Le paure hanno mille forme.
Possono essere quelle presenze che sentiamo vicine e minacciose. Possono essere quei pericoli che come tarli si insinuano nella nostra mente o possono essere ansie mal gestite. Il cinema, va da sé, ci va a nozze. Il cinema di paura intrattiene e svolge quella sacra funzione di valvola di sfogo per quelle paure, canalizzandole e in casi sfortunati -il mio e di chi è fifone- aumentandole.
Grazie alle Notti Horror che come ogni anno sono tornate a tormentare i martedì d'estate della blogosfera, un po' di coraggio l'ho preso anch'io assieme a un bel po' di curiosità per un genere decisamente distante dai miei preferiti ma che sa giocare, dosare, stupire quando ben fatto. Con la settimana horror che si aprirà domani, con un libro, una serie TV e film a tema, ci sono però altre paure che mi sono trovata ad affrontare.
Paure fatte di pregiudizi, di organizzazione, di ansie da tenere a bada. Mentre tutto questo si pubblicherà, mi trovo in viaggio lungo una parte della Via della Seta. Mi trovo in quegli Stan (Kirghizistan, Khazskistan e Uzbekistan) lontani, ex repubbliche sovietiche ora indipendenti e aperte al turismo.
Un viaggio dei sogni? No.
Un viaggio meticolosamente preparato e agognato? Nemmeno.
Un viaggio nato per caso, con una coppia di amici che ci invita e ci convince a seguirli, portando me e il giovine in città e Stati stessi che mai avevamo sentito e che non sapevamo di certo localizzare su una cartina geografica. Prima di prenotare e deciderci, discussioni di coppia e in famiglia, con le paure, i pregiudizi, il sentito dire a rendere complicata e pesante la prenotazione da fare. Perché lo sconosciuto, come sempre, spaventa. Si fa confusione fra stati, estremismi, presenze violente e religioni poco permessive. Spaventano quella Russia su cui scalare, quelle escursioni da prenotare.
Sono paure diverse, fatte di fantasmi del passato, di presenze forse solo nascoste, di sangue ormai lavato. E ci si prepara, come si vedrà, attraverso libri di chi lì ha viaggiato quando davvero la tensione era alta, quando c'era un cadavere fresco chiamato comunismo. Rimandando pensieri, riflessioni, analisi e racconti a quando il viaggio sarà concluso, quello che sento mentre scrivo frettolosamente questa Domenica su un aereo che sorvola e lascia l'Europa in direzione Asia centrale, non è ormai più paura, ma un'eccitazione piena di curiosità ed entusiasmo.
Effettivamente non è un viaggio da poco, non perché lontano ma perché diverso, però tutte le esperienze sono positive, lo sarà anche questo ;)
RispondiEliminaC'avevi ragione. È stato davvero un viaggio diverso e ricco di esperienze positive. Impossibile dimenticarlo.
EliminaSarà un viaggio fantastico. A maggio ero in Uzbekistan e ho incontrato persone stupende, curiose e disponibili. E il fatto che siano ex repubbliche sovietiche ha fatto sì che la religione non abbia preso la strada del fanatismo.
RispondiEliminaRispondo a giochi fatti ormai, ma sì, la religione non è mai stato un problema. Né il vestiario né il muoversi in città. Tutti pregiudizi e cliché che sono felice di aver abbattuto.
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