13 giugno 2018

Kodachrome

Andiamo al Cinema su Netflix

L'estate è ormai alle porte, facciamo pure -visto il caldo- che è iniziata.
E con lei inizia anche la stagione dei film leggeri, delle commedie romantiche che si lasciano guardare in spensieratezza, dei piccoli film indie che vanno a sostituire una programmazione cinematografica agli sgoccioli.
Il problema, però, è che negli ultimi anni sempre più film leggeri e romantici e indie vengono prodotti, aiutati da piattaforme come Netflix che li acquistano e li distribuiscono, così incappare in qualcosa di genuinamente buono e un minimo originale, si fa più difficile.
Prendere Kodachrome come esempio, presentato lo scorso anno a Toronto, acquistato da Netflix, avrebbe tutte le carte in regola per essere uno di quei film estivi da amare senza pensieri.
E invece...



C'è lui che è un produttore musicale che sembra aver perso il tocco, o meglio l'orecchio (anche se forse è l'industria musicale usa e getta ad essersi persa) che deve riappacificarsi con un padre fotografo di fama mondiale che non vede e non sente da 10 anni.
Va da sé che quel padre burbero e scorbutico, facciamo pure stronzo, sta per morire.
Ma ha un ultimo desiderio, un'ultima missione: stampare gli ultimi rullini di una vita nell'ultimo negozio che ancora per qualche settimana stamperà in kodachrome, prima che la Kodak stessa non produca più pellicola.
Va da sé che il padre chiede al figlio di accompagnarlo fino a Parsons, Kansas, con un piccolo ricatto, e va da sé che c'è pure una lei in questo viaggio, un'infermiera bella e semplice, che scappa da un passato burrascoso e cerca di salvare il rapporto dei due.
Come potrebbe andare un viaggio simile?
Purtroppo, lo si sa già.
Con tante litigate, con tappe che mettono a nudo la natura di padre e di figlio, con un amore che pian piano sboccia fra quel figlio e quell'infermiera, e ovviamente, con una redenzione finale e quelle diapositive sviluppate a suggellare il tutto.


Non accusatemi di spoiler, perché in Kodachrome è tutto così prevedibile da essere imbarazzante.
Si sa già ogni strada che si prenderà, ogni curva, ogni buca.
La si conosce così bene che si vede ogni sforzo nella sceneggiatura per far prendere quella strada, per creare ostacoli piuttosto stupidi e forzati.
E pensare che un minimo di originalità poteva esserci, visto quel viaggio nostalgico per cui si partiva, visto il bagaglio artistico di padre e figlio, ma pure qui, se la fotografia del primo serve per fargli dire banalità sconcertanti come se fossero nuove saggezze, la musica del secondo viene poco e mal sfruttata, soprattutto in una colonna sonora che vorrebbe essere linea guida, ma riprendendo i Pearl Jam più popolari e qualche altra musica non propriamente originale, si manda tutto in fumo.
Restano da lodare allora solo gli interpreti, con Ed Harris invecchiato e costretto ad un ruolo altamente antipatico e poco giustificabile, Jason Sudeikis sempre uguale a se stesso che si applica meno del solito, e la raggiante Elizabeth Olsen che è sempre un piacere vedere.
La ricerca verso i film perfetti per l'estate continua, ma qui, è meglio non fare tappa.

Voto: ☕½/5



4 commenti:

  1. Dal regista del delzioso Copenhagen mi aspettavo qualcosa di più, tant'è vero che, inutile dirlo, era già nella lista delle cose da vedere.
    A questo punto, non me ne voglia la Olsen, potrei passare oltre.

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    1. Urca, non sapevo fosse lo stesso regista e ora che lo so il giudizio si aggrava, perché qui resta anonimo, e la sceneggiatura è così prevedibile e melensa da rendersi insopportabile. La Olsen, qui bellissima, ti perdonerà.

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  2. Peccato, perché sembrava poter essere abbastanza carino, nonostante Jason Sudeikis che non sopporto un granché...

    Va beh, pazienza, vuol dire che mi risparmierò un film con Jason Sudeikis e tanto meglio. :)

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    1. Né tu né Michele lo sopportate, io invece ho capito di averlo preso in simpatia. Qui, però, non salva la fiera del già visto e del mal sviluppato.

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