Com'è che non avevano un nickname da copertina come i Brangelina?
Misteri che resteranno tali, visto che entrambi hanno proseguito con la loro carriera dopo che la loro rottura ha fatto tanto discutere.
Chi si è mosso meglio?
Chi c'ha guadagnato?
Chi ne è uscito pulito?
Palmer
Facile rispondere, fino a qualche tempo fa: Justin.
Lui che con la collaborazione con Timbaland ha sfornato una hit dopo l'altra, lui che ha esordito al cinema collezionando comparsate notevoli tra The Social Network e Alpha Dog.
Poi, pure la sua carriera si è impantanata, con canzoni che non sfondano, svolte country che non convincono, fino ad arrivare ad oggi: in cui il singolo Better Days non prende, il film Palmer si fa apprezzare ma non è nemmeno quel titolo di svolta, quella pietra miliare che verrà ricordata oltre… una settimana?
Mettiamola così.
Perché le basi, il soggetto sono tutt'altro che originali: c'è Palmer, il protagonista, che uscito di prigione deve rifarsi una vita. Se la deve rifare in quel paesino di provincia dove è stato cresciuto dalla nonna, devota e religiosa, che in sua assenza ha iniziato a prendersi cura del piccolo Sam, padre ignoto, madre dedita ad alcool e droga e a fughe di settimane.
Palmer ci mette un po' a trovare la retta via, ritrovarsi con quei complici/amici mai incriminati dà un'idea di quello che si è perso, ma cosa può succedere in un film dalla trama piuttosto banale come questo?
Ovvio: la nonna ci lascia, Palmer si ritrova a doversi prendere cura di Sam, che è un bambino il cui orientamento sessuale sembra già chiaro, e per questo viene bullizzato non solo dai compagni di scuola ma pure dagli adulti bifolchi della città.
Va da sé che subentra un nuovo amore, una serie di scontri e rotture, di burocrazia da sfidare, con il lieto fine lì a bussare insistentemente per avere le nostre lacrime.
Una bella favola di redenzione?
Certo, ma niente che possa far gridare al miracolo, con un Justin in parte, una stupefacente (letteralmente) Juno Temple, ma poco più.
Sullo stesso tema, continuo a portare alta la bandiera di Rectify, una serie che da queste parti si era guadagnata anche il primo posto nelle classifiche di fine anno, e che sapeva raccontare con più profondità l'uscita dal carcere e il reinserimento nella società di provincia.
Voto: ☕☕½/5
Framing Britney
E Britney?
Britney, zitta zitta, costretta al silenzio dalla conservatorship da 12 anni, ha ritrovato il suo spazio e ha formato attivisti che chiedono la sua liberazione.
Da chi?
Da cosa?
Ci pensa il documentario Framing Britney a raccontarci della nascita e della caduta della principessa del pop e della creazione del movimento #FreeBritney, che vuole farle riavere il controllo della sua vita e del suo patrimonio lasciato nelle mani del padre dopo il famoso crollo nervoso del 2007.
Il documentario ricostruisce frettolosamente tutto questo, intervistando persone coinvolte che sono così di parte da far venire dei dubbi sulla controparte, senza approfondire a dovere successi e lavoro, la vita fuori dalle telecamere.
Vista con la sensibilità di oggi le interviste e la gestione della carriera di Britney risultano quanto di più misogino e cattivo, e pensare che sia riuscita a sopravvivere ha quasi del miracoloso.
Il pensiero corre ad Amy Winehouse, con un padre-padrone altrettanto ingombrante e una fragilità simile.
Il fatto è che Amy raccontava la vita e la musica della cantante in modo molto più approfondito e sentito, quello che fa qui il The New York Times sembra invece un compitino per attirare chi nel movimento già è o per spiegarlo a grandi linee a chi non lo conosceva e si chiede com'è che fra tutte le cause di questo mondo, ci si debba battere per Britney.
Tanto che l'indignazione popolare contro Justin Timberlake per quei 5 minuti di documentario a lui rivolti fatico a comprenderla.
L'obiettività e l'approfondimento stanno da un'altra parte.
Con Netflix pronta a fare il suo documentario, in cui magari Britney potrà dire la sua, la speranza è che la sua storia possa essere raccontata in modo migliore.
Voto: ☕☕/5
E quindi, a 18 anni di distanza dalla loro tragica rottura, chi sta meglio?
Britney o Justin?
Ai posteri l'ardua sentenza.
Non ho visto né uno né l'altro. Il primo perché ho da sempre una certa antipatia per Justin, che trovo più urticante della moglie, ed ho detto tutto. Il secondo ho preferito evitare al momento perché mi sembrava un po' triste diciamo, un po' deprimente ma non in senso cattivo, ma perché è una storia non facile. Immaginavo che fosse un po' di parte e per questo poi è piaciuto molto a chi sostiene il movimento Free Britney
RispondiEliminaLa moglie di Justin per me lo batte in antipatia, lui lo vedo sempre più annaspare alla ricerca del successo perduto. Questo film, buono ma dimenticabile, non lo aiuterà di certo.
EliminaPer la Britney, meglio aspettare il documentario Netflix secondo me, in cui magari pure lei potrà dire la sua.
Mi risparmio entrambi, grazie!
RispondiEliminaMagari a Palmer prova a dare un'occhiata, male non è per una serata buca senza troppe pretese.
EliminaIl docu su Britney mi attira comunque, anche se non è proprio fenomenale. In Italia però questi documentari su argomenti controversi faticano ad arrivare. Anche quello su Michael Jackson non l'ho visto da nessuna parte...
RispondiEliminaPalmer non è Rectify, ma comunque svolge bene il suo compitino.
Certo che Britney e Justin 20 anni fa sembravano avere il mondo ai loro piedi, mentre poi purtroppo si sono fatti mettere i piedi in testa.
Mi pare che quello su MJ fosse andato sul Canale8 anni fa, ma forse ricordo male. Non me l'ero sentita di vederlo anche se la curiosità c'è. Così come per quello a puntate su Woody Allen che HBO sta trasmettendo in America.
EliminaPer il FreeBritney funzionano i vecchi metodi pirati, anche se spero che la produzione Netflix sappia fare di meglio.
Chi ha gestito o sta gestendo le carriere di questi due dovrebbe ripensare meglio alle sue mosse, soprattutto in quei primi tempi di paparazzate in ogni dove: spaventoso.
Non se la passa bene nessuno dei due direi. Io sono una fan di Britney della prima ora quindi sono un po' di parte e, seppur abbia trovato anche io un po' eccessiva l'indignazione nei confronti di Justin, trovo comunque evitabile la pezza che lui ha provato a mettere con quel post di scuse paraculo.
RispondiEliminaOvviamente non mi perderò il documentario Netflix! 🙈
Si, la pezza che c'ha messo Justin è peggio dello strappo, come si suol dire.
EliminaIl doc Netflix chissà quanto si dovrà aspettarlo, ma la sensazione è già che sarà migliore, o per lo meno, studiato e preparato meglio.