17 dicembre 2025

IT - Welcome to Derry

Mondo Serial

Da trauma infantile a film dell'anno.
Chi l'avrebbe detto alle me 6enne messa davanti al televisore perché "hey, ci sono dei bambini e un clown, sarà un film per bambini!" (cit. mia madre) e come un'intera generazione segnata dal ghigno di Tim Curry, che ci avrebbe fatto pace 34 anni dopo, coronando IT-Capitolo Uno come miglior film dell'anno?
Sono i giri che fa la vita, e anche se la seconda parte del film di Andy Muschietti aveva deluso le aspettative e si era fatto meno malinconico, meno sognante, con gli adulti chiamati a far pace con la loro, di infanzia, Muschietti ha deciso di non mollare l'osso.
Prendendosi a cuore il romanzo fiume di Stephen King e approfondendo quei capitoli interlocutori, quelli che mostravano le altre stragi perpetrate a Derry a 27 anni di distanza l'una dall'altra.
Il materiale di partenza, insomma, c'era. 
La voglia di tornare a Derry pure e la possibilità di farlo con Bill Skarsgård a incarnare nuovamente il clown Pennywise sembrava consegnarci un prequel (che forse è un sequel) degno dei nomi alla produzione.
Com'è andata?
Vorrei dire bene fin dall'inizio, ma mentirei.


Perché se c'è una cosa che non fa paura è la CGI fatta male.
Effettacci davvero brutti che rovinano una scena di apertura di grande tensione, in un'auto da cui non si può scendere e in cui si viene attaccati… da un feto volante. E la tensione è bella che rovinata.
Visto che gli attacchi ai bambini da spaventare per renderli più saporiti proseguono poi tra lampade alla Ed Gein, fantasmi nel cimitero, sottaceti parlanti mi è venuto da chiedermi se questi effettacci non fossero un omaggio alla versione televisiva del 1990, che vista oggi con occhi adulti ha più di qualche pecca. Ma perché non far fare il lavoro sporco agli artigiani del mestiere, a truccatori e scenografi o semplicemente non affidarsi a Bill Skarsgård che quando entra in scena, beh, se la mangia? Letteralmente viene da dire. Il suo Pennywise ipnotizza con la voce, con le movenze, con lo sguardo, poi anche qui, ovviamente si perde la magia con una bocca che si apre e mostra denti su denti sapientemente (si fa per dire) ricostruiti digitalmente.
Nella mia diatriba contro gli effetti digitali ho perso di vista la storia, che ci porta nel 1962.


Un 1962 in piena Guerra Fredda con le paure di un nemico invisibile, un 1962 razzista e pieno di pregiudizi vuoi verso i neri vuoi verso i nativi, un 1962 dove a scuola ci si divide come sempre fra popolari e quelli che vorrebbero esserlo.
Una storia che parte bene, con il cast giusto, con nuovi Losers di cui prendere le parti che però, purtroppo, perdono da subito i pezzi migliori.
Ed eccomi a un altro difetto di questa serie: il casting.
Attori bambini che non hanno la stessa portata del cast di promesse del film (mantenute, vedi Jaeden Martell, Sophia Lillis, Jack Dylan Grazer e Finn Wolfhard) e che non solo non reggono il confronto ma non reggono nemmeno la scena, tanto che i loro dialoghi innaturali e banali, le loro scene piatte sembrano più un modo per andare incontro alle loro mancanze che un difetto di Muschietti. Le parti adulte sono infatti molto più adulte e riuscite, e se di una base militare e dei suoi esperimenti ci interessa gran poco, abbiamo almeno una madre coraggio come Charlotte Hanlon e abbiamo un uomo del mistero come Dick Hallorann che la luccicanza sembra saperla governare.
Ma la sceneggiatura di questa prima di tre parti non è esente da altri difetti.


C'è una certa lentezza che accompagna e che spossa prima di arrivare alle due-tre scene de paura di ogni episodio, c'è soprattutto il bisogno non richiesto di spiegare troppo, se non tutto, di Derry e della sua maledizione. Dall'origine di IT a quella di Pennywise, dagli easter eggs dei film fino ai piani più elementari che i ragazzini portano avanti, passando per il ruolo di spiegoni viventi dato ai nativi americani.
Se mi sono addormentata con 5 episodi su 8, qualcosa vorrà dire, ma qualcosa che funziona c'è.
E sta negli ultimi 3 episodi, quelli in cui guarda caso entra in scena Bill Skarsgård.
Funziona il fuoco, in una ricostruzione più struggente di un capitolo rovente indimenticabile del romanzo, funziona a suo modo un finale epico che allunga molto il brodo e che regala un miracolo più a favore di fanservice che della storia in sé. Sì, ci sono buchi notevoli nelle scene d'azione, ma un confronto a due sul tempo salva tutto, funziona Bill Skarsgård, ovviamente, e Chris Chalk. Molto, molto meno una Madeleine Stowe che sembra più giovane della sua controparte giovane, personaggio enigmatico che troppo rappresenta (madre, amante, amica e figlia, soprattutto) e piuttosto ridicolo nelle sue convinzioni e nei suoi travestimenti.


Mi spiace scagliarmi contro una serie TV che prometteva tanto e che poteva dare tanto, ma a partire dagli attori sbagliati, dal colpo di scena iniziale che si porta via personaggi molto più memorabili dei principali (sì, il mio cuore già batteva per Phil e Richie non è riuscito a sostituirlo), al lento arrivare a scoprire la verità, affidandosi al piagnisteo di Lilly o alle urla di Ronnie o a piani militari o alle leggende native di dubbio senso, il senso di misura, sembra mancare.
Questi 8 episodi rappresentano una prima di tre parti che ci porterà nella Derry del 1935 e del 1908, di cui già abbiamo scorto dei particolari. La speranza è che si tengano le parti migliori, si metta a fuoco l'obiettivo e si possa concedere a Bill di ballare ancora. Finché vuole.

Voto: ☕☕/5

1 commento:

  1. L'ho trovato un pastrocchione che butta alla rinfusa dentro di tutto, gli episodi diretti da Muschietti sono una spanna sopra gli altri quattro non diretti da lui e si giocano scene horror anche molto grafiche, ma la storia è un minestrone che dimentica i nuovi perdenti, peccato perché un paio di loro eravo davvero personaggi riusciti. Cheers

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