7 novembre 2018

Tito e gli Alieni

E' già Ieri -2018-

Che fosse un piccolo film, lo sapevo.
Che fosse strano, pure.
Che ci fosse del buono lo speravo, a fare da garanzia non solo le parole di Mr. Ink direttamente da Torino, ma pure la presenza di Valerio Mastandrea che, si sa, i progetti a cui partecipare li sceglie bene.
Diciamo fin da subito, però, che mi aspettavo un po' meno "piccolezza", un po' meno amatorialismo, e un po' più profondità nella scrittura.
Ma non importa.



Tito e gli alieni, Tito e lo zio che vive nel deserto americano, Tito che il padre e la madre li vuole rivedere, sa come conquistare.
La storia è sempre quella: uno zio disadattato, scienziato pazzo che ha perso l'amore per il suo lavoro e per la vita dopo la perdita della compagna, si ritrova a fare da padre ai due nipoti rimasti orfani.
Loro sognano Las Vegas, lui li confina nel mezzo del nulla e li abbandona a loro stessi, o alle cure di un'organizzatrice di matrimoni spaziali.
Anita, ovviamente, non ci sta, adolescente ribelle e arrabbiata cerca più volte la fuga.
Tito, ovviamente, non ci sta, non ascolta, fa di testa sua, curiosa e conosce un computer/robot costruito dallo zio, che nello spazio cerca segnali di vita.
Lo zio fa quel che può, mentre il governo e l'esercito americano minacciano di chiudere il suo esperimento.


Il lieto fine è dietro l'angolo, prevedibile quanto sono prevedibili le azioni e le conseguenze di questo cambio di abitudini.
La recitazione è al minimo sindacabile, ma non facciamo dei giovani attori una colpa.
A colpire, allora, è la regia che prende ispirazione dalle geometrie del cinema più indie, saturando i colori, esagerando in stranezze che ricordano i film fantascientifici per ragazzi degli anni '80.
Onestamente, anche se l'amatorialità la fa da padrone (anche nel finale in cui ci si potrebbe commuovere, ma si è più intenti a storcere il naso di fronte a certi effetti speciali),  basterebbe una singola scena a far sopravvivere Tito e gli alieni nella mia mente: una scena di ballo, quasi improbabile, fra un tenero e disorientato Mastandrea e l'umanoide al femminile.
Il resto, che un po' irrita, un po' si fa prevedibile, scorre e passa via.

Voto: ☕☕/5


7 commenti:

  1. A una seconda visione, effettivamente, avvenuta questa volta non a scatola chiusa, ero meno incantato e colpito anch'io. Però che brava la Randi, e che bella Clemence!

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    1. Qualcosa di buono e bello c'è, però ho faticato con i due ragazzini e con qualche prevedibilità di troppo :)

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  2. Dalla sua ha il sapore dei film per ragazzi anni '80, pieno di strane avventure e strani personaggi com'è. Resta però dell'amatorialità e della semplicità che non aiutano il risultato finale, sei avvertito ;)

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  3. Inaspettatamente carino, sicuramente non perfetto ma ce ne fossero di film italiani così!

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    1. Carino e spiace quasi trovargli questi difetti, di certo è una ventata di novità e di ottimismo fra i soliti film italiani che escono.

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  4. Ero convinto che ti sarebbe piaciuto... :) io l'ho trovato carino, nei limiti dell'evidente ristrettezza di mezzi con cui è stato realizzato. Però mi è sembrato sincero e toccante, certo un po' "naif", ma capace comunque di affrontare temi importanti (come l'elaborazione del lutto da parte degli adolescenti) in maniera semplice ma non superficiale.

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    1. Le carte per piacermi effettivamente c'erano tutte, ma quando sbava un po' la storia e i piccoli protagonisti fanno più antipatia che simpatia, il risultato mi si incrina. Qualcosa, però, si salva come hai visto ;)

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