Succede, no, che di tempo per leggere, e di voglia, non ce ne sia?
Succede che ti trovi alla sera stremata, in cui avresti anche mezzora per immergerti nelle pagine, ma preferisci concederla al sonno, che bussa prepotentemente alla porta.
Non aiuta l'avere sul comodino un libro con cui ancora non si è entrati in sintonia, in cui non si capisce dove si andrà a parare, come quel protagonista continuerà, nella sua corsa. Lo stile, è bellissimo, forse troppo colto per un momento che chiederebbe più leggerezza, quella leggerezza che fa sfogliare in velocità e a cui al momento giusto si torna.
Succede quindi che per questo lunedì non ho un libro di cui scrivere, ne avrei, di archiviati e negli scaffali, ma non saprei fra quelli quale scegliere.
Lo sguardo, impietoso, si sofferma allora sugli Incompiuti, su quei pochi libri che ho avuto il coraggio e la forza di rimettere al loro posto dopo qualche faticoso capitolo. Non era il loro momento, o erano stati e sono un acquisto sbagliato.
Perché in realtà fatico a metterlo in pratica il terzo dei diritti imprescrittibili di Daniel Pennac:
Un lettore ha il diritto e il dovere di smettere di leggere un libro che non gli piace, continuarlo, per forza, per una legge non scritta che provoca sensi di colpa e di abbandono, nuocerebbe ad entrambi.
E dopo averne parlato qui e là in altri lunedì, eccoli qui, i miei incompiuti.
Abbiamo I testamenti Traditi, di Milan Kundera, l'autore del mio libro preferito (L'insostenibile leggerezza dell'essere), quello che porterei su un'isola deserta e uno dei pochi che ho riletto più e più volte ogni volta trovandoci qualcosa di nuovo.
Di Kundera ho acquistato tanto, e ogni volta con i dubbi, con la memoria che inganna e non sa se questo "celo o manca", con trame che si confondono, titoli che si mescolano.
I testamenti traditi li ho trovati per caso al mercatino dell'usato, e se l'Adelphi scrivesse qualcosa di più sul retro delle sue copertine, forse avrei evitato l'acquisto.
Perché a differenza degli altri suoi romanzi, in cui al romanzato Kundera alterna riflessioni da saggista, qui è il saggio la componente fondamentale, un saggio molto colto, molto letterario, molto aulico. Troppo. Va da sé che ho cercato stoicamente di resistere, per poi gettare i remi in barca e arrendermi.
No. Non poteva funzionare.
C'è poi E non disse nemmeno una parola di Heinrich Böll, iniziato piuttosto stupidamente in aereo, direzione Amsterdam, in un viaggio in compagnia e amicizia. Che diciamolo, ad Amsterdam, in aereo, in compagnia di amici, non si va certo a leggere, e infatti ho faticato ad entrare in quella Germania triste, grigia, quasi senza speranze e povera, troppo grigia per i cieli gelidi dell'inverno olandese, troppo pesante per un viaggetto e un ritorno che gridavano leggerezza. E E non disse nemmeno una parola è ancora lì, che aspetta il suo momento, che ci sarà visto quanto Opinioni di un clown e Ritratto di gruppo con signora, mi erano piaciuti.
Infine, c'è Quer Pasticciaccio brutto de via Merulana, che nemmeno ricordo se ho finito, in realtà, troppo romano per i miei gusti, troppo strano, troppo troppo. Ecco.
Potrei parlare anche di quei libri che aspettano da anni, da un decennio e più, il loro momento, con pazienza e rassegnazione, di ben due Keruac (Il Dottor Sax, Visioni di Cody) presi sull'onda dell'entusiasmo adolescenziale di Sulla Strada, del Finnegans Wake di Joyce, che temo e che non credo di avere l'intelligenza per capire, e che non credo giusto leggere tradotto, per ovvi motivi, e che quindi probabilmente mai leggerò, e de La via del guerriero della pace di Dan Millman, regalo dei tempi del liceo, che ha quell'aurea di manuale, di "libro che cambia la vita" che mi fa essere troppo sospettosa per aprirlo.
Prima o poi, so che lo farò, al momento giusto, che come sempre arriverà. Vero?
Generalmente non abbandono, mi sento troppo in colpa, però a giudicare dai tre titoli sei giustificatissima! :-P
RispondiEliminaDi solito anch'io, tengo duro, anche più del necessario. Ma quando non ingrano, e la fatica è più del piacere (soprattutto in tempi in cui già manca il tempo), lascio. In questi casi il senso di colpa neanche c'è.
EliminaUna intera rubrica così potrei tenerla anch'io, visto che capita sempre più spesso di abbandonare (per fortuna o purtroppo) qualche libro.
RispondiEliminaSarebbe però forse ancora più interessante una rubrica sui libri che vorrei leggere, ma alla fine non riesco a farlo. :)
Una rubrica simile potrebbe durare in eterno, la mia lista è infinita e sono arrivata al punto di saltare certi articoli per non dover aggiungere altri titoli, che tristezza.
Eliminaio non amo particolarmente abbandonare i libri che sto leggendo...
RispondiEliminanel senso che quando inizio, se anche il libro non mi piace, io cerco di perseverare
però, lo ammetto, c'è anche qualche romanzo, che proprio non mi è riuscito di proseguire... come "Il piacere" di D'annunzio...
Il piacere complice un'adolescenza molto snob l'ho portato a termine, diciamo che come dice Pennac, perseverare a volte è davvero un male. Siamo giustificate ;)
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