Andiamo al Cinema su AppleTV+
Che fine aveva fatto la carriera di Jennifer Lawrence?
Partita con una nomination all'Oscar, dopo essere passata per grandi saghe, un Oscar vinto e il sodalizio con David O. Russell, sembrava essersi arenata su blockbuster dal dubbio gusto che non esalavano né i critici né il pubblico.
A differenza dell'amica Emma Stone, che inanella e inanellava uno dopo l'altro ottimi ruoli, Lawrence un paio di anni fa ha giustamente deciso di prendersi una pausa, di riflessione e di maternità.
Ora è tornata e lo ha fatto con un piccolo ruolo.
Certo, era già tornata lo scorso anno, con un ruolo più grande in un film che tanto ha fatto discutere, ma lì, spalla di DiCaprio, gran nome fra i tanti, brillava meno.
Torna a farlo qui, in un film ad alto rischio retorica che nel suo essere piccolo, indipendente, sussurrato, sa restare.
Lawrence è Lynsey, soldato in congedo dopo una missione in Afghanistan che le ha procurato una paralisi cerebrale dalla quale, con costanza, fisioterapia e aiuto, può rimettersi.
Rimettersi significa però rallentare, accettare i consigli di un'infermiera paziente che di pazienti ne ha seguiti anche troppi, e soprattutto tornare a casa.
In quella casa che sta nella periferia di New Orleans, da quella madre che beve e che passa da un uomo all'altro, in quella casa dove il fratello non c'è più e dalla quale era scappata attraverso la via più semplice per chi di soldi ne ha pochi: arruolandosi.
Torna, e deve trovarsi un lavoro e dimostrare di poter tornare sul campo.
Pulisce piscine, stringe amicizia con James, meccanico con una cicatrice e una mancanza ben visibili, passano le giornate a bere e a conoscersi.
Sfiorando i fantasmi del passato.
Lo si vede, no, dove sta il rischio retorica?
In un possibile messaggio patriottico, in un amore non convenzionale fra feriti.
Per fortuna, il film di Lila Neugebauer evita di cadere in queste trappole, costruendo la sua sceneggiatura attorno al personaggio di Lynsey, lasciando ampio spazio a Brian Tyree Henry per emergere e farsi amare.
Mostrando la periferia, le dipendenze, i danni.
La loro amicizia, salvifica e purificante come un bagno in piscina, offre sì alla Lawrence momenti in costume che faranno felici i vecchi fan marpioni, ma ricorda agli altri com'è che era un'attrice così promettente persa fra saghe e action movie che ne valorizzavano l'estetica e non la bravura.
L'unico difetto, allora, sta forse nella brevità e nella sospensione della storia, come fosse una parentesi, un incipit, del ritorno in carriera di una brava attrice.
Voto: ☕☕☕/5
Una piccola pellicola che si inserisce in una filmografia infinita sul tema... direi che l'unico valore aggiunto è proprio la Lawrence, che finalmente si ricorda di essere un'attrice e la si apprezza.
RispondiEliminaQuanto alle scene in costume, che dire: per essere il primo film dopo la maternità... chapeau al suo fisico! :)
Nonostante l'antipatia per lei, farò una eccezione.
RispondiEliminaSpero che la carriera della mia amata JLaw continui sui sentieri di questi film indipendenti e piccoli sì, ma in realtà più grandi di molte grandi produzioni.
RispondiEliminaOnore al merito anche a un ottimo Brian Tyree Henry, che riesce a ritagliarsi il suo spazio in quello che qualcuno poteva considerare solo un "Oscar vehicle" per Jennifer