23 settembre 2017

7 Psicopatici

E' già Ieri -2012-

Ho fatto ieri la mia confessione e il mio mea culpa, ma diciamo che il vero film per cui dovrei sentirmi in colpa, e che dovevo vedere, è questo.
Sì, perchè il mio debole per le sceneggiature intricate, il mio amore per uno come Charlie Kauffman trova qui il suo vero elemento affine, in una sceneggiatura senza sbavature, o meglio, che anche quando sbava e scivola, lo fa alla grande, in un gioco di incastri, di realtà e finzione, di doppie letture, che non può che fare la felicità mia e quella di chi ama il cinema.



Marty è uno sceneggiature in crisi (sic.) bloccato sull'idea di scrivere un film con protagonisti 7 psicopatici.
Peccato che al momento l'unico psicopatico che forse ha delineato, è uno psicopatico buddhista. No amish, no, quacchero.
Gliene mancano 6.
La realtà e l'amico e compagno più fidato gliene offrono un secondo: per le strade di Los Angeles si aggira un killer che uccide membri e affiliati della mafia. E della Yakuza. No, solo della mafia.
Inserirlo? Certo.
E che dire di un vietnamita vestito da prete pronto alla vendetta?
La realtà, poi, si mescola ulteriormente alla finzione fornendo altri psicopatici, un mafioso spietato pronto ad uccidere chiunque, pure quell'amico fidato e il suo socio che rubano cani, in particolare Bonny, il suo di cane, una coppia di assassini di assassini che si presentano alla porta di Marty stesso e infine, un ultimo psicopatico che forse già si conosce.
Si mescolano, realtà e finzione, anche nella costruzione della sceneggiatura stessa, con una seconda parte che non doveva funzionare in teoria ma funziona alla grande in pratica, e con lo sviluppo della storia di quel vietnamita che fa pure commuovere.


C'è della genialità, insomma, in un film che scopro troppo tardi.
C'è della genialità in un regista che avevo già capito essere più interessato alle parole, al loro intreccio e sviluppo, pur sapendo come costruire sparatorie, inizi stupefacenti che ricordano (sì, lo sto per dire) quelli di Tarantino, scene d'azione e racconti nei racconti, pieni di fascino e pure di poesia.
Anche quella seconda parte a detta dello scatenato Sam Rockwell troppo alla francese, troppo lenta, sa il fatto suo, pur rallentando l'azione effettivamente, ma trovando il finale perfetto che si aspettava.
Persi nel deserto di Joshua Tree, immersi nelle musiche country del fido Carter Burwell, ci si delizia in questa versione sanguinolenta e folle e psicopatica de Il ladro di orchidee, in cui primeggiano attori che non si trattengono, e tra un Colin Farrell che continua a stupirmi, un Christopher Walken tenero e coraggioso e un Woody Harrelson dal cuore di panna per il suo quattrozampe, una menzione speciale va fatta a Tom Waits con il suo coniglio bianco.


Regia Martin McDonagh
Sceneggiatura Martin McDonagh
Musiche Carter Burwell
Cast Colin Farrell, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Christopher Walken
Se ti è piaciuto guarda anche
Il ladro di orchidee, un film a scelta di Tarantino

4 commenti:

  1. Divertente ma niente di che, gli attori sono eccezionali ma la storia non è granché, comunque mi meraviglio di te che non avevi visto questo film ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tutta colpa di Colin Farrell, ma felice di aver rimediato, perchè per me il punto del tutto è proprio la storia, o meglio, la storia nella storia :)

      Elimina
  2. Io ho preferito decisamente In Bruges a questo, che mi è sembrato un po' una brutta copia di Tarantino.
    Strano ti sia piaciuto tanto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo zampino alla Kaufman, e la maggior attenzione alla sceneggiatura, me lo fa preferire. Poi qui non c'è Gleeson ma c'è Rockwell, tutta un'altra cosa.

      Elimina