C'era una volta a New York, Lillian.
Immigrata dall'Uganda, segretaria per un'agenzia truffaldina, che incontra e viene corteggiata insistentemente da Brian, guardia giudiziaria.
C'era una volta a New York, Apollo.
Il figlio di Lillian e Brian, che cresce solo, abbandonato dal padre, abituato all'indipendenza da una madre che deve lavorare il doppio per mantenerli.
Trova conforto nei libri, ma non solo in quello che contengono, in quello che sono di per sé: oggetti da vendere e barattare, con cui fare affari.
Poco a poco, Apollo diventa un commerciante esperto, che batte negozi dell'usato e case da svuotare in cerca del giusto affare.
È così che incontra Emma, bibliotecaria dall'infanzia altrettanto spezzata, ed è così che inizia la loro di storia. Con un figlio che nasce in circostanze speciali nel mezzo della linea A della Metropolitana e che se ne va in circostanze altrettanto uniche.
Sinistre.
Difficili da spiegare e da capire.
Dando vita a un incubo ad occhi aperti, a situazioni paradossali che come ogni favola che si rispetti, nascondono magia e mostri.
In tempi di Stranger Things, che esistano complotti, isole segrete e cattivi davvero cattivi, non dovrebbe più far sussultare.
Ma nonostante lo avesse consigliato il prode Mr. Ink, mi ero fermata alle prime righe del suo post e poco sapevo di questa favola e dei suoi risvolti… strani.
L'inizio da romcom classica, addirittura doppia, con le citazioni pop quasi troppo contemporanee, mi aveva inizialmente tratto in inganno e così con l'avventura di Apollo che si tinge di nero, con le tappe che deve affrontare che si fanno sempre più ingarbugliate, toccando pure la politica e i complottisti che inneggiano Trump, lo smarrimento provato non lo posso negare.
Più per il genere, anche televisivamente poco per me, che per altro.
E ok, in vena di confessioni, pure per la New York descritta per filo e per segno più come un turista che come un vero abitante da LaValle, che mi ha fatto sbuffare allo stesso modo: mentre l'azione incalzava, si fermava a descrivere un quartiere e la sua architettura.
Ma alla fine, se ho divorato le centinaia di pagine, se ho pure tremato per certe ambientazioni buie e sinistre, per certe scene macabre e nauseanti, il suo sporco lavoro questa favola dalle battute finali perfette lo ha saputo fare.
Con Apollo più bravo di me nel fidarsi delle persone, nel non dare niente per scontato e andare avanti come un cavaliere con macchia verso il suo obiettivo.
È una favola moderna, in cui anche i troll si fanno contemporanei e le briciole di pane si trasformano in cookies, in cui le favole antiche vengono rimesse in prospettiva assieme al tanto impossibile "... e vissero insieme felici e per sempre".
Insomma, ci va pazienza per apprezzare questo romanzo.
RispondiEliminaE io non so se ho tutta 'sta pazienza. :D