Tra Maus e Jojo Rabbit si è scritto in questi giorni su come parlare di Olocausto, di quello che è stata la II Guerra Mondiale, in modo diverso.
In modo da attrarre e non spaventare, interessare e non annoiare.
Andando al di là di fredde informazioni statistiche, di racconti troppo brutali o buonisti.
Perché purtroppo, per non dimenticare, si deve anche saper rendere appetibili, originali, pagine di Storia che fanno paura.
A questo elenco si aggiunge ora il libro di Nora Krug.
Che non è solo un fumetto.
Non è solo un libro di ricerca o storico.
È un mix esclusivo di tutto questo, con vignette che si alternano a fotografie, con oggetti che entrano in scena assieme a documenti, in quello che alla fine è un diario di memorie.
Un diario che va a confrontarsi con la propria storia e con il senso di disagio che Nora ha.
Perché Nora è tedesca.
E lei che gira per il mondo, vive in America, prova sempre un brivido di vergogna ad ammettere il Paese nel quale è nata.
Non mancano battute, non mancano riferimenti al nazismo.
Ancora oggi.
Quello che Nora si chiede, quindi, è se quel senso di vergogna provato da lei e da ogni tedesco, possa essere davvero fondato per quello che riguarda la storia della sua famiglia.
Di quegli anni di guerra che sono un tabù, di cui non si parla mai in casa.
Cos'hanno fatto i suoi nonni?
I suoi zii?
Hanno collaborato con i nazisti?
Erano nazisti?
Hanno provato a Resistere, a difendere gli ebrei, o hanno come molti messo la testa sotto la sabbia?
Parte così il suo viaggio alla ricerca di informazioni, con i genitori che nati dopo la guerra hanno anche interrotto i rapporti con il resto dei fratelli, che vivono per primi il senso di vergogna e di impotenza.
Il padre in particolare, che condivide il nome con quel fratello che non ha mai conosciuto e che in guerra c'è morto.
Ma un ragazzo di 17 anni aveva scelte?
Si interroga Nora, colleziona memorabilie dai mercatini, fruga fra le foto di famiglia, cerca di ricostruire storie e pagina di Storia. Vite. Si affida a chi ancora c'è, a chi le può parlare, a storici locali e archivi aperti al pubblico.
Scava.
Fra i suoi ricordi, fra la fantasia.
Cercando così di ricucire i rapporti anche fra i genitori e il loro passato, con tombe scoperte solo ora, ricordi che si confondevano.
Mette tutto per iscritto, fotografandolo, disegnandolo.
Ricercando prima di tutto quell'Heimat che non sa collocare, quel senso di casa, di appartenenza, di familiarità difficile da definire se la Storia ti ha messo fra i cattivi.
Cercando l'equilibrio fra la paura di scoprire la verità e il sollievo di venirne finalmente a conoscenza, esce un Heimat che è un diario personale ricco, emotivo (a volte -va detto- quasi troppo lezioso nei suoi voli di fantasia) ed emozionante.
I vecchi cimeli, le vecchie foto, le parole e gli oggetti tedeschi si alternano a lettere, annunci ufficiali e pure quaderni che sembrano usciti dalla penna di Jojo.
Facendo di questo diario un bene quanto mai prezioso.
Per non dimenticare, per cercare sempre di ricordare.
Non avendo amato particolarmente Jojo, non so quanto farà al caso mio.
RispondiEliminaFaccio che mi decido a leggere prima Maus e poi vedo. :)
Qui non c'è così tanto Jojo, c'è però un modo di ricerca e di scrivere diverso per raccontare l'Olocausto dal punto di vista di chi ha ereditato le colpe.
EliminaCome mescola foto, documenti, vignette, manda in visibilio!