C'è chi le stragi le compie, e c'è chi resta.
E cerca di capire il gesto di chi le stragi le ha fatte.
Mass è uno di quei piccoli film tutto parole, chiuso in una stanza.
A confronto, due coppie di genitori.
Chi il figlio lo ha perso nell'ennesima strage scolastica, chi il figlio lo ha perso dopo che ha compiuto quella strage.
Si ritrovano per perdonarsi, per capire.
Cercando il difficile tono da mantenere, tra rabbia, lacrime e inevitabile indignazione.
Da una parte i Perry, a cui non bastano i rapporti della polizia, che si sono impegnati anche civilmente pur compromettendo il matrimonio, che chiedono e chiedono.
Dall'altra Linda e Richard che sentono il peso delle azioni del figlio e che non possono piangerlo allo stesso modo, pur volendolo.
E anche se i padri sono quelli informati, quelli educati e rispettosi, è sulle madri che ci si concentra. Tra chi si ostina a cercare crepe e chi vuole liberarsi delle crepe che aveva notato, dei sensi di colpa che prova.
Mass è un film non facile.
Basato sulle parole, sulle interpretazioni.
Sono dei fuoriclasse Reed Birney e Jason Isaacs, mariti attenti e spaventati, consapevoli del peso delle loro parole.
Ma inevitabilmente sono Ann Dowd e Martha Plimpton a rubare la scena, a monopolizzarla con il loro inespresso, con la voglia e la paura di aprirsi davvero.
Fuori, a stemperare la tensione, un'avvocato prodiga e una fin troppo pedante volontaria che ha messo a disposizione la stanza dell'incontro in una chiesa episcopale.
Prima e dopo, spezzano l'inevitabile peso che il film porta con sé.
Con la sceneggiatura densa e soffocante, in cui tutti cercano di mantenere l'educazione, il controllo, anche quando impossibile.
Con la parola scusa viene ripetuta 47 volte nel corso del film.
Con una tensione che si accumula e che quasi porta a spezzarsi fino ad un finale liberatorio, anche se momentaneo.
Perché parlare di chi resta, delle conseguenze, delle ferite che mai potranno rimarginare e di lutti difficili con cui convivere, aiuta a capire, e forse anche a prevenire.
Ma una fine per questi lutti, per queste ferite, non sembra esserci.
Anche se ci si può provare.
Con le parole giuste, il film giusto.
Voto: ☕☕☕½/5
Mi sa un pochino di claustrofobico, non so perché, eh... :)
RispondiEliminaPerò i film giocati sulle parole (giuste) di solito mi piacciono.
Lo è, soprattutto emotivamente.
EliminaPerò le parole sono giocate benissimo e anche se fuori stagione, fa il suo.