23 dicembre 2017

Happy End

Andiamo al Cinema

Ultima recensione dell'anno, qui su In Central Perk.
E non si può che chiudere con un lieto fine.
Come, il lieto fine l'ha scritto Haneke?
E il tutto sembra quasi un ossimoro, come a dire che no, "lieto fine" e "Haneke" nella stessa frase non possono stare?
Effettivamente...


Happy End parla di una famiglia tutt'altro che felice.
Georges (sì, stesso attore -l'immenso Jean-Louis Trintignant- e stesso nome del protagonista di Amour, e non è l'unico punto in comune) è ormai anziano, con vuoti di memoria e di attenzione, e vorrebbe felicemente andarsene a modo suo.
La figlia Anne (sì, stessa attrice -la magnifica Isabelle Huppert- ma nome diverso di Amour) è costretta a tornare a casa per badare al padre ma anche all'impresa che vorrebbe lasciare a suo figlio, uno di quei figli viziato, abituato a non faticare per guadagnare, e dal carattere iroso reso ancor più iroso dall'alcool.
Il figlio, Thomas, ha appena avuto un figlio dalla nuova compagna, ma l'amore, tra i due che fanno le ore piccole davanti lo schermo di un computer, chissà se c'è.
A sconvolgere la tranquillità famigliare -si fa per dire- è l'arrivo di Eve (una Fantine Harduin da tenere d'occhio), prima figlia, del primo matrimonio di Thomas, dopo che la madre è andata in overdose di farmaci depressivi.
Ma noi sappiamo che la verità è un'altra, e che un po' fa paura.


Michael Haneke, classe 1942, ce la mostra attraverso lo schermo di un telefonino. Mostra una giovane annoiata e arrabbiata, in cerca di amore e attenzioni. Ci mostra youtuber, ci mostra video e chat, ci mostra la dura vita di oggi, con il cinema da camera che fa i conti anche con i mezzi che quella camera un po' la aprono all'esterno, rendendola però più piccola e claustrofobica.
Inquadra questa famiglia, imperfetta, infelice, a tratti egoista, a tratti solo stanca, e lo fa come c'ha abituato.
Camera fissa, silenzi glaciali, pochi quadri, poche scene, una villa da invidiare, una spiaggia in cui respirare, e infine un ristorante dove i nodi vengono al pettine.
In ogni quadro, un pezzo di mondo cerca di entrare.
Che siano semplici notizie sportive, che sia l'ennesimo dramma politico o la realtà stessa, lì, nella Calais della "Giungla", con i migranti a interrompere un banchetto.
Ma la realtà, questa famiglia  impegnata a soffrire e disfarsi, non la sente.
Non vede campanelli d'allarme, non indaga su quegli schermi, su quell'alcool, su quel volersene andare.
E il lieto fine, che in fondo è quello che ci si sceglie, sembra davvero l'unica conclusione possibile.
Anche se lieto fine, in versione Haneke, significa qualcosa di freddo e glaciale, ma comunque tagliente, comunque difficile da ignorare.


Regia Michael Haneke
Sceneggiatura Michael Haneke
Cast Isabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant, 
Mathieu Kassovitz, Fantine Harduin

4 commenti:

  1. Io non capisco, sinceramente, come a Cannes hanno potuto fischiare questo film... certo, non sarà un capolavoro come "Il nastro bianco" o "Niente da nascondere", o come "Funny Games", ma non si possono girare sempre capolavori. "Happy End" è un buon film che merita rispetto, il cui unico difetto è quello di essere già visto (per chi conosce l'autore). E' in pratica la summa perfetta dell'Haneke-pensiero: l'ennesima critica a una società benestante egoista e bigotta, votata all'autodistruzione, talmente presa dalle sue faide interne da trascurare i veri drammi della vita (i migranti, che si vedono in una sola ma fondamentale scena). Avercene di autori come Haneke...

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    1. Non sapevo dei fischi, per fortuna, così da godermi il film ancor più senza preconcetti. Che sì, è il solito Haneke, ma è un Haneke tagliente a cui non si può restare indifferenti. Avercene davvero!

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  2. Un buon modo per chiudere l'anno con le rece, anche se io mi sa non riuscirò a recuperarlo prima della fine del 2017.
    E ora vai di classifiche! ;)

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    1. Un Happy End molto alternativo, e decisamente poco Happy ;)

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