Venezia sembra legata a doppio filo ai film nello Spazio.
Dopo Gravity, dopo First Man, tocca a Ad Astra.
Dopo Sandra Bullock, dopo Ryan Gosling, tocca a Brad Pitt avventurarsi nel buio più profondo indagando in realtà su se stesso.
Perché è sempre così con i film che portano sulla Luna o su Marte: sono modi per raccontare l'intimo degli uomini che lì sono stati.
Non è diversa la pellicola di James Gray.
Direzione Nettuno, direzione scoprire che ne è stato di una spedizione data per dispersa da 30 anni e che ora potrebbe essere la causa di tempeste elettriche letali per il pianeta Terra. Così, viene coinvolto Roy McBride, figlio di chi quella spedizione la guidava ed esca per riallacciare le conversazioni. Ma solitario, divorziato, testardo, Roy non sarà facile da tenere a guinzaglio.
Già così, la trama non spicca per originalità o interesse.
Mettiamoci dentro una struttura a capitoli fatta di prove ed errori e il giudizio si fa ancora negativo.
Ci sono scimmie indemoniate, pirati lunari, scudi improvvisati a minare le valutazioni psicologiche di un particolarmente coinvolto e intenso Pitt. C'è una pesantezza generale data da una voice over retorica che non permette di godere degli ovviamente spettacolari effetti speciali. C'è poi un cast mal sfruttato, con tante piccole parti date a grandi attori (Donald Sutherland, Ruth Nega, Natasha Lyonne) che presto, prestissimo, scompaiono dalla storia.
Resta quindi l'amaro in bocca, per un'occasione sprecata, per l'ennesimo titolo di genere che non spicca.
Venezia è legata a doppio filo alle storie sullo Spazio, ma non ha ancora trovato quella giusta per farla brillare.
Sia con Gravity, sia con First Man, però, Venezia mi ha soddisfatto.
RispondiEliminaChissà cosa ne penserò di questo, anche se davvero la storia è sempre la stessa...
Gravity sì, First Man un po' meno.
EliminaDiciamo che però giocano entrambi meglio sia la chiave d'azione che quella dei sentimenti.