20 giugno 2025

L'Amore che non Muore

Andiamo al Cinema

Non è un amore folle, quello tra Jackie e Clotaire, è un amore pazzesco.
Gioca con questo gioco di parole il titolo originale del titolo campione d'incassi in Francia, Amour Ouf (e non Fou), tristemente tradotto in italiano con L'Amore che non Muore.
E viene da dire che pure i francesi sanno essere pazzeschi, nel fare commedie semplici, drammi sociali, e poi innamorarsi sempre delle stesse storie e abbandonarsi pure loro nel fiume della nostalgia, la vera malattia di questi tempi.
Per chi ha visto Leurs enfants apres d'eux, la trama sembra speculare.
Certo, entrambi sono tratti da due romanzi che sembrano parlare proprio alla generazione che è stata giovane vuoi negli anni '80 vuoi nei '90.


Abbiamo un ragazzo con una famiglia non certo perfetta, che di certo non lo segue, che lo lascia bighellonare con i suoi amici e compiere piccoli crimini finché non incrocia la gente sbagliata, o quella giusta, dipende dai punti di vista, capace di fargli fare un salto di qualità nei guadagni e nella fedina penale.
Dall'altra abbiamo la brava ragazza, quella studiosa e ligia, che persa la madre in un incidente ha stretto un legame ancora più forte con un padre amorevole e protettivo. 
Nella nuova scuola, Jackie finisce per conoscere Clotaire, che non la frequenta ma da bullo qual è, sta nei paraggi per prendere in giro un po' chiunque.
Insomma, abbiamo Romeo e Giulietta, abbiamo la testa calda e la crocerossina che è convinta di poterlo assolvere e cambiare, finché un colpo di pistola cambia tutto.
Cambiano così anche gli attori, perché passano 10 anni e  Clotaire dal carcere esce, anche se non è facile farsi una vita dopo essersi sacrificato per chi non sembra dovergli niente.
Jackie invece una vita se l'è rifatta, dopo molti bassi, dopo molta tristezza, senza più fiducia si è accasata per bene con il classico tipo non tanto cattivo, quanto ricco e quindi convinto che tutto gli sia dovuto.


Iniziate a essere stanchi come me della trama? 
Purtroppo non va molto meglio in quanto a cliché, con una colonna sonora d'annata che fa fare tuffi di nostalgia in modo internazionale visto come si passa da Sinéad O'Connor, ai Cure, con scene focose che per Adèle Exarchopoulos sembrano da contratto e momenti al limite del kitsch. Volutamente.
Il problema sta forse qui, nella regia calcata di Gilles Lellouche, che prende la patina degli anni '80, i toni e i colori, e osa in continuazione con una macchina da presa che non sta mai ferma, ma mai fino in fondo. Presentato come commedia musicale, ha dalla sua una sola scena di ballo che non trovando un seguito o una continuazione, è un filo imbarazzante. Sarà rimasta nei minuti tagliati dopo la presentazione a Cannes? Sembra di sì.
Il cambio degli attori, un po' a sorpresa visto i nomi noti coinvolti, non è dei più apprezzabili. Sarà che a differenza di Exarchopoulos e François Civil, sono più credibili Mallory Wanecque e Malik Frikah, mentre a Vincent Lacoste con quella faccia da sberle tocca il solito ruolo da faccia da sberle.


Tralascio la sensazione incredula tutta personale di un primo amore così totalizzante a un'età così acerba da annullare ogni possibile maturazione in dieci-anni-dieci, è forse solo la cinica che è in me a non trovare così pazzesco questo amore che ha nella violenza di Clotaire fin troppi campanelli d'allarme.
Ma siamo al cinema, e siamo nella versione francese di West Side Story che era già la versione americana di Romeo e Giulietta, giusto?
Tra scioperi operai e criminalità che passa dalle rapine allo spaccio abbiamo anche il contesto sociale che in Francia non manca mai, anche se qui fa da solo sfondo per struggimenti e un rincorrersi continuo.
Ma a mancare, alla fine, è del vero interesse, per un amore, per una storia che sa di già visto anche se raccontato in modo così vivido e così pulp. Con la violenza, la passione, la musica che esplodono a far sospirare i non più giovani, più dei giovani, in un ennesimo bagno nostalgico francese così inutilmente esagerato nella sua durata e così poco equilibrato nelle sue parti.

Voto: ☕☕/5

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