18 ottobre 2019

Il Mostro di St. Pauli

Andiamo al Cinema

Ci sono film brutti, ma davvero brutti.
E ci sono film brutti che però sono belli.
Sono brutti per quello che raccontano, per quello che mostrano, per i protagonisti stessi, ma in fondo, sono belli per come questo brutto ce lo raccontano.
Il Mostro di St. Pauli lo si può definire quindi come un bel film su qualcosa di orribile, con quell'orrore difficile da digerire, che diventa molto di più.
A fare la differenza, è che alla regia di questo brutto ci sia uno come Fatih Akin, che aveva saputo mostrare la bellezza della vendetta e della resistenza in Oltre la Notte. Lì lo aiutava una Diane Kruger in stato di grazia, qui, nessuna luce in campo, solo la mostruosità del quartiere a luci rosse di Amburgo, solo un protagonista alcolizzato, deforme e represso come Fritz Honka.



Sono gli anni '70, gli anni della crisi.
Fritz, un'infanzia passata in un campo di concentramento, un appartamento in un attico ingombro di bambole e dalle pareti tappezzate di foto di ragazze nude, annega le sue giornate nell'alcool nel peggior bar di Amburgo, adescando prostitute che hanno il doppio della sua età, sdentate, alcolizzate come lui, come lui deformate dai dolori di una vita misera e dissoluta.
Punta agli angeli, ma si ritrova con i demoni.
E se queste non lo compiacciono, se parlano, lo deridono, lo stancano, le uccide. Le fa a pezzi, nascondendo questi pezzi alla bell'e meglio, lì, in uno sgabuzzino.
Di brutto, di che rabbrividire, c'è quindi parecchio.
Soprattutto se il tutto è tratto da una storia vera.
Anche perché Akin non ci risparmia niente. Vediamo i corpi nudi, vediamo il sangue, lo sporco, e pure quell'odore camuffato dagli Arbre Magic, ci sembra di sentirlo.


Akin chiede del suo peggio anche al bel Jonas Dassler, nascondendo il suo fascino sotto strati di trucco e un naso posticcio, facendolo grugnire, imprecare, osservare lascivamente ogni donna possibile. Mostrandoci la sua vita grigia, sporca e opprimente.
E la bellezza, mi si chiederà?
La bellezza sta in come Akin decide di raccontare questa bruttezza.
Non risparmiandoci niente, vero, ma giocando su inquadrature piene e fisse, formando quadri atrocemente bellissimi anche lì dove si sta smembrando un cadavere.
E soprattutto, sta in un finale in cui l'angelo che diventa l'ossessione di Fritz torna nel suo mirino, un angelo inseguito e desiderato, per cui si teme, che fa da fil rouge e che fa tirare un sospiro di sollievo.
Di film brutti ce ne sono tanti, purtroppo, ma questo è un raro caso di film brutto che è però inaspettatamente bello.

Voto: ☕☕/5


6 commenti:

  1. Dopo Oltre la notte, curiosissimo di vederlo!

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    1. Non sembrano nemmeno dello stesso regista, ad essere onesti, ma dietro tutta questa bruttezza, c'è la stessa bellezza.

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  2. Che essere ripugnante Honka. Ho avuto il disgusto per tutta la visione.

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    1. Pure io, l'averlo ritratto così, e aver mostrato un'Amburgo tanto lercia, mi ha fatto venire i brividi. Quella puzza me la sentivo addosso.

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  3. Anch'io dopo Oltre la notte curioso di vederlo, comunque ripugnante già da adesso è per me il protagonista, figuriamoci dopo..

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    1. Preparati, le foto non fanno sentire i grugniti e l'odore che sembra emanare. Si ha bisogno di una doccia dopo il film ;)

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