Ci sono cascata di nuovo.
Le serie crime, real-crime, docu-crime, sono il mio guilty pleasure: colpevole!
Dopo il confronto che nasceva spontaneo la scorsa settimana, qui ritrovo una vecchia conoscenza che già mi aveva fatto sussultare, più uno spinoso fatto di cronaca fresco di stampa.
In entrambi i casi, le apparenze contano, i dubbi restano, il verdetto non è scontato.
Ma i nomi coinvolti nella ricostruzione, e la ricostruzione stessa, sono di alto livello.
Legenda
📏= The Staircase
🖁= The Girl From Plainville
L'Omicidio
📏 Nella notte del 9 dicembre 2001, rientrato dal giardino, Michael Peterson trova la moglie Kathleen agonizzante, ai piedi delle scale.
Un incidente, dice lui.
Un omicidio, dice l'accusa, che sospetta subito del marito: troppo sangue, nella scena, troppe ferite, nella testa della moglie.
E troppi sospetti, per un matrimonio aperto, per un'altra morte sospetta nel passato di Michael che sempre con una scala ha a che fare.
I figli, come l'opinione pubblica, si divide: tra chi gli crede e lo vede un martire contro accuse infondate, e chi lo vorrebbe in carcere.
🖁Conrad non sta bene.
Non sta bene da tanto, con se stesso, con i suoi pensieri e ha già provato ad uccidersi.
Il 13 luglio 2014 ci riesce, chiudendosi in auto e asfissiandosi.
Ma nel suo telefono vengono trovati strani sms, e indagando, si trova una conversazione lunga anni con Michelle Carter, conosciuta in vacanza in Florida, con cui ha condiviso ogni pensiero suicida.
Gli inviti, a volte ordini, di lei a continuare su quella strada fanno drizzare le antenne, portando a un'accusa di istigazione al suicidio.
Il Sospettato
📏 Michael Peterson è uno scrittore.
Un veterano di guerra.
Un padre di una famiglia allargata, composta da figli naturali di un precedente matrimonio, due figlie adottive di una vicina di casa tedesca, e una figlia acquisita dal matrimonio con Kathleen.
Narcisista ed egocentrico, è una padre-padrone e un marito che, bisessuale, si concede molte libertà.
Naturale che non ispiri simpatia, che su di lui cadano i sospetti di una morte difficile da spiegare, difficile da vedere sia come semplice caduta che come omicidio in un processo fatto di apparenze.
🖁 Michelle Carter ha 17 anni, è una fanatica di Glee, di sogni romantici, di una vita felice.
Ma non ha amiche, ha la tendenza ad ossessionarsi e richiedere attenzioni, oltre che un rapporto infelice con il suo corpo e il cibo.
Quando conosce Conrad, la scintilla non scatta subito, ma si alimenta a distanza, con una chat frenetica e fitta di messaggi.
Michelle, come Conrad, non sta bene.
E non è certo la persona giusta con cui sfogarsi, in cui trovare supporto, se la depressione, gli istinti suicidi, continuano a bussare.
Gli Attori
📏 Colin Firth si trasforma.
Ed è impressionante.
Diventa quel Michael Peterson di cui ancora ricordavo tic, movenze, espressioni dal documentario di Jean-Xavier de Lestrade da cui la serie è tratta.
Fedele e allo stesso tempo personale, il suo ritratto è volutamente ambiguo, mostrando più le ombre di una persona difficile da inquadrare e giudicare.
Il resto del cast non è da meno, e la HBO non è andata al risparmio, a partire da una splendida Toni Colette la cui morte, più volte riprodotta, aleggia nei miei incubi, passando per i giovani figli: il sempre affascinante Dane DeHaan, le sorprese Olivia DeJonge, Odessa Young e Patrick Schwarzenegger, la dimessa Sophie Turner, fino ad arrivare a una Juliette Binoche che invecchia così bene e un Michael Stuhlbarg, avvocato umano.
Ad ogni inquadratura, si resta sopraffatti dalla trasformazione, dall'aderenza, dal calibro dei nomi coinvolti.
