Mentre il mondo impazzisce per una soap turca di cui ignoravo l'esistenza se non fosse stato per un protagonista di cui non apprezzo l'avvenenza entrato nel mondo del gossip italiano, io scopro una serie turca più drammatica e decisamente meritevole.
Non è facile abituare lo sguardo e la mente quando si è plasmati dalle serie americane o inglesi, ad un nuovo mondo, un mondo diverso e un diverso linguaggio.
Le serie turche ce le si immagina un po' kitsch, un po' pacchiane, decisamente non moderne, non politiche, vista anche la situazione politica del Paese.
Pregiudizi duri a morire.
Ethos, prodotta e distribuita da Netflix, rompe questo immaginario, arrivando con una sua profondità, una sua dignità, una sua bellezza.
La storia è corale, e già questo conquista.
È la storia di Meryem che viene dalla campagna di Istanbul, che rispetta i precetti religiosi più conservatori e si copre il capo con il velo, che sviene quando si parla di matrimonio.
Lei, zitella, si occupa del fratello che ha perso il lavoro e lavora come bodyguard in una discoteca del centro, e di quella moglie depressa che se ne sta chiusa in camera a fumare e covare il suo dolore per un passato che solo poco a poco scopriremo.
Meryem viene indirizzata dal suo medico da una psicologa, Peri, con il giudizio del suo Hodja che resta in sospeso, lui che è diventato vedovo all'improvviso, lui che ha una figlia tornata a casa, che rimpiange l'apertura conosciuta e fatica a riadattarsi.
Peri a sua volta va da una psicologa, Ruhiye, con cui si sfoga, consapevole dei suoi pregiudizi verso chi le sembra arretrato come Meryem, uno scalino sotto rispetto alla sua modernità. La stessa Ruhiye si sfoga con quel donnaiolo con cui si vede, da cui vorrebbe di più, o da cui sa benissimo cosa aspettarsi, donnaiolo di cui Meryem è la donna delle pulizie, e di cui è segretamente innamorata.
E così il cerchio si chiude.
Raccontata così, sembra una soap.
Ma di un certo tipo di soap e di prodotti televisivi Ethos si prende gioco, mettendo in scena un'attrice che ci recita, che ha successo proprio fra i villaggi contadini che la ammirano per il suo coraggio, i suoi amori travagliati.
In un continuo gioco di incastri e rimandi, di confessioni e di scoperte, i primi episodi scorrono con intelligenza e attenzione, creando basi solide e un format che sembra ripetersi, con quei primi piani e quelle confessioni come ossatura della sceneggiatura.
Ethos non si appoggia però sugli allori, e cambia presto direzione, allargando il suo raggio di azione, includendo altri personaggi, approfondendone altri ancora, creando un piccolo universo denso di storie, di protagonisti che cercano il loro lieto fine, o semplicemente la loro stabilità.
Gli uomini, in tutto questo, non ne escono bene.
Possono conoscersi davvero e migliorare solo grazie allo sprono delle donne che gli stanno accanto, o che li lasciano.
Il quadro che si ha della Turchia, divisa in questo caso in due fazioni -atea e religiosa, moderna e all'antica- è di quelli complessi, di quelli che non si risolvono né si possono capire in soli 8 episodi. Ruhiye e la sorella ne sono un perfetto esempio: una convivenza che sembra impossibile, un capirsi difficile in cui sfociare nella violenza sembra inevitabile.
Ma è un inizio, anche perché Ethos è un prodotto curatissimo, con interpreti che lo schermo lo bucano, che sanno parlare ad un pubblico più ampio che metterà da parte i suoi pregiudizi, che cercherà di informarsi.
O almeno, questo è quello che è successo a me.
Voto: ☕☕☕/5
A differenza della trashata turca col belloccio di cui tutte parlano, non conoscevo questa serie TV.
RispondiEliminaSegno, perché da paesi impensabili arrivano piccole grandi sorprese.
Bello anche Losing Alice, israeliano.
Me l'aveva consigliata mia sorella che scandaglia Netflix meglio di me, trovando serie dalla strana provenienza. Poi il Cannibale l'ha messa in classifica e mi sono convinta a darle fiducia: ho fatto bene.
EliminaLosing Alice la inizierò presto, ho trovato chi mi presta l'account Apple finalmente ;)
Ho sentito che nella seconda stagione come guest star ci sarà Can Yaman.
RispondiEliminaScherzo! :D
Non so neanche se la faranno una seconda stagione, ma speriamo di sì. E senza Can.
Per me va bene anche così, come finale. L'importante è che Netflix produca altre serie turche diverse dalle soap che passa Mediaset.
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