20 febbraio 2021

Stralci Biografici: Shirley - Mad To Be Normal

Sono film biografici diversi, che si concentrano su pochi anni per parlare dell'insieme di una vita.
Altra cosa in comune: in entrambi c'è una splendida Elisabeth Moss.
L'ultima? Nessuno dei due è riuscito a convincermi al 100%.

Shirley

Gli amanti dell'horror la conoscono bene.
È una scrittrice amata e venerata, è da sempre messa tra le influenze dal Re del brivido, il signor Stephen King.
Chi come me dagli horror è sempre stato a distanza -su carta e su schermo-, ha potuto conoscerla, ricredersi, ammirarla, con la trasposizione da parte di Mike Flanagan e il suo Hill House.
Shirley Jackson fa notizia, quindi.
Oggi come negli anni '40, quelli della sua attività.
In cui i suoi racconti erano sulla bocca di tutti in quanto raccontavano vividamente l'orrore.
In cui il suo essere donna e scrittrice, e scrittrice gotica soprattutto, dava scandalo.
In cui il suo matrimonio aperto e la sua conseguente stranezza era argomento di cui dibattere.
Shirley che non esce di casa, Shirley depressa, Shirley che lascia libero il marito di avere le sue storie, Shirley che si attacca alla bottiglia.
Questa Shirley andava raccontata.


Lo fa Josephine Decker avvalendosi di un'attrice che non disdegna le sfide, i personaggi scomodi e pieni di sfumature: Elisabeth Moss, in perenne ascesa, in continuo scontro con se stessa nel dare il meglio di sé e battersi rispetto all'ultima interpretazione.
Per raccontare questa Shirley, si prendono in esame gli anni che la vedono impegnata a redigere il suo primo e vero romanzo, dopo tanti racconti. Una storia che parte dal reale, che parte da una studentessa del Bennington College dove il marito insegna, scomparsa nel nulla e che diventerà il celebrato Hangsaman.
Per raccontare questa Shirley, si usa il classico espediente dell'elemento-novità con cui fare conoscenza di un personaggio tanto ingombrante: Rose, studentessa in dolce attesa, il cui marito diventa assistente di Hyman.
Vivranno tutti e quattro sotto lo stesso tetto, sfidandosi e odiandosi, imparando a conoscersi e pure ad amarsi, in uno strano gioco di gatto e topo, dove è il ruolo della donna tout court ad essere messo in discussione.


A mangiarsi la scena, sempre, è Elisabeth Moss, anche se Odessa Young con il suo portamento da brava ragazza non si fa disdegnare e il solito camaleontico Michael Stuhlbarg dimostra di sapersi imporre. Cosa non banale vista l'avversaria.
Un film biografico -pur raccontando uno stralcio di vita- di quelli indimenticabili?
Non per me, purtroppo.
Nonostante le buone premesse, le licenze poetiche prese e la cura per i dettagli mi è mancata la presa, la solidità, a ben guardare il racconto stesso.
La sensazione è quella di procedere di scena madre in scena madre, affidandosi alla Moss e alla sua bravura, ad ambienti altamente scenografici, a dubbi che si instillano e che non corrispondono infine alla realtà.
Forse sono io a non essere la lettrice di riferimento della Jackson e della sua vita, ma tra qualche sbadiglio e qualche perplessità, mi aspettavo decisamente qualcosa di più.

Voto: ☕½/5

Mad To Be Normal

Non diverso è quest'altro film biografico.
Sotto i riflettori c'è il controverso medico-psichiatra R.D. Laing, che negli anni '70 furoreggiava con le sue tecniche alternative per curare le malattie mentali semplicemente non vedendole come una malattia, ma creando un ambiente in cui pazienti e medici potessero vivere a stretto contatto aiutandosi a vicenda.
Un'idea alternativa, con i suoi pro (l'ascoltare davvero il paziente, non considerarlo pazzo e rinchiuderlo) ma pure con i suoi contro (con i casi più gravi di schizofrenia o bipolarità che necessitano di una cura vera e propria, per il bene del paziente e di chi gli sta attorno).


La vita di Laing viene raccontata negli anni della creazione del suo centro al Kingsley Hall, con la conoscenza di una fittizia giornalista americana che diventa madre del suo quinto figlio a farci da anfitrione.
Qui si cerca di procedere allo stesso modo di Shirley: per scene madri.
Ma quello che ne esce è un racconto ancora più frammentato, in cui la complessità del protagonista non emerge, fra un tour in America, un figlio che nasce, dei pazienti che stanno male e il suo metodo messo in discussione dagli altri medici.


David Tennant entra nel personaggio come al suo solito, con il suo marcato accento scozzese facendosi odiare abbastanza, mentre si ritrova relegata in un angolo la solita convincente Elisabeth Moss.
Ma anche in vista di un finale tronco, ci si chiede qual era lo scopo di questo film.
Se ne esce senza aver compreso granché della figura di Laing, senza capire davvero il suo metodo e che ne è stato del suo esperimento, dovendo ricorrere a Wikipedia per colmare queste lacune.
Eccessivo e senza collante, il film affanna e snerva.
Non certo il miglior modo per parlare di malattia mentale e di chi ha cercato -a modo suo- di curarla.

Voto: ½/5

4 commenti:

  1. No, mi dispiace non ti sia piaciuto Shirley! Conoscendo bene i suoi romanzi, questo falso biopic (in realtà tratto da un romanzo recente, un thriller psicologico) mi è parso sbucato proprio dai suoi mondi oscuri e fascinosi. Per me bellissimo, e a distanza di mesi e mesi ricordo ancora quel finale. La liberazione e il dolore della scrittura. "Fa male".

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    1. Speravo anch'io di innamorarmi di Shirley tanto ho aspettato di vederlo, ma la scintilla non è scattata nonostante la solita irraggiungibile Moss.
      Ho visto i pregi, ma qualcosa mi è mancato.

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  2. Shirley mi ha infastidito e annoiato non poco. Probabilmente per chi conosce a fondo le sue opere è un gioiello, ma per gli altri è al limite dell'incomunicabilità.

    L'altro film non lo conoscevo, e direi che posso anche farne a meno. Sul fronte Elisabeth Moss preferisco aspettare che qualche buon samaritano faccia i sottotitoli di Her Smell. :)

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    1. Ancora niente sul fronte Her Smell?! Che aspettano?!
      Decisamente molti gradini sopra -lei e il film- di questi due titoli.

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