4 febbraio 2023

Close

Andiamo al Cinema

Dopo i corpi che cambiano, i sentimenti che cambiano.
Ma siamo sempre lì, in quell'età dove non si hanno gli strumenti per capirsi, dove gli sguardi degli altri ci identificano più del nostro.
E siamo sempre lì, nella poesia che un regista sa creare, nei protagonisti giovanissimi che sa dirigere così bene.


Finisce l'estate e finisce un'epoca.
Inizia la scuola e inizia il confronto con gli altri.
Che non capiscono, che giudicano e che etichettano, che fanno dell'amicizia fra Léo e Rémy un qualcosa su cui spettegolare, condire con sguardi curiosi, piccole parole offensive.
Sono solo amici?
Sono forse qualcosa di più?
Come capirlo, se si è nel mezzo del cambiamento, della crescita?
Se l'affetto non è mai trattenuto ma si esprime fisicamente, liberamente, fra campi di fiori e camere condivise?
È questo però che li segna e li divide, che rende Léo consapevole di come i suoi gesti, la sua persona, possa essere fraintesa lui che non sa se vuole essere frainteso.


Quando un'amicizia si rompe, si rompe un mondo.
In un modo tragico e non prevedibile, che non può che spezzare un'altra vita.
E come si sopravvive, allora, con il senso di colpa?
Come si va avanti, sentendosi ancor di più gli occhi degli altri a giudicare?
Close resta a misura di ragazzino, resta all'altezza di Léo, con i genitori che stanno fuori, quasi troppo viene da dire, con gli insegnanti che cercano per vie non sempre efficaci di elaborarlo, il lutto.
Ma restando appresso a Léo, si sentono i suoi i dubbi, le sue domande, il suo dolore.
E ci si sente sempre più spezzati dalla fragilità che rappresenta e che lo circonda.


Sono gli anni in cui si cambia, in cui si cerca una propria identità e un proprio gruppo, di non finire etichettati fra gli ultimi.
Qualunque cosa voglia dire.
Sono gli anni più difficili, in cui tutto, compreso se stessi, è contro.
Bo Burnham li aveva già mostrati in tutta la loro ansia in Eighth Grade, facendo di feste in piscina, di scambi genitoriali, un qualcosa di fortemente doloroso.
Qui gli strumenti a disposizione sembrano meno per affrontare il presente.


Meglio mettere le mani avanti, perché è impossibile non sentire tutto il dolore che Rémy prima e Léo poi, provano.
È quasi difficile andare avanti con la visione, con le decisioni che entrambi prendono, e si vorrebbe entrare in scena, abbracciare, consolare, cercare di spiegare o semplicemente di esserci, cercando di sostituire quei genitori altrettanto spezzati che non sanno come andare avanti, di dar man forte ad un fratello altrettanto fisico, presente.
Eden Dambrine, scelto per caso, dopo tanti provini, assieme a Gustav de Waele, ha il volto giusto, ha una bravura incredibile nell'essere Léo.
Il suo sguardo, protettivo, fragile e infine pieno di tristezza anche nel mezzo del divertimento, resta.


Tra coltivazioni di fiori che fanno ancora più male con la loro bellezza, piccole metafore di cura e crescita che rendono dolorose anche le scene di transizione, Lukas Dhont si conferma un regista che punta il suo sguardo ai grandi cambiamenti, ai grandi dolori che ci si porta dentro quando l'infanzia finisce.

Voto: ☕☕½/5

5 commenti:

  1. Sperando sia ai livelli di Eighth Grade, o quasi, lo guarderò con fiducia...

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    1. Qui il dramma è molto più intenso, prepara i fazzoletti.

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  2. Risposte
    1. A chi lo dici, più va avanti, più fa male.

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    2. Close è fuori della realtà. Nel mondo attuale queste amicizie forti con sprazzi di omosessualità non esistono.

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