6 luglio 2019

La Mia Vita con John F. Donovan

Andiamo al Cinema

C'è una parte importante che per amore di sintesi il titolo italiano dell'ultimo film di Xavier Dolan omette: la morte di John F. Donovan, che viene anche prima della vita.
Già, perché sulla sua morte gira attorno l'intero film, la morte di una star/icona, di un attore promettente baciato dal successo e dall'amore dei fan. Merito di una bellezza che ammalia, di un ruolo strepitoso in una serie TV.
Ma, come si sa, non è sempre rosa e fiori la vita di una celebrità che passa da un red carpet a un set fotografico, che incontra i fan e divide casa con una bella donna.
Non lo è se ci sono segreti, bugie, desideri da tenere nascosti.
Confidarli ad un bambino dall'altra parte dell'Oceano non sembra la soluzione migliore, ma sembra aiutare entrambi. Quel bambino in particolare che sogna ad occhi aperti una carriera simile, che possa rendere felice quella mancata della madre e fargli dimenticare bulli e solitudine.



Ancora una volta, raccontato così La Mia Vita con John F. Donovan sembra un film intenso e perfetto, capace di far sentire le paure, lo stress, la rabbia che certi segreti sulla propria sessualità possono far provare.
In realtà, i lunghi problemi di gestazione del film si sentono. Quasi troppo.
Con più di 4 ore di girato, Dolan ha faticato a restringere i tempi per rendere scorrevole e accettabile dalle sale il suo lavoro. Ha tagliato Jessica Chastain, ha tagliato probabilmente altre storylines e personaggi, cercando di stringere e condensare.
A narrare tutto, un'intervista tra una giornalista snob e uno scrittore supponente. Già questo non aiuta: non aiuta il sempre irritante Ben Schnetzer (anche se c'è da dire che pure la sua controparte bambina Jacob Tremblay non si fa amare, tra urla esagerate e vocine), non aiuta la facilità con cui Thandie Newton cambia opinione.
Se questo è lo spunto di narrazione iniziale, quello che ci viene raccontato funziona di più.
Kit Harington si fa perdonare dal moscio Jon Snow, e tranne quando si arrabbia e urla con la sua voce senza forza, dà vita a un John F. Donovan in cui potersi identificare.


La regia di Dolan è sempre quella, che sperimenta e affascina.
Meno del solito, questa volta, con primi piani claustrofobici e rallenti a ripetizione.
Pure la musica che è un altro marchio di fabbrica per un regista capace di rendere poetica pure Dragostea Din Tei ha qui una battuta d'arresto: pop come è pop Donovan, tra Verve, P!nk, Green Day, Adele che escono dall'autoradio, forse solo Hanging by a Moment dei Fifehouse si fa davvero sentita e fondamentale visto com'è inserita nel film.
La sensazione, quindi, è quella che di materiale su cui lavorare Dolan ne avesse davvero tanto, che avesse soprattutto una storia e degli attori dalla sua parte (avendo nel cast pezzi da 90 come Natalie Portman, Susan Sarandon, Kathy Bates), ma come ha dichiarato pure lui, le cose gli sono sfuggite di mano e la vita assieme alla morte di John hanno finito per mancare di equilibrio.
La voglia, a questo punto, è quella di scoprire se poteva essere altro, se le parti tagliate, eliminate, avrebbero potuto creare qualcosa di più convincente.
Questo primo risultato di certo non lo è.

Voto: ☕☕/5

7 commenti:

  1. Peccato. Questo nuovo Dolan mi spaventa sempre di più...
    Ho paura che potrebbe arrivare una stroncatura anche dalle mie parti e non c'ho voglia che ciò avvenga. :)

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    1. Punti da salvare ce ne sono, ma la sensazione è che davvero gli anni di post produzione e i tagli abbiano snaturato e velocizzato parecchio. Sarà una interessante leggerti.

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  2. È un film sbagliato e sbilanciatissimo ma mi ha emozionato molto ugualmente, quindi gli perdono non tutto, ma tanto.

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    1. Purtroppo l'emozione non è arrivata. Forse solo un briciolo nel finale, in quella vasca e con quella lettera, ma tutto il prima mi aveva spossato e irritato. Una versione diversa, secondo me, uscirà e magari mi convincerà di più.

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  3. Dolan è un regista che fa un cinema basato più di tutto sulle emozioni, sul trasporto e l'empatia con lo spettatore. E di conseguenza è un cinema condizionato moltissimo, ben più di altri, del gusto personale. Nel suo cinema c'è davvero poco di "obiettivo", tutto è in funzione dei sentimenti... e a me piace sempre questo approccio, pur riconoscendogli gli innegabili ed evidenti difetti che gli attribuisci. Ma questo è un film che (per me) va giudicato più col cuore che con la testa, va apprezzato per il suo coraggio e per la sincerità, senza mai scadere nella retorica. Ha fatto di meglio, ma io lo promuovo anche stavolta :)

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    1. Sai che giudico sempre più con il cuore che con la mente, ma questa volta davvero l'emozione non è arrivata e non è riuscita a scavalcare l'irritazione per certi personaggi, la confusione per certe scelte di regia, e la pesantezza generale che tanti personaggi, tanta musica possono dare.
      La curiosità nel vedere e capire cosa poteva essere senza i tagli, al principio, resta, perché la storia come le interpretazioni sono comunque da salvare.

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