Ero tra i pochi che non si erano uniti all'entusiasmo generale attorno alla Casa di Carta (vedere QUI).
Ero fra quelli che ne avevano subito i tanti difetti -di scrittura, di sviluppo, di recitazione- a fronte di un'idea e di tanti elementi diventati giustamente di culto.
Motivo per cui questa terza stagione non l'aspettavo.
Il finale era bello anche così, per quanto difettoso in quello che lo precedeva.
La lunga campagna mediatica mi ha logorato, con quelle maschere, quelle tute, quelle facce a campeggiare continuamente nei social.
Ma la terza parte è arrivata e in meno di 48 ore l'ho vista.
Il binge watching è già di per sé una risposta alla tanta attesa collettiva: se una serie -per quanto ancora difettosa- si fa mangiare un episodio dietro l'altro, significa che qualcosa ha.
In questo caso, un altro piano ben architettato -ma ovviamente non così riuscito- e dei personaggi che forti della loro caratterizzazione puntano proprio su questa -che sia il matriarcato di Nairobi, la risata di Denver, il fascino nerd del Professore e, sì, la faccia da sberle di Tokyo.
Per arrivare a questo piano, però, serviva un motivo.
Il motivo parte dalla noia di Tokyo confinata su un'isola deserta con il suo Rio (mentre il resto della banda fa un po' quel che gli pare in località molto più alla mano, ma vabbé). Passa per le scelte stupide che l'amore fa fare -una telefonata facilmente rintracciabile- e arriva fino alla tenuta in ostaggio con tanto di tortura ai danni di Rio.
La banda va rimessa insieme, lo si deve salvare, e lo si fa rapinando la riserva aurea della Spagna.
Un piano che Berlino -che torna sì, ma sotto forma di flashback- aveva ideato ma che il Professore aveva scartato a favore della Zecca.
Passato l'inevitabile inizio fatto di scene fan-service e di improbabili giri del mondo (il budget di Netflix si fa sentire), passati anche i primi momenti di escalation in cui il piano della rapina viene messo in atto e il nuovo leader Palermo prende in modalità copia/incolla il posto di Berlino, arrivano i difetti.
Che sono sempre quelli: un apparato militare che non si raccapezza, che lascia passare un civile come Arturito tra le sue fila e cade in facili tranelli nonostante il nuovo boss volutamente odioso; e scelte senza senso della stessa banda: tra cuori infranti nel bel mezzo del piano, orsacchiotti recuperati senza un perché.
Ma lo ammetto: ho storto il naso meno del previsto, ho sbuffato solo qua e là, anche se soprattutto in quel finale allungato per portare dritti dritti a una quarta parte già confermata dal cast.
I difetti sono poi quelli che sempre più riempiono le serie che i fan acclamano (vedi Stranger Things): recitazione a favore di meme e gif, sceneggiatura con frasi ad effetto da scrivere sui propri social, canzoni che ritornano (e nonostante tutto a me fa sempre male sentire inserite così), il corpo di Tokyo in bella mostra perché che altro potrebbe fare Úrsula Corberó ora che ha perso metà del suo fascino con il nuovo taglio di capelli?
E cosa posso farci, se pure io tutto questo l'ho visto in appena due serate?
È la serialità ai tempi di Netflix, bellezza.
Voto: ☕☕½/5
Se le prime due mi avevano divertito, questa la sto trovando più trash e forzata che mai. Tokyo, poi, più insopportabile del solito.
RispondiEliminaTokyo mai e poi mai sopportata, qui sempre mezza nuda, sempre con quel broncio che mah. Sarà mica recitare.
EliminaA questo trash sono riuscita ad abbandonarmi meglio rispetto alle prime stagioni, sarà che ero preparata, sarà che poteva andare peggio.
Ammetto che la curiosità per scoprire come andrà questa guerra c'è, e forse partendo prevenuta visti tutti i difetti che già gli imputavo mi ha aiutato a godermi meglio lo spettacolo. Il potere di Netflix è difficile da battere.
RispondiEliminaTrash e imperfetta, ma sempre una goduria da vedere. Perfetta per l'estate, come un tormentone. :)
RispondiEliminaEsatto, ero pronto al peggio e a sbuffare in continuazione e invece complici le aspettative, la stagione, me la sono goduta tutta d'un fiato.
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