La Russia, si sa, non è famosa per le famiglie felici.
Ženja e Boris non sono certo l'eccezione.
Anzi, a dirla tutta, famiglia già non lo sono più. Costretti alla convivenza solo fino alla vendita del loro appartamento, di fatto già ognuno in un'altra relazione, più soddisfacente, più felice. Ad unirli, solo un figlio, arrivato come una sorpresa, in realtà mai voluto e cresciuto con questa verità più volte urlata.
Succede però che Alëša non torna più a casa.
Succede che se Boris rimane fuori la notte dall'altra compagna (in attesa di un altro figlio, di certo non propriamente voluto, di fatto un'altra sorpresa che complica la loro storia), Ženja torna altrettanto tardi e nemmeno controlla se Alëša sta bene o è a letto.
Risultato: Alëša non c'è, non torna, non tornerà. La polizia crede in una fuga volontaria, e la tensione, le parole che volano, le disattenzioni di due genitori più impegnati a rifarsi una vita che a darne una degna al figlio che hanno, non aiuta a cambiare idea.
Loro, però, non demordono.
Chiamano in aiuto volontari che organizzano battute di ricerca, investigazioni, costringono i due a comunicazioni forzate, a guardare in faccia il peggio e a dare, se necessario, il peggio di sé.
Nel mentre, la Russia che non dà mezzi alla polizia, la Russia dei tanti giovani scomparsi, la Russia delle famiglie allo sfascio e quella dell'apparire prima di tutto, emerge.
Che ci si aspettasse un film freddo, glaciale, è quasi un cliché.
Ma Loveless questo è: freddo ed elegante, anche nell'inquadrare palazzine in rovina, case devastate e madri ingombranti.
Il cuore non c'è, proprio come Alëša e il suo giubbotto rosso, abbandona dopo pochi minuti la scena lasciandola vuota di colore, di calore, per non tornare mai più.
Così, al film che sotto sotto si fa denuncia, che come già in Leviathan mostra attraverso una famiglia, pochi personaggi, una società alla deriva con le sue contraddizioni, Loveless si fa anche film investigativo atipico, in cui ogni passo compiuto da un'organizzazione quanto mai organizzata, fa sperare, fa battere il cuore senza per questo arrivare a una risoluzione finale.
Quel figlio che non si era mai voluto, quel figlio che ha portato alla rovina due esistenze -per loro stesse parole-, proprio ora che non c'è più, che è come se mai fosse stato, fa sentire il suo peso.
Certo, il senso di colpa lo si nasconde bene, tra filtri di Instagram e nuove culle, nuovi vestitini a cui pensare, ma le crepe, sulla nuova vita che Boris e Ženja stanno costruendo, già si sentono.
E si fatica a sopportarli, Boris e Ženja, tra urla irritanti che già ricordano quelle di una madre/padrone, e silenzi pieni di borbottii, di mancato imporsi, che mostrano come e perchè quella famiglia non s'aveva da fare.
Il gelo si avverte anche a livello tecnico, con la regia che si muove tra spazi abitati e natura incontaminata, con la fotografia che mostra il tempo che passa, la speranza che affiora, ma che resta lì, appesa al ramo di un albero, come un monito, una sentenza.
E questa natura doppia, questo essere internazionale e nazionale, fa del film un candidato ideale, e vendibile, per gli Oscar.
Regia Andrej Zvjagincev
Sceneggiatura Oleg Negin, Andrej Zvjagincev
Musiche Evgenij Gal'perine, Saša Galperin
Cast Mar'jana Spivak, Aleksey Rozin, Matvey Novikov
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Voto: ☕☕☕/5
Ispira un po' di pesantezza, ma recupererò in tempo di Oscar, sì. :)
RispondiEliminaA sorpresa, meno pesante del previsto. Certo, leggero non è, ma il dramma e la società che mostra sono più vicini di quello che cortine di ferro e pregiudizi fan pensare.
EliminaPessimismo storico a quintali. "Loveless" angoscia e preoccupa. Insospettisce anche : che sia un punto di vista estremo e " duro" del regista ? Ma è anche un film così ben fatto da farmi pensare che meritava la statuetta agli Oscar.
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