🖁 Elle Fanning, si trasforma.
Cambia trucco, cambia pettinatura, e diventa una vittima che è anche una carnefice inconsapevole.
Lontana dai ruoli leggeri e fatali con cui la si è conosciuta, acquista spessore.
Anche qui, il resto del cast non è da meno, a partire dal giovane Colton Ryan, fino ad arrivare ad Aya Cash, distante dai suoi ruoli esagerati, e a Chloë Sevigny, madre disperata.
Il Processo
📏 Il processo, la ricostruzione degli eventi, sono al centro della serie TV.
Si parla di processi al plurale, poi, con un appello a cui si spera di approdare, una decisione finale non facile da prendere e un avvocato sempre coinvolto, che cerca la verità e la giusta difesa.
L'interesse è tutto per la ricostruzione psicologica del sospettato, delle dinamiche famigliari non facili da sbrogliare, e una morte su cui il ragionevole dubbio è inoppugnabile.
Checche ne dica una giuria.
🖁 Il processo conta poco, in questo caso, conta come riuscire ad arrivare al processo.
Con l'assistente del procuratore distrettuale interessata più alla carriera, a creare un precedente, che alla realtà dei fatti, per quanto si cerchi di tenerne conto.
Le indagini, più che il sommario momento di fronte ad un giudice, portano indietro e in vita Conrad, aiutando a parlare di problemi mentali.
La Serie TV
📏 Ammetto che, non fosse stato per il cast, non so se l'avrei vista.
Il sorprendente documentario del 2004 e poi del 2018, mi bastavano per cercare di capire i limiti della giustizia americana, la complessità di una famiglia e del suo patriarca.
A visione ultimata, ho capito la rabbia dei Peterson, con la HBO che non si lascia scappare le solite scene di sesso non necessarie, tagliando dal documentario parti rilevanti, compresa la spiegazione finale della scelta fatta da Michael.
Se ci si stacca da quanto già si conosce, dalle dispute legali sui diritti ceduti a Antonio Campos che si è preso le sue libertà, resta una miniserie intrigante e naturalmente ben fatta. Capace di seminare dubbi, tenere con il fiato sospeso, chiedere ancora e ancora ad episodi che superano comunque l'ora.
Merito degli attori, prima di tutto, e di una storia che non può che dividere e creare fazioni.
I dubbi restano, ma resto #TeamGufo.
🖁 Continuo ad interrogarmi sulle scelte di drammatizzare casi di cronaca così freschi su cui a malapena si è messa una parola fine.
In questo caso, visti i giovani coinvolti, ancor di più.
Per fortuna, però, la serie TV tiene un suo equilibrio.
E una sua qualità artistica, data dai momenti ispirati a Glee, un episodio in stile romcom, e un finale amaro su cui commuoversi.
Senza accusare, senza puntare il dito, mostrando invece la fragilità di entrambe le personalità coinvolte, e il dolore di due famiglie che i propri figli pensavano di conoscerli.
Nel mettere in luce poi le conseguenze di dipendenze e ossessioni, di una mancanza di dialogo che si sfoga su chi non è in grado di aiutare, si costruisce una miniserie nei suoi limiti rispettosa, che nel finale regala della commozione su cui continuare a riflettere.
Voto: ☕☕☕/5
Che cast e che storie! Recupererò sicuramente entrambe!
RispondiEliminaMi fregheranno i true crime, ma mi fregano anche i cast. Come resistere se vengono coinvolti certi nomi?
EliminaCuriosa poi di capire come ti schiererai sulla vicenda Staircase...
Praticamente sei come me, solo che io ho le serie teen al posto di quelle crime.
RispondiEliminaTra queste mi attira quella con Elle Fanning, sarà per via della sua componente adolescenziale. :)
Non so per chi dei due è peggio, visto che Netflix ci ha come target di riferimento ;)
EliminaElle si dimostra ancora una volta bravissima e bellissima, e la storia, anche se recente, ha il suo perché per come è raccontata.