Parlo sempre di case, lo so.
Specifico, parlo sempre della mia futura casa, e del trasloco che ne consegue, lo so.
Ma che ci posso fare se in una settimana normale, a parte i tre film di cui già parlo, qualche sporadico episodio che riesco ad incastrare, il mio tempo si destreggia tra decisioni sulla casa, commissioni per la casa, lavori sulla casa?
Già, la casa è diventato il mio centro, ma non proprio come vorrei, anche se la luce, in fondo al tunnel, la vedo e a fine mese casa vorrà dire arredare, che già suona meglio.
In queste settimane e in questi mesi, però, casa mi ha dato parecchie soddisfazioni, mi ha fatto scoprire nuovi mondi, soprattutto, che ignoravo, e fatto fare scoperte che mi hanno lasciato letteralmente a bocca aperta, o stupita.
Lo vedete questo pezzo di cemento lasciato dal vecchio proprietario? Nella casa ce ne sono una cinquantina, io e il giovine ci siamo chiesti per giorni a cosa mai potevano servire.
Ma ci arriverò.
Perché prima di scoprirli, prima di entrare in casa, abbiamo esplorato nuovi mondi, conosciuto persone, professioni, che ignoravo, o sottovalutavo.
Ed è bellissimo scoprire la passione, l'amore e la dedizione degli altri per il proprio lavoro, persone che sanno riconoscere da una venatura, una sfumatura, un colore, una pietra, un legno, un vetro.
Occhi allenati, menti preparate.
Ma più degli occhi, più delle parole con cui queste persone ti informano, ti educano, sono le mani a fare la differenza, mani sporche ma non fastidiose, mani sagge, che si muovono, accarezzano il legno, il marmo, il vetro, e te lo fanno amare.
Lo vedi che sono mani che non si stancano, segnate ma non per questo rovinate, anzi, esaltate.
E sono così persone che ti riempiono di consigli, che se potessero, ti spiegherebbero tutto, dall'inizio alla fine, il loro lavoro, la loro materia.
Come una lastra di marmo esce da una cava, come viene lavorata, come viene lucidata e infine pure tagliata.
Come un vetro si può rompere, soggetto alle vibrazioni, come è impreziosito da venature, apparenti difetti ma in realtà lavorazioni studiate.
Come un colore si stende, si prepara, si lascia asciugare.
Come un legno può cambiarlo, il colore, come lo si taglia, lo si aggiusta.
Mondi, scoperte, tutte nuove.
In cui perdersi è bellissimo.
Poi ci sono parole che mai avevo sentito, termini, verbi, di cui ignoravo il significato, a volte addirittura l'esistenza, e che sono diventati familiari.
Levigare, ad esempio.
Sì, significa lisciare, ovvio, ma levigare il legno è stata la mia attività per circa due mesi.
In pieno inverno, al gelo, con tanto di cuffia, mascherina e guanti da lavoro, ho levigato quella che era la cucina di mia nonna e che ora sarà la mia cucina, le ho tolto impregnante, vernice, le ho poi dato un nuovo colore, un nuovo impregnante.
"Io e la mia levigatrice stiamo bene insieme", cantavo cercando di non pensare alla fatica, alla stanchezza che modificare una semplice anta comportava, alle ore che si portava via.
Calandrare, poi.
Parola, termine, che mai avevo sentito, e che in un solo incontro di appena 10 minuti, mi sarà stato ripetuto una ventina di volte. Calandrare il ferro, curvarlo, pazientemente portare la sua fissità, la sua precisione netta, a una dolce curva, una leggerezza nuova.
Che poi pure qui, per il tavolo dei miei sogni, la calandratura sia ovviamente difficile, se non quasi impossibile, è un'altra storia che spero troverà un lieto fine.
Armare, infine.
E non parlo di una nazione, di un esercito.
Parlo del cemento. Parlo di costruire una muretta, una recinzione, bassa, per carità, ma che va armata. Va preparata, insomma, vanno messi confini solidi, barriere, dove poi gettare il cemento. Ed è bello scoprire che i centimetri non fanno la differenza, o la fanno di 50 in 50, perchè armi 20, armi 30, poco cambia. Armi 80, e allora armi doppio.
Ed è stato proprio questo armatore, questo costruttore dalle mani meravigliosamente segnate, dalle cicatrici che raccontano ognuna chissà quale storia, a farmi fare la scoperta più bella, piena di filosofia:
Il peso, non dorme non mai.
Il peso, di una casa, di un pavimento, di un sentimento, pure, non finirà mai il suo lavoro, il suo dover pesare.
Lo lasci lì, e lì continua a stare, incurvando un po' quel pavimento, quelle travi di legno del soffitto, quell'angolo di cuore, segnandolo in modo indelebile, anno dopo anno.
Ah, se vi state ancora chiedendo a cosa serva quel pezzo di cemento, serve a far crescere una pianta in larghezza. Posto su di un ramo, lo abbassa, lo incurva (ma non lo calandra, che è diverso), permette ai frutti di quella pianta di essere colti con più facilità.
E' la prima volta che vedo questo oggetto e non immaginavo proprio servisse a quello, comunque la canzone è perfetta ;)
RispondiEliminaLa canzone ora l'ho declinata anche con la carriola, l'acquisto migliore dell'anno ;) Quello strano oggetto nemmeno mia nonna l'aveva mai visto, diciamo che il vecchio proprietario ne aveva di inventiva!
EliminaOrmai sei tutta casa e blog. :)
RispondiEliminaRiguardo al pezzo di cemento che serve a far crescere una pianta in larghezza non so se sia una cosa geniale, oppure una cacchiata. :D
Preferirei essere tutta casa e cinema, ma mi accontento ;)
EliminaIl vecchio proprietario, in quanto a invenzioni e inventiva, ne aveva a palate, ogni angolo di giardino regala sorprese!