Andiamo al Cinema su Netflix
Il Pinocchio della Disney è il mio classico preferito!
Non tanto per gli animaletti di contorno, ma per Pinocchio e Lucignolo, soprattutto.
Quanto mi aveva coinvolto il Pinocchio di Garrone!
Esteticamente poca cosa, ma com'era avvincente la trama.
Guillermo del Toro si è superato.
Ha superato ogni attesa, ogni aspettativa, regalandoci un film splendido, capace di commuovere in musica, di incantare nella sua animazione a passo uno, di riscrivere una storia classica con un punto di vista nuovo e decisamente riuscito.
Facile capire quale fra le tre affermazione precedenti sia la verità.
Il resto, sono bugie belle e buone.
Perché con Pinocchio in ogni sua forma non ho mai avuto un buon rapporto.
Burattino piuttosto insopportabile, fiaba classica dai toni zuccherosi, con registi italiani che se ne sono usciti con avventure esteticamente interessanti, bloccati però da una trama fatta di avventure episodiche come le uscite di Collodi.
Ma del Toro è diverso.
Ci mette passione, ci mette impegno e ci mette soprattutto 15 anni a portare a casa il suo progetto più personale, diviso fra tre studi e vari passi falsi nella produzione, fino ad approdare a Netflix, che lo salva.
Uno smacco per chi ama il cinema inteso come sala in modo viscerale, una vittoria per chi sa che il suo film sarà nelle case degli abbonati diventando un titolo da vedere e rivedere, scoprire e riscoprire in famiglia.
I cambiamenti, ci sono.
Non c'è Mangiafuoco, personaggio creato e realizzato in plastilina che non convinceva, non c'è un Lucignolo vero e proprio o un Paese dei Balocchi dove trasformarsi in asino e la Fata Turchina qui è molto più enigmatica.
Ma c'è un'ambientazione nell'Italia fascista di Mussolini da criticare apertamente e a cui disobbedire, c'è un Conte Volpe che senza gatto, ma con una scimmia, sfrutta l'ingenuità di Pinocchio, c'è la Morte con il suo Aldilà cupo e ironico a rendere il tutto più delToresco, e c'è un Geppetto al centro.
Falegname ingegnoso, padre dal cuore spezzato, che rivorrebbe il suo Carlo e si ritrova fra le mani un tronco di legno vivo che non capisce perché non viene amato.
È il rapporto padre-figlio, quindi, a fare la differenza.
Un rapporto complesso fatto di parole dette da rimangiarsi e non dette che lasciano silenzi pesanti come fardelli, mentre quel Grillo parlante tanto saccente per la Disney, con l'apporto speciale di Ewan McGregor diventa un aspirante scrittore che le parole le sa usare un gran bene.
Non si sa quindi cosa elogiare di più: se la realizzazione minuziosa di personaggi perfetti a partire da un Pinocchio che scalda subito il cuore pur non cambiando mai faccia, o gli sfondi realizzati con cura e ricerca, la regia certosina che in stop-motion realizza ancor più maestrie, se una sceneggiatura che fa riflettere a più riprese regalando stoccate tutt'altro che blasfeme, o le interpretazioni dei doppiatori, da David Bradley, Ron Perlman, John Turturro, Finn Wolfhard, Tim Blake Nelson, Christoph Waltz, Tilda Swinton fino alla scimmiesca Cate Blanchett (unica parte disponibile per un'attrice che voleva esserci a costo di fare una matita), con il giovanissimo Gregory Mann a risultare perfetto, o infine, la colonna sonora di Alexander Desplat, riconoscibile da poche note ma comunque personale e originale, soprattutto nelle canzoni che entrano nel film a renderlo un classico, che portano fino alle lacrime.
Il grande schermo era forse la sua casa ideale, ma Netflix che ha salvato il progetto diventato troppo costoso per la maggior parte degli studios gli ha offerto una stanza capace di valorizzarlo.
Di rendere ancor più magica la visione con un breve documentario a mostrarne i segreti e la lavorazione, e a regalare la possibilità di tornare su certe scene, di riascoltare certe canzoni, di cercare di carpire i piccoli dettagli.
Ci ha messo l'anima del Toro assieme al co-regista Mark Gustafson e una troupe di artisti sparsi in giro per il mondo, e alla fine ci ha regalato un film che scalda il cuore, dopo averlo spezzato e ricomposto.
Non ho mai pianto guardandolo.
Non mi sono esaltata nemmeno un po'.
La magia non è di casa.
E il mio naso, ormai, si è allungato a dismisura.
Sono solo bugie, perché questo Pinocchio è un film davvero prezioso a cui continuare a tornare.
Voto: ☕☕☕☕½/5
Guillermo del Toro è bravo, ma se vuoi comprendere la filosofia di Pinocchio devi leggere il libro originale.
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