21 luglio 2021

Il Cattivo Poeta

 Andiamo al Cinema (in ritardo)

La prima domanda che viene da farsi, è com'è che non si è mai fatto un film su Gabriele D'Annunzio.
Il poeta vate, lo spirito libero, il libertino D'Annunzio.
Va bene, c'è un D'Annunzio del 1987 con Robert Powell, ma chi lo aveva mai sentito vista anche la locandina soft-core?
A differenza degli americani, e anche dei cugini francesi, la nostra storia ci sta stretta. 
Sembra materiale per qualche fiction Rai, ma al cinema, no. 
Meglio puntare su commediole o drammi famigliari e mafiosi. 
Riusciti, eh, ma il genere biografico storico non sembra il nostro forte.


La seconda, è com'è che fra tutti gli anni folli, tutte le conquiste amorose e le conquiste politiche, il primo film su D'Annunzio decide di raccontare i suoi ultimi anni? 
Quelli del declino.
Quelli dell'isolamento che sa tanto di esilio nel suo Vittoriale sulle sponde del Lago di Garda.
In realtà, la scelta è giusta per la storia che si vuole raccontare.
Per gli anni che si decidono di mostrare.
Quelli dell'Italia a un passo dall'accordarsi con Hitler, dell'Italia delle camice nere che fanno paura e del governo di Mussolini che si fa sempre più autoritario.


Il nostro anfitrione in questa storia è rappresentato dal giovane Federale di Brescia Giovanni Comini. Chiamato da Mussolini stesso -meglio, dai suoi sottoposti a Roma- a tenere d'occhio D'Annunzio. 
Diventargli amico, passare le giornate e le serate fra i suoi giardini perfetti, fra il suo palazzo ormai mausoleo.
Cos'ha in mente, lo scettico D'Annunzio? 
Comini deve fare da spia, per arginare il suo potere di oratore, fermare la sua mente.
Quello che trova, al Vittoriale, è l'ombra del poeta vate, l'età, gli eccessi, il clan che si porta dietro, lo hanno consumato.
Anche se i modi sono rimasti.
Le idee, quelle, restano pericolose, ma non sembrano interessare più nessuno.
Anche se Comini ascolta.


Ora, con queste basi, con una location da sogno come il Vittoriale stesso, logico aspettarsi un signor film.
Di quelli seri e impegnati, certo, che vedono Sergio Castellitto nel ruolo della vita, invidiato da molti.
Invece, non va così.
Il Cattivo Poeta è lento e serioso.
Ho già detto lento?
È manieristico, ma non ha sostanza.
È molto fumo, ma l'arrosto non c'è, per essere più terra terra.


Ci si prova, ma se le camice nere sembrano delle macchiette mal truccate, Francesco Patané non riesce ad essere l'animo diviso con cui simpatizzare e non approfondendo la storia privata del suo Comini, la sua storia d'amore, certi sviluppi non toccano come dovrebbero.
Il D'Annunzio di Castellitto è -volutamente?- caricaturale, e si prende tanto, troppo spazio. Ingombra e mette in ombra, non facendo così proseguire la storia.
Stancamente, mi ripeto: lentamente, si arriva al finale in cui quello che si aspetta sono le immancabili didascalie a raccontare del destino dei protagonisti.
Per il resto, c'è Wikipedia, che non avrà la stessa confezione curata -la fotografia di Daniele Ciprì lascia sbalorditi-, ma è decisamente più sintetica.

Voto: ☕☕½/5

7 commenti:

  1. Peccato, non vedevo l'ora di vederlo!

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    1. Solo per scoprire meglio le meraviglie del Vittoriale la visione se la merita, ma diciamo che con il materiale storico di partenza, mi aspettavo qualcosa di più vivo e meno... lento.

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  2. D'Annunzio è un personaggio scomodo per la sua vicinanza al fascismo e al narcisismo prorompente. Per un regista indagare sul Vate è un lavoro difficilissimo. Una vita spericolata e torbida, e i suoi innumerevoli scritti, a volte mediocri. Di D'Annunzio apprezzo la poesia *La pioggia nel pineto* e i racconti straordinari dei personaggi che ho letto ne *Le novelle della Pescara*
    Io sono nato e vivo a Pescara. Capriè, nun te reggae più.

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    1. Coraggioso Jodice a provarci nel suo esordio, ma spero che un giorno la vita di D'Annunzio abbia un suo film, o una serie Tv, degna delle sue (spesso controverse) imprese.

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  3. A me invece non è affatto dispiaciuto. Non mi sono annoiato, anzi. Ho apprezzato molto la ricostruzione storica dei personaggi e anche l'accuratezza della confezione. Girare al Vittoriale è stata una scelta azzeccata, è un luogo che è ancora carico di suggestione... ancora oggi.

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    1. Sulla confezione non discuto, scene, interni e fotografia da applausi. Ma la storia, non so, l'avrei approfondita meglio visto il punto di vista diverso che offre il giovane federale. La sua storia passa in secondo piano per dare spazio all'ingombrante D'Annunzio e un po' il film ne perde.

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  4. Era uno dei film che speravo di vedere al cinema ma questo periodo ha reso tutto più complicato. Prima o poi vorrei vederlo.

    Sicuramente rendere su celluloide la figura del vate non era per niente semplice, soprattutto in Italia dove di registi di polso non se ne vedono molti.

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