(in v.o.)
Si inizia sempre così, ormai.
Perorando la causa contro una Disney senza più idee, contro questa moda nostalgica dei remake, queste operazioni a costo zero per quanto riguarda la sceneggiatura, a costo alto per un produzione puntigliosa e con ritorni di cassa che ne giustificano il proliferarsi.
Ma alla fine, siamo sempre lì.
Anzi, sono sempre io lì, al cinema, con i miei pregiudizi, a cercare un barlume di speranza in quella che sembra un'operazione marketing inarrestabile.
Ma tocca ripetersi ancora una volta davanti a un Re Leone che ripete pedissequamente l'originale, che vive per quell'effetto nostalgia ormai tipico della nostra generazione.
E allora, come ci si scrive su questo Re Leone?
Ripetendo stancamente le stesse cose come stancamente le ha ripetute Jon Favreau?
Applaudendo comunque alla realizzazione tecnica, più i fondali (meravigliosi) che gli animali ad essere onesti, qua e là posticci, naturali nei loro gesti meno quando si fanno umanizzati?
Trovando tenero il piccolo Simba, maestoso Mufasa, divertentissimi Zazu, Pumbaa e Timon?
Come da copione, insomma.
Andando poi in cerca di difetti piuttosto evidenti a livello uditivo, con la pomposa musica di Hans Zimmer troppo... pomposa. La voce di Beyoncé che stride, sia come doppiatrice di Nala che come interprete, sempre lì a gorgheggiare e a rimarcare di essere lei, Beyoncé. Coprendo purtroppo la bella voce di Donald Glover nei duetti.
Apprezzando -e molto- la parentesi con Timon e Pumbaa (stupendamente doppiato da Seth Rogen), allargata e popolata di altri buffi animali, e che ha in sé le scene migliori sulle note di The Lion Sleeps Tonight e un Hakuna Matata più metacinematografica (vedi anche l'omaggio a La Bella e la Bestia). Dispiacendosi un po' per i tagli fatti a Rafiki, e per quel finale che appare più raffazzonato di quello che ci si ricordava.
Dispiacendosi poi per la famosa morte di Mufasa, che attesa, tragica, evitabile non riesce però a commuovere, non come un tempo. Indice della corazza messa su con gli anni, o di piccoli errori di zoom e animazione che hanno deconcentrato.
Scritto questo, allora, come un mero elenco dei pro e dei contro e di prese di posizione sembra di ricalcare quanto fatto da Favreau: un esercizio di stile, un compitino ben svolto in cui era difficile andare fuori tema vista la partenza originale e sbagliando lì (sempre quelle musiche, meno incisive, meno preziose rispetto a quelle di Elton John) dove si osa un po' di più.
A chi chiede perché la Disney continui ad avere successo e io a correre al cinema a giudicarla, viene da rispondere solo in un modo: con i brividi che le prime immagini, le prime note del Cerchio della Vita, han saputo dare.
È la nostalgia, bellezza.
Voto: ☕☕½/5
Questa volta, mi sa che me lo risparmio. Vedrò da casa quando sarà.
RispondiEliminaNel mio caso c'era anche un po' di speranza che magari avessero saputo dare quei due o tre accorgimenti tali da rendere la storia un po' più fresca, ma purtroppo anche quello è saltato...
RispondiEliminaPer me è un no a prescindere. Non andrò a vederlo come non ho visto i precedenti (e non vedrò i futuri, le prime immagini di "Lilly e il Vagabondo"fanno venire i brividi di raccapriccio); non capisco il senso, a parte i soldi....sarò vecchia ma a me operazioni del genere mettono solo una gran tristezza, se voglio recuperare i classici ripesco i cartoni animati.
RispondiEliminaSbagliare la tecnica sarebbe stato un disastro, per fortuna sembra non accadere, e mi compiaccio, comunque senza vedere non posso giudicare, lo farò a tempo debito ;)
RispondiElimina