.
Forse è ancora troppo presto, ma se questa è la creatività che ne è uscita, se questi possono essere i film sul lockdown, allora questa ondata che tanto spaventava, la si accetta più volentieri.

Voto: ☕☕☕☕/5

2 commenti:

  1. Sembra il film ideale per i nostalgici del lockdown. :)
    Al momento non mi ispira tantissimo, però magari tra un po'...

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    1. E per i nostalgici di Malcom e Marie, qui più adulti e più scozzesi nel loro accento.
      Un ritorno a quei giorni forse troppo fresco, ma che sa colpire.

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