Andiamo al Cinema.
Parigi e dintorni, anni '70. Gli ideali sessantottini continuano a perdurare tra i giovani, sempre più politicamente schierati. Tra manifestazioni, infissioni abusive e proteste, i comitati studenteschi vogliono far sentire la loro voce, anche se le prime fazioni interne iniziano a crearsi. Tra loro c'è Gilles, taciturno e artista quanto basta, leader mancato che oscilla tra schiere e ideali di diversa estremizzazione, così come il suo stile di pittura continua a mutare, attraversando le varie correnti della storia dell'arte e così come anche i suoi sentimenti sono combattuti tra l'attraente Laure e la più semplice Christine.
I loro destini si intrecciano nella notte in cui, dopo aver imbrattato di scritte di protesta la scuola, la sorveglianza reagisce ad una bomba incendiaria e una guardia finisce in coma. Per non agitare le acque gli amici decidono di partire per l'Italia, dimorando in case sontuose e luoghi da sogno. Il viaggio porterà a galla l'insicurezza di tutti, dall'amore di Gilles verso Christine e il suo futuro di artista -diviso tra cinema e pittura- a Alain, che si innamora di un'americana seguendola fino in Medio Oriente.
Tornato a Parigi Gilles continuerà a cercare la sua strada, tra lavori saltuari con il padre -ricco produttore televisivo, ovviamente- e la scuola d'arte, ma sarà nuovamente l'incontro con Laure a cambiare le cose e a fargli prendere quella che potrebbe essere la strada giusta.
Gilles rappresenta appieno lo sbando che in quegli anni attanagliava una gioventù alla deriva, ricca di ideali per cui battersi e per cui rischiare ma senza ben sapere che direzione prendere in concreto per la propria vita. La vita in comune, l'amore libero, l'uso smodato di droghe viene rappresentato da Olivier Assays in modo dettagliato, portandoci all'interno di quelli che con il tempo si sono trasformati in cliché.
La frammentarietà della trama, che si snoda in Paesi e paesaggi diversi, si riscontra, purtroppo, anche nella regia. Nulla da dire sulla fotografia luminosa e carica che inquadra di volta in volta i personaggi e l'ambiente naturale che li circonda e le citazioni colte da Pascal a Simenon, ma quello che viene meno è una certa linearità al tutto. Il ritmo sembra infatti ricalcare l'insicurezza e la divagazione che lo stesso Gilles, così come la sua generazione, attraversa. Senza concentrarsi troppo su alcuni dettagli, senza dare peso ai dialoghi che spesso appaiono un po' troppo abbozzati, Assays lascia scorrere i suoi personaggi senza dar loro il peso necessario. Gli ideali politici si fanno sentire solo nella prima parte, poi il film si chiude sul suo protagonista e con lui cerca la strada da intraprendere, scegliendo, assieme, non certo quella del cinema politico e classico ma quella di un cinema più sperimentale che si poggia sulle immagini.
Al primo paragrafo sorrisi di approvazione. Al secondo paragrafo sdegno assoluto! Dillo, dillo che scrivi apposta per provocare la mia furia! ;)
RispondiEliminaPer me il bello di questo film è che non si appoggia ai clichè. La droga e l'amore libero ci sono ma non sono il "perchè" del film. Il bello è che quella di Assayas è una regia solida e intima insieme. Che la frammentarietà di cui parli è una immersione caleidoscopica nel mondo della contestazione, trattata mai in modo didascalico. La discrezione e l'eleganza del regista e degli interpreti canalizza la complessità dell'epoca in qualcosa di assolutamente lineare ed omogeneo. La chiarezza espositiva credo che sia impareggiabile. Scorre tutto senza appesantire. Dialoghi abbozzati? Ha vinto il premio come migliore sceneggiatura a Venezia (e meritava di più...). E la scena finale? Io non mi commuovo spesso quando vedo un film, ma qui ho trattenuto a stento le lacrime...
Sapevo che avrei provocato una tua reazione!
EliminaMi dispiace, ho cercato di essere buona ma no, mi ha annoiato e per nulla coinvolto. I cliché qui non sono presentati come cliché, la fotografia è bella bella, a non convincermi è proprio la trama con i suoi dialoghi. Le frasi trite e ritrite dette senza espressione dalle ragazze a Gilles erano veramente abbozzatissime, l'inconsistenza di una storia che a mio avviso poteva essere meglio approfondita e un finale che non mi ha detto nulla di chè -a me che sono una lacrima non facile, ma facilissima- mi hanno fatto uscire dalla sala decisamente delusa.
Sarà che conosco e mi piacciono musica, cinema e pittura di quell'epoca che mi ha coinvolto così tanto, non so. Sarà che l'ho visto in lingua originale e ancora non doppiato, sicuramente avrà perso molto della sua forza originaria; però non ho trovato niente di trito e ritrito: credo che al film manchino frasi ad effetto perchè nella vita reale frasi ad effetto non ci sono e qui si cerca di aderire al reale per quanto possibile.
EliminaNoia e coinvolgimento poi sono sensazioni squisitamente personali e per me sono da tenere "fuori" da ogni critica: non è mai il film ad essere noioso, è lo spettatore che può essere annoiato o meno. Il finale è di accecante bellezza e da solo vale il prezzo del biglietto.
sembra il mio genere di film.
RispondiEliminastaremo a vedere se starò dalla tua parte o da quella di stefano...
Sono curiosa di scoprirlo! Per fortuna ho Poison dalla mia :)
EliminaVisto ieri. Sono ancora annoiata.
RispondiEliminaIl mio vicino di posto si è alzato prima dell'intervallo. Io speravo il film migliorasse ma ho iniziato ad invidiarlo poco a poco sempre di più.
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