26 gennaio 2019

Glass

Andiamo al Cinema

Avevamo lasciato David Dunn prima nello scoprirsi eroe solitario pronto a schierarsi dalla parte dei più deboli, poi pronto a dare la caccia a L'Orda.
Avevamo lasciato L'Orda consapevole dell'esistenza de La Bestia, in fuga e forte più che mai.
Avevamo lasciato Elijah Price in un ospedale psichiatrico, lì rinchiuso per gli attentati provocati per provare l'esistenza di supereroi, e quindi va da sé, dei cattivi. Di lui.
Li ritroviamo a 19 e a 3 anni di distanza, a darsi la caccia, cercando di stringere fra loro alleanze. Li ritroviamo lì, in quell'ospedale psichiatrico non così ben custodito, nonostante le tecniche all'avanguardia per tenere a bada i "poteri" di David e di Kevin, sotto forma di Bestia.



Prima, però, c'è uno scontro di cui tenere conto, c'è un altro rapimento di giovani ragazze da sistemare, c'è un conto in sospeso con la polizia che non accetta che un eroe solitario e anonimo si prenda le loro glorie.
Poi, invece, c'è una dottoressa che prende il timone di quel manicomio, che cerca di guarire i tre, di fare terapia di gruppo e di convincerli che no, i supereroi non esistono. Non deve vedersela solo con i suoi pazienti, ma anche con i loro parenti/aiutanti: un figlio che ai poteri del padre crede, una sopravvissuta che nonostante le sevizie, ringrazia il suo aguzzino e forse se ne innamora, una madre che non smette di amare suo figlio.


Diciamolo con tranquillità, fin da subito (anche se siamo già al terzo paragrafo): l'attesa di Glass non vale il risultato.
Non c'è la stessa magia e lo stesso rigore nella regia che c'era in Unbreakable, non c'è la stessa tensione di Split.
Sì, ci sono colori acidi, ci sono divise riconoscibili, geometrie e punti di vista che imitano quelle già viste nel primo capitolo.
Sì. c'è un altro McAvoy show, che mostra tutte, ma proprio tutte, le sue 24 personalità, c'è pure un'evoluzione fra queste e mai pensavi di innamorarti della voce di un bambino di 9 anni dai calzini rossi che ora ama Drake.
Sì, c'è un amore per quei fumetti, per la loro struttura, per il loro significato.
Ma c'è purtroppo tanta noia.
Ci sono tempi dilatatissimi, scene facilmente eliminabili (non quella con un Elijah bambino recuperata da Unbreakable che spezza il cuore -per rimanere in tema-) perché alle durate che sforano le due ore no, non riesco a farci il callo.
C'è una gestione della sceneggiatura che fa un po' acqua se ti aspetti di uscire in fretta da quel manicomio, se ti aspetti quella scena finale su un grattacielo. E non ditemi che Shyamalan riesce così a farmela con un plot twist dei suoi, non questo almeno, e nemmeno con quello che coinvolge la dottoressa Staple.
Insomma, manca sostanza, manca unità, anche se sempre nello stesso luogo siamo.
Si dà spazio ai singoli, per tenerli e tenerci buoni, ma non è quello che ti aspetti dal finale di una trilogia, non da una storia delle origini.

Voto: ☕☕/5


5 commenti:

  1. Ho letto e visto solo il voto, peccato sia peggiorato..

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    1. Con le visioni fresche fresche degli altri due, questo non ha lo stesso smalto, la stessa struttura. Peccato.

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  2. Sarà che lo immaginavo diverso, meno dentro quel manicomio, o sarà che le aspettative erano alte, ma sì, l'occasione sembra sprecata. Corro a leggerti!

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  3. A me è piaciuto molto, invece. Non tanto quanto gli altri due ma l'ho trovato coerente dall'inizio alla fine e mi sono ritrovata a sorridere (oltre che a piangere) per la magia del piccolo/grande twist shyamalano. Quello vero, non quello specchietto per le allodole comprensibile al minuto due.

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    1. Forse avevo aspettative diverse -il fatto di voler uscire in fretta dal manicomio la dice lunga- o forse volevo solo qualche azione e sforbiciata in più. Visto a ridosso degli altri due, è forse più debole, meno d'impatto per me.

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