Mi ci ero annoiata, mi ci ero appassionata, ora l'ho dovuta salutare.
Nessuna cancellazione per bassi ascolti, o per scelte dall'alto, un ciclo che finisce, proprio come quei Penny Dreadful venduti agli angoli delle strade nella Londra vittoriana.
Non tutto è perfetto, non tutto realmente si conclude, ma tant'è, così è stato deciso e se si sta a guardare la vicenda principale, ci si può anche dimenticare di quelle sottotrame, di quei personaggi di cui non sapremo -forse mai- il destino.
Elegante, fredda all'inizio, capace di conquistarmi come sempre grazie a un amore che sboccia.
L'eleganza non cambia in questi ultimi 9 episodi: tutto è calibrato, tutto è studiato, dalle frasi da far pronunciare agli abiti sfarzosi, fino al vero motivo di successo e conquista: le prove degli attori.
Su tutte, come sempre, si staglia lei, l'inarrivabile Eva Green, ferita, abbandonata, sola.
È lei che porta avanti la serie, lei che incanta in un episodio, il quarto, di un'intensità unica, lei che si vorrebbe avere sempre, e che quando invece non compare, ci lascia nel vuoto e nella noia di un deserto americano di cui poco ci interessa, ci lascia in pena per il suo destino.
Manca l'equilibrio, è vero, la vicenda di quel cane, pardon, lupo, di Josh Hartnett interessa fin là, il dramma di Frankestein porta in scena un Dr. Jekyll di cui poco sapremo, mentre tiene banco la rivolta al femminile guidata da Lily, che pure lei, di fronte a monologhi e proclami, non scherza.
Ma è Vanessa, dicevamo, che interessa e sa suscitare interesse.
Una Vanessa che troviamo sola e desolata, che si rialza grazie a parole splendide del tenero Lyle, sarà una psicologa, una tra le prime, a rimetterla in carreggiata, a farle conoscere tra i corridoi del mio museo londinese preferito (il Natural History) un nuovo amore tanto bello quanto purtroppo impossibile, e sopratutto a farle ricordare, a farsi perdonare.
Così scopriamo che dietro il Mostro di Frankenstein, dietro John che vaga tra il freddo del ghiaccio e il freddo di una famiglia che vive negli stenti, c'è un essere umano che proprio con Vanessa intesse un rapporto fra i più umani.
Nemmeno il finale che pur si apre con le splendide note composte da Tom Kitt e cantate da Sophie Meade, riesce a raggiungere la vetta d'intensità che A blade of grass crea, ed è un peccato, perchè in una Londra buia, fetida, abitata da creature della notte, ci si aspetta tanto, e se si saluta con qualche dubbio il nuovo Mr. Hyde, se si lascia quadro tra i suoi quadri Dorian, tutto si concentra su Vanessa, sul piano per salvarla.
Lo scontro è pieno di pathos, e vede coinvolta un'altra new entry di cui sapremo troppo poco, Catriona.
Lo scontro, come già sappiamo, potrà finire solo con un bacio, che suggella un amore, la fine.
Le inquietanti creature di Dracula, il rosso del sangue che scorre copioso tra le strade della città, si ritira.
Non prima delle ultime parole, emozionanti e come sempre eleganti, che ci fanno dire addio a questa serie con qualche rimpianto, con qualche troppo di rimasto in sospeso.
Ma così è la fine.
E si sa mai, che a questo libricino d'orrore, al costo di un penny, prima o poi non se ne vadano ad aggiungere altri, con altri protagonisti, altre trame da seguire.
Harnett abbaia, sì, la lentezza si sente qui e lì, ma la Green è straordinaria. Che le diano un Emmy di consolazione? Mi è dispiaciuto per la chiusa, ma non troppo. Spesso, era sbilanciato e molti comprimari non erano degni...
RispondiEliminaFinché è durata, è stato bello (e inquietante) :)
Come sai lo avrei abbandonato alla prima stagione, ma spinta dall'entusiasmo collettivo ho proseguito...e per fortuna. Hanno voluto mettere troppo e troppi personaggi forse, e non si sono accorti di non aver chiuso davvero tutte le vicende. Ma va bene così, comunque è stato un bel vedere :)
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