19 novembre 2025

Anemone

Andiamo al Cinema

Se ti chiami Ronan Day-Lewis ed esordisci al cinema sai già di avere un bersaglio sulla schiena, tanto vale esordire riportando alla recitazione quel padre ingombrante che ti ritrovi e di farlo con una sceneggiatura scritta a quattro mani.
Dopo 17 anni passati anche a fare le scarpe (italiane), Daniel Day-Lewis torna davanti a una macchina da presa per amore del figlio, certo, ma anche di una storia complicata che voleva raccontare.
Quella di Ray Stoker, un padre mancato, un soldato in fuga, un eremita che espia quotidianamente le sue colpe.
Quali?
Quelle di aver abbandonato un figlio, certo, ma soprattutto quei crimini di guerra durante i primi Troubles nell'Irlanda del Nord.


Vive solo, isolato, in una baita in mezzo ai boschi ed è lì che lo va a scovare il fratello che ha preso la sua vita, il suo posto all'interno di una famiglia a pezzi che ora ha bisogno di lui, di risposte.
Si tratta anche qui dell'amore verso un figlio, Brian, che si è messo nei guai, che si è sempre sentito fuori posto, con un padre ingombrante che non ha mai conosciuto, una madre che ha preferito il silenzio e uno zio la devozione e la fede.
Si scontrano questi due fratelli, che si studiano e bevono, e mangiano, e nuotano in silenzio, con l'istinto a urlare e a mettersi le mani addosso da tenere a bada, i modi imbestialiti da quegli anni di solitudine e bastarsi.
Saranno tre giorni e tre notti che passano lentamente, cercando una breccia, il momento giusto, cercando di spiegare e spiegarsi, lasciando lo spettatore farsi un'idea di questi uomini burberi e riflessivi, travolgendolo con monologhi densi resi ancor più potenti dal magnetismo di Daniel Day-Lewis che 17 anni di pausa non hanno scalfito.


Se la scelta del giovane Samuel Bottomley non è delle migliori, Sean Bean e Samantha Norton non reggono semplicemente il moccolo, ma s'impongono con i loro sguardi rotti, con la loro pazienza, il loro silenzio.
Il problema, allora, dove sta?
Sta in un ritmo lento e sonnolento, sta in una storia riassumibile in poco e con non prende mai davvero il sopravvento sulle emozioni, sta in momenti onirici, visioni e effetti speciali che tolgono invece di aggiungere magia a questo Anemone.
La regia di Ronan è di quelle che cercano l'angolazione più ricercata, che guardano all'estetica ad effetto, riuscendoci con la natura incontaminata, vista dall'alto, da dentro, con quella baita funzionale e fragile più che con la fredda e decadente casa dei Stoker a Sheffield.


L'ambizione di un film che parte da una storia singola per parlare di Problemi più grandi si sente, ma lascia fuori, con la sensazione di assistere a un padre e a un figlio dimostrare l'un l'altro la propria bravura, più che mettersi al servizio di questa storia.
Con una certa noia, un certo torpore, a prendere il sopravvento tra un monologo folgorante e una scena metaforica e l'altra.

Voto: ☕☕½/5

